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Nell’Ue solo la Lituania ha preso contromisure adeguate all’aggressività russa

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(@viktoriia-lapa)
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Questo è un articolo del numero speciale di Linkiesta Paper, pubblicato in occasione del secondo anniversario della guerra in Ucraina. In edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia. È ordinabile qui.

La Lituania, una nazione di circa tre milioni di persone, è rinomata non solo per la sua attuale posizione di spicco nel sostenere l’Ucraina nel tentativo di fermare l’aggressione russa, ma anche per quello spirito coraggioso e per quell’amore verso la libertà e l’identità nazionale che sono profondamente radicati nel suo tessuto storico. La storia più recente sottolinea la resilienza della Lituania che, insieme all’Estonia e alla Lettonia, ha sopportato oltre cinquant’anni di occupazione sovietica. Per chi appartiene alle generazioni più giovani, come il ministro degli Affari esteri della Lituania, il quarantaduenne Gabrielius Landsbergis, questi eventi possono ormai appartenere alla storia, ma costituiscono comunque delle esperienze vissute dai propri nonni. Infatti, per un sorprendente colpo di fortuna, l’attuale ministro lituano degli Affari esteri si rivela essere il nipote di Vytautas Landsbergis, il primo presidente del Paese baltico dopo il ripristino dell’indipendenza nel 1990.

Informate dalle loro esperienze storiche e dalla loro strategica collocazione geografica, la Lituania, la Lettonia e l’Estonia mantengono una propria specifica prospettiva nelle interazioni con la Federazione Russa. E, in effetti, l’annessione della Crimea da parte di Mosca nel 2014 ha segnato un punto di svolta nella strategia di difesa di Vilnius. In primo luogo, proprio in quell’anno la Lituania ha costruito l’“Indipendenza”, un terminale galleggiante per il gas naturale liquefatto (Lng), frantumando così il monopolio di Gazprom sull’approvvigionamento di gas del Paese. E, in secondo luogo, già nel 2014 la Lituania ha iniziato a preparare la sua popolazione alla resistenza civile in caso di occupazione: quell’anno, il Ministero della Difesa lituano distribuì trentamila copie di un manuale che dettagliava quali avrebbero dovuto essere le azioni dei cittadini in caso di un’invasione russa.

Questo approccio proattivo della Lituania sottolinea lo storico ruolo di leadership di quel Paese nel confrontarsi con le ipotesi di un’aggressione russa, anche di fronte allo scetticismo di alcuni Stati all’interno dell’Unione europea, che hanno respinto le preoccupazioni baltiche come una manifestazione di mero panico o di russofobia. Ma forse è ora di osservare più da vicino le iniziative e le strategie della Lituania. Diamo quindi uno sguardo alla recente Strategia di sicurezza nazionale di quel Paese, che è stata approvata nel 2022 e identifica la Federazione Russa come una “minaccia esistenziale”, individuando nell’aggressività del governo di Mosca e nelle sue ambizioni imperialiste le maggiori fonti di minaccia.

“Fate ciò che predicate”, si dice, e la Lituania fa ciò che predica: le spese per la difesa dello Stato baltico ammontano al 2,71 per cento del suo Pil e ora la discussione verte su come aumentare le tasse in modo che tutti contribuiscano. Per quanto riguarda invece gli attacchi ibridi, la Lituania, già molto prima della guerra su vasta scala, ha chiuso i canali di propaganda russi e persino alcune organizzazioni culturali che erano solo una copertura. È stata pesantemente criticata dai suoi partner per aver limitato la libertà di parola, ma ha sempre sostenuto che questa fosse una questione essenziale per la propria sicurezza nazionale.

Sembra che avessimo molto da imparare dai Paesi baltici come la Lituania (e avremmo avuto tutto il tempo per impegnarci in questo senso). E invece che cosa hanno fatto gli altri Stati dell’Ue? Innanzitutto, molti di essi non dispongono di una strategia nazionale di sicurezza completa. L’esempio più rilevante è l’Italia, che è l’unica nazione del G7 sprovvista di una tale strategia. Non dovremmo quindi stupirci se l’Italia è un paradiso per le organizzazioni culturali che promuovono gli interessi russi e organizzano la proiezione di film finanziati dal Ministero della Cultura di Mosca. Per parlare dell’Ue nel suo complesso, bisogna analizzare la nuova Bussola Strategica (“Strategic Compass”), adottata nel 2022, per elaborare la quale, per la sorpresa di tutti, i Ventisette hanno condotto, solo nel 2020!, la prima analisi completa delle minacce da cui devono guardarsi. Prima di entrare nel merito della sua attuazione pratica, gli studiosi che hanno analizzato questa strategia non hanno usato mezzi termini, dichiarandola “obsoleta” e sostenendo che l’Europa abbia bisogno non solo di una Bussola Strategica ma di una reale comprensione dei pericoli in cui sta potrebbe inciampare.

L’Ue e ciascuno dei Paesi che ne fanno parte dovrebbero creare una visione strategica della sicurezza che non si limiti all’attuale aggressione russa, ma sappia anche guardare oltre. Dovrebbe essere un documento complesso, capace di coprire non solo la difesa, ma anche l’informazione, la cultura e altri settori. E, ciò che è più importante, dovrebbe prendere delle misure concrete. Non c’è tempo da perdere. La Russia ci ha dato dieci anni per prepararci. E noi che cosa abbiamo fatto finora? Abbiamo fatto almeno un decimo di quello che ha fatto la Lituania?

Timothy Garton Ash ha scritto: «Non abbiate paura, siate preparati». E nel suo discorso annuale del 2022 Ursula von der Leyen ha fatto eco alla sensazione di una serie di opportunità mancate, affermando: «Avremmo dovuto ascoltare le voci che si alzavano all’interno della nostra Unione – in Polonia, nei Paesi baltici e in tutta l’Europa centrale e orientale. Queste voci ci avvertivano da anni che Putin non avrebbe cessato le sue azioni». Ma nel 2024, quando sono passati ormai due anni dall’invasione russa dell’Ucraina, la Lituania rimane ancora un’eccezione e sembra che le parole della presidente della Commissione europea siano cadute nel vuoto. Gabrielius Landsbergis ha paragonato l’inazione dell’Europa all’attesa di un “momento Pearl Harbor”.

La domanda rimane quindi: l’Europa sta ancora aspettando il suo “momento Pearl Harbor” o è forse giunta l’ora di tenere conto degli avvertimenti provenienti dai Paesi baltici e di iniziare a costruire una visione strategica e di difesa?

Questo è un articolo del numero speciale di Linkiesta Paper, pubblicato in occasione del secondo anniversario della guerra in Ucraina. In edicola a Milano e Roma e negli aeroporti e nelle stazioni di tutta Italia. È ordinabile qui.

 
Pubblicato : 27 Marzo 2024 05:45