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La propaganda filoputiniana e la cattiva fede di chi in un anno e mezzo non ha avuto ripensamenti

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(@iuri-maria-prado)
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Ce li ricordiamo gli argomenti di cui il collaborazionismo pacifista ha fatto uso senza sosta dal 24 febbraio del 2022 affinché il popolo ucraino fosse lasciato preda indifesa della belva russa?

Diceva, quella propaganda mascalzona, che c’era rischio di escalation: non quando Mosca ammassava centocinquantamila uomini ai confini dell’Ucraina, il Paese governato da una cricca di omosessuali e drogati, ma quando gli ucraini facevano sapere di non avere nessuna intenzione di adempiere al dovere morale della resa cui li richiamava la stampa democratica fondata sull’antifascismo.

Diceva, quella propaganda farabuttesca, che «Putin sta puntando sui suoi obiettivi, e nel frattempo cerca di non spaventare la popolazione». Diceva, quella propaganda da magliari, che la guerra non era cominciata nel 2022, ma si combatteva già da otto anni: e per responsabilità dei nazisti ucraini, non per l’inesausta attività di finanziamento e istigazione del separatismo terrorista che la Russia organizzava senza risparmio di mezzi nel Donbas.

Diceva, quella propaganda criminale e criminogena, che le armi agli ucraini avrebbero rifocillato gli appetiti nazionalisti di Kyjiv, e che era semmai necessario interporre parole di pace, parole “contro tutte le guerre”, tra i due schieramenti: che era necessario intromettere equanimi ambizioni arcobaleno tra il popolo in armi a difesa delle città, dei villaggi, dei granai, degli ospedali, degli asili, delle case degli ucraini, da una parte, e dall’altra parte l’esercito di macellai che li bombardava, li occupava e ne faceva campo di saccheggio, di tortura, di stupro.

Diceva, quella propaganda peggio che goebbelsiana, peggio che staliniana, peggio che da polizia morale, che erano i disegni satanici della Nato e dell’Occidente imperialista ad armare le pretese ucraine, ad attizzare le deliberazioni guerrafondaie di un presidente incurante della realtà sotto gli occhi di tutti e cioè che si può vivere felici anche in dittatura.

Questo era l’apparato argomentativo che sfilava nelle manifestazioni per la pace e risuonava nell’ignominia parlamentare che si opponeva agli aiuti all’Ucraina perché venivano prima le bollette degli italiani, perché Joe Biden usava un linguaggio inappropriato nei confronti di chi comandava il manipolo dei generali che istruiva la soldataglia a bruciare i bambini ucraini e perché, signori miei, non è tutto bianco e nero e i torti e le ragioni stanno da entrambe le parti.

Dopo un anno e mezzo, nemmeno uno tra i tanti inqualificabili cialtroni che hanno partecipato all’accreditamento di quella propaganda ha avuto un momento di resipiscenza. E questo significa una sola cosa: che nemmeno a uno di quel vasto gruppo è possibile riconoscere ciò che si riconosce perfino al più scriteriato, cioè un pizzico anche solo teorico di buona fede.

 
Pubblicato : 5 Dicembre 2023 04:45