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Abuso edilizio: si può chiedere una sanatoria preventiva?

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(@paolo-florio)
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In caso di opera realizzata senza permesso di costruire o in difformità da essa si può chiedere la sanatoria prima della conclusione dei lavori?

Come noto, chi realizza un’opera edilizia senza chiedere (laddove necessario) il permesso di costruire o in modo difforme da esso commette un reato. Si salva solo chi presenta la domanda di sanatoria prima di ricevere l’ordine di demolizione da parte delle autorità. Di recente si è posto un interessante quesito giuridico: in caso di abuso edilizio, si può chiedere una sanatoria preventiva, ossia prima che l’opera sia ultimata? 

Poniamo il caso del proprietario di un appartamento che dia incarico ad una ditta edile di realizzare delle opere all’interno dell’immobile tra cui dei tramezzi, una veranda e una tettoia esterna. Si accorge però che l’entità dei lavori sta andando ben oltre i progetti depositati in Comune e, temendo una incriminazione per abuso edilizio, presenta una domanda di sanatoria a lavori ancora in corso, ossia prima che gli interventi siano ultimati. Quale potrebbe essere l’esito di una istanza di tal tipo? Di tanto si è occupato il Tar Campania con una recente sentenza [1].

Secondo la Suprema Corte, il permesso in sanatoria previsto dall’articolo 36 del Dpr 380 non può in nessun caso riguardare opere non ancora realizzate alla data della richiesta di regolarizzazione. 

I giudici supremi, hanno ricordato che «giammai una concessione in sanatoria può riguardare opere non ancora eseguite». «L’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 – ricorda infatti il Tar – prevede la eccezionale possibilità di sanatoria di opere che (…) siano già state realizzate: non v’è alcuno spazio per realizzazioni ulteriori in quanto esse devono essere oggetto, semmai, di altre istanze volte alla formazione di un titolo edilizio (Scia, permesso di costruire) che, come avviene di norma, preceda l’esecuzione dell’opera». 

Lo stesso parare negativo in merito alla possibilità di chiedere una sanatoria per l’opera non ultimata era stato già fornito poco prima dalla Cassazione con rifermento a una piscina [2]. La Corte ha detto che, per essere oggetto di un eventuale condono edilizio l’opera deve essere completa in ogni sua parte. La piscina per essere regolare dal punto di vista edilizio ed essere oggetto di un eventuale condono edilizio deve essere stata ultimata. Se la realizzazione dell’opera è ancora “a rustico” (nel caso di specie la piscina era senza rivestimenti), la sanatoria non può essere concessa. 

Invero l’ultimazione di una piscina richiede la sua utilizzabilità, la quale necessita il rivestimento interno. Per la Corte di cassazione, come affermato logicamente dal Tribunale, non può essere utilizzata una piscina natatoria sprovvista di copertura e di rivestimento, poiché non si tratta della semplice mancanza di alcune finiture che non impedirebbero la sua concreta utilizzazione. Quindi il giudice di legittimità afferma il principio per cui una piscina natatoria priva di copertura e di rivestimento è equiparabile ad un semplice, inutilizzabile al fine della balneazione.

Ricordiamo peraltro che la sanatoria viene concessa solo a condizione che l’opera sia conforme ai regolamenti urbanistici in vigore:

  • sia al momento della realizzazione del manufatto;
  • sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria (qualora, nel frattempo, siano cambiati).

Invece, nelle aree sottoposte a vincoli urbanistici posti dalle leggi statali o regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali, o paesistici, la sanatoria è possibile soltanto se ricorrono congiuntamente tre condizioni:

  • che si tratti di opere realizzate prima dell’imposizione del vincolo;
  • che, se pure realizzate in assenza o in difformità dal titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
  • che siano opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria).

Il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo, è sempre subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. 

In ogni caso, anche qualora non dovesse essere chiesta per tempo la sanatoria, un recente orientamento della giurisprudenza della Cassazione [2], ritiene che non si debba far ricorso alla demolizione dell’opera abusiva se la sanzione risulta sproporzionata rispetto all’illecito commesso, ossia quando l’abuso non incide sensibilmente sull’ambiente e l’immobile è l’unica abitazione del responsabile. Il rispetto del principio di proporzionalità è stato sposato in conformità all’orientamento della Corte Europea dei diritti dell’uomo.

Il giudice deve quindi procedere ad esame della proporzionalità dell’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di una persona», come stabilito dall’articolo 8 della Cedu (la onvenzione europea dei diritti dell’uomo) «relativamente all’abitazione illegalmente costruita, anche in considerazione dei significativi margini di elasticità che la normativa interna prevede».

Nella valutazione della situazione, appunto alla luce dei principi umanitari Cedu, il giudice deve, fra l’altro, valutare «la eventuale consapevolezza della violazione della legge da parte dell’interessato, per non incoraggiare azioni illegali in contrasto con la protezione dell’ambiente, nonché i tempi a disposizione del medesimo, dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative».

Per esempio, «assume rilievo la consapevolezza della illegalità della costruzione da parte degli interessati al momento dell’edificazione ed alla natura e al grado della illegalità realizzata». Va inoltre considerata «la disponibilità di un tempo sufficiente per “legalizzare” la situazione, se giuridicamente possibile, o per trovare un’altra soluzione alle proprie esigenze abitative agendo con diligenza». Vanno anche esaminate: «le condizioni di età avanzata, povertà e basso reddito dell’interessato» e «l’esigenza di evitare la demolizione in momenti in cui verrebbero compromessi altri diritti fondamentali, come, ad esempio, il diritto alla salute o quello dei minori a frequentare la scuola».

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Pubblicato : 8 Novembre 2022 11:00