Le condizioni di lavoro proibitive degli operai migranti della Cop28
Manca poco più di un mese all’inizio di quella che non dobbiamo aver paura a definire “la Cop dei paradossi”. L’evento climaticamente più importante dell’anno, fondamentale per implementare il fondo Perdite e danni (Loss and damage) approvato in Egitto nel 2022, si svolgerà negli Emirati Arabi Uniti, settimo produttore di petrolio e quinto di gas a livello globale. Le negoziazioni avranno luogo a Dubai, dove nel 1966 – nel giacimento Fateh – venne scoperto l’«oro nero» essenziale per costruire l’impero nel deserto che vediamo oggi.
Le redini della Cop28, oltretutto, sono nelle mani del Ceo dell’azienda petrolifera statale degli Emirati Arabi Uniti, Sultan bin Ahmed Al Jaber, che il 10 ottobre ha incontrato Giorgia Meloni per la seconda volta. Un vertice cordiale, quello tra i due leader, al termine del quale è stato annunciato un concerto dell’orchestra della Scala nella seconda serata dell’evento, «per celebrare l’amicizia tra l’Italia e gli Emirati Arabi Uniti e sperando di portare ispirazione ai delegati della Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici».
In questo mare di contraddizioni, (falsi) sorrisi e rapporti fondati sulle fonti energetiche fossili, la credibilità della Cop28 continua a essere macchiata da problemi impossibili da ignorare. Uno dei principali riguarda la sicurezza degli operai (spesso migranti e sottopagati) che stanno sudando incessantemente per infiocchettare Dubai in vista del 30 novembre. “Sudando” è purtroppo la parola giusta, perché in città – dove in piena estate le temperature minime non scendono mai sotto i trentuno-trentadue gradi – i muratori sono esposti a condizioni meteorologiche proibitive per la salute umana. Tutto ciò starebbe avvenendo anche nelle fasce orarie in cui, per la legge statale, è vietato lavorare all’aria aperta.
L’esposizione costante al caldo estremo e all’umidità non è pericolosa solo nel breve periodo (colpi di calore), in quanto aumenta il rischio di contrarre alcune malattie cardiovascolari, respiratorie e renali. Proprio Sultan Al Jaber, che è anche il ministro dell’Industria e della Tecnologia avanzata degli Emirati Arabi Uniti, negli ultimi mesi sta ribadendo fino allo sfinimento il legame tra salute e cambiamento climatico.
A denunciare le irregolarità nei cantieri della Cop28 è stato FairSquare, gruppo di ricerca specializzato nei diritti umani, che il 20 ottobre ha pubblicato un’inchiesta dal titolo: “This Weather isn’t for Humans”. Le ondate di calore e la siccità sono amplificate dal riscaldamento globale di origine antropica, ossia il tema cardine delle negoziazioni che avverranno nello stesso spazio espositivo (l’ExpoCity di Dubai) che non sta tutelando i suoi lavoratori. Lavoratori che, in molti casi, provengono dai Paesi più poveri e climaticamente vulnerabili che i “potenti” dovrebbero proteggere nelle sedi diplomatiche. Come scrive il Guardian, i migranti asiatici e africani costituiscono il novanta per cento della manodopera privata degli Emirati Arabi Uniti.
L’indagine si è concentrata sui fatti accaduti nel mese di settembre 2023, raccogliendo anche delle dichiarazioni (anonime) di alcuni operai della Cop28. Un paio di esempi: «Settimana scorsa, ogni secondo pensavo che sarei morto. Ma dobbiamo essere pagati», «Ho mal di testa e ho le vertigini, ma tutti qui lavorano con questo caldo». Inoltre, un terzo dei migranti intervistati da FairSquare ha ammesso di essere svenuto almeno una volta nel cantiere di ExpoCity, dove si terrà la conferenza organizzata dall’Onu e dal governo nazionale.
A Dubai domina un clima subtropicale desertico, contraddistinto da un’umidità spesso insopportabile. Per questo motivo, nella città emiratina l’aria condizionata è sempre accesa al massimo della potenza, in alcuni casi perfino all’esterno di uffici e negozi. Nell’area urbana fa talmente caldo che l’amministrazione ha testato dei droni in grado di far piovere artificialmente tramite l’inseminazione delle nuvole, realizzata grazie a una serie di scariche elettriche. È facile, quindi, intuire le difficoltà che può affrontare un asfaltista o un muratore.
In due giorni di settembre, sottolinea FairSquare, gli operai migranti della Cop28 hanno lavorato anche durante il “midday ban” (divieto di mezzogiorno). Questo nome deriva dalla legge degli Emirati Arabi Uniti che vieta di lavorare all’aperto dalle 12:30 alle 15:00. Secondo la norma, la cui versione “aggiornata” è in vigore dal 15 giugno 2023, i datori di lavoro inadempienti possono essere sanzionati con multe tra i cinquemila e i cinquantamila dirham. In euro parliamo di una cifra tra 1.280 circa e 12.800 circa. Ogni residente è tenuto a segnalare le violazioni chiamando il numero 600590000 o tramite un’app governativa chiamata “MoHRE”.
Secondo gli addetti della Cop28, che hanno risposto in forma scritta alle accuse di FairSquare, Expo City e la Conferenza sul clima godono di «solide politiche e procedure finalizzate al benessere dei lavoratori». In più, hanno aggiunto di non essere a conoscenza di alcuna violazione del “midday ban” all’interno dei cantieri.
Ad ogni modo, sottolinea FairSquare, il governo degli Emirati Arabi Uniti dovrebbe adottare «un approccio fondato sul rischio, piuttosto che sul calendario, per limitare l’esposizione dei lavoratori al caldo». Ciò che serve è una legislazione che garantisca, nell’arco di una giornata lavorativa, «diverse pause dalla durata adeguata» in aree fresche e ombreggiate. Attualmente, i tempi di pausa obbligatori non tengono conto dei rischi sanitari connessi all’afa e alle temperature elevate: l’approccio del 2023, in piena emergenza ecoclimatica, deve essere più prudente rispetto a quello di venti o trent’anni fa.
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