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Cinque indirizzi da non perdere nella città catalana

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(@giulia-salis)
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Quell’atmosfera particolare è dappertutto: nei sentieri acciottolati, nelle parole sussurrate dalle terrazze, nei colori che si riflettono nel mare. Alghero ha una storia tutta sua. Fu fondata dai genovesi Doria nel 1102 come fortino per difendere i possidenti in Sardegna, contesa anche più avanti dai pisani, ma fu con l’arrivo degli Aragonesi che cambiò tutto, che questa città – fortezza divenne ciò che ancora oggi possiamo respirare. Il castello e le sue mura vennero rafforzate e nessuno, tra sardi e stranieri, poteva trascorrerci la notte: gli unici ammessi erano i catalani. Oggi quel castello è il luogo perfetto da cui godersi un tramonto verso l’infinito, girare tra le piccole e colorate botteghe artigiane di corallo e gustarsi piatti che sanno di Catalogna. E sono tutte questi dettagli a fare di Alghero una meta turistica sempre ambita da tutti. I dati delle ultime settimane parlano chiaro: un giugno da favola e un’estate che si preannuncia in crescita rispetto agli anni scorsi, secondo i numeri elaborati qualche giorno fa dalla Comunicazione e Centro Studi di UniOlbia. E i turisti sono presto accontentati, con i tanti ristoranti e locali che si concentrano sui bastioni, lungo il porto o sul lungomare. Ce n’è per tutti i gusti: per chi ama la trattoria informale, per chi cerca il localino alla moda per sorseggiare un drink durante l’aperitivo e anche per chi ama sperimentare. Noi abbiamo voluto costruire un itinerario con alcuni indirizzi, provati e amati, da inserire in una vacanza ad Alghero, che senza bussola a volte si rischia di perdersi. 

 

IL MILESE 

Una gita in barca, la voglia di un pranzo veloce, senza troppi fronzoli o pretese. Il Milese è sempre la scelta giusta. Dal 1971 è diventata praticamente una tappa obbligatoria per chiunque passi, anche per caso, nella città catalana, con le sue focacce sarde ripiene, oggi imitate in tanti bar algheresi. Questo è però un luogo con tanta storia, tanto che i proprietari attuali hanno voluto realizzare un libro, scritto dal giornalista sardo Pasquale Porcu. Un libro che racconta le origini del Milese, partendo però dai suoi ultimi 50 anni: il bar, infatti, è nato nel paesino dell’oristanese di Milis (da cui prende il nome) ed era più una bottega incentrata sulla vendita di agrumi (per cui Milis è famosa) e Vernaccia di Oristano. Nel 1971 fu acquistato dai coniugi Fiori Antonio Gavino e Provenzi Maria Pasqua, di ritorno da un’emigrazione australiana, mantenendo nome, ma cambiando sostanza e luogo. Oggi la ambitissima “Focaccia del Milese®”, creata fino a poco tempo fa in esclusiva dalla signora Maria Fiori (la nuova famiglia proprietaria) e Focaccia Sarda Ripiena ® sono marchi registrati. «Due sono le cose da fare quando si visita Alghero: una gita alla Grotte di Nettuno e la sosta per uno snack alla Focaccia Il Milese» — così inizia il libro dedicato a questo luogo dal gusto genuino e sincero e chi ha provato questa sorta di panino (enorme, croccante e umido) non può che esserne d’accordo. Ci sono focacce di tutti i tipi, da quella ripiena di ortaggi di stagione, a quella con il carpaccio di bresaola, fino alla classica con prosciutto cotto e pomodoro. 

È per la Milese per eccellenza però che si arriva qui in massa, sfidando la fila e il caldo: una focaccia fatta lievito madre, farcita con pomodoro, tonno, uova sode, rucole, cipolle e acciughe. Anche la storia delle sue origini è curiosa. Negli anni settanta il Milese era il ritrovo più comune per studenti, pescatori e pensionati. Un’osteria come tante, in cui si fumava (tanto), si beveva un calice di Vernaccia e si mangiavano uova sode, acciughe salate e qualche pezzo di pane, uno snack offerto dagli osti, che ben sapevano quanto quel cibo avrebbe spinto gli avventori a consumare ancora più bevande. Allora la birra non andava per la maggiore: si beveva vino, magari con l’aggiunta di gazzosa per creare una sorta di cocktail casalingo (da qui nasce anche il vino di Sella & Mosca, il Coral, prodotto da Carignano e Sangiovese e leggermente frizzante). Con gli anni quell’abbozzo di aperitivo ha preso le sembianze della focaccia che conosciamo oggi e che, secondo i ben informati, può essere accompagnata da una birra Pale Ale, Vermentino di Gallura o un Sauvignon Blanc. 

Il Milese

 Via Garibaldi, 11 – Alghero 

 

LA SALETTA 

Alghero è una città molto vivace per la sua cultura gastronomica e sono tanti i ristoranti che proseguono una tradizione a metà strada tra gli incroci catalani e il territorio algherese. Non per questo manca lo spazio per la contemporaneità e la sperimentazione, come succede, ad esempio, a La Saletta, ristorante che fotografa una nuova cucina rappresentata dai suoi tre chef. Gianluca Chessa è il proprietario di questo ristorante dalla lunga storia familiare, insieme a sua sorella Romina. La prima bozza de La Saletta nasce, infatti, dalla passione di papà Salvatore che propone in questi ambienti una cucina semplice e diretta, quasi un agriturismo in centro città. Gianluca mescola le carte e crea un’ambientazione nuova e diversa: dopo diverse esperienze in Italia e all’estero decide di tagliare il numero di coperti e creare qualcosa che Alghero ancora non avesse visto. Accanto a lui, Adriano Zucca, chef che potremmo definire vecchio stampo, con addosso il DNA della gastronomia sarda e la praticità di chi ha sempre puntato sulla concretezza. Dopo dieci anni è arrivato anche lui, Christian Krawczyk, dopo aver deciso di lasciare il team creativo del Disfrutar di Barcellona per puntare tutto sulla sua Sardegna. È un progetto totalmente rinnovato, quello de La Saletta, diverso dalle sue origini ed estremamente creativo, che vuole far emergere la coesistenza di tre idee di cucina diverse, ma complementari. Il nuovo logo vuole rappresentare esattamente questo: il Triangolo di Penrose, un oggetto impossibile, ma che allo stesso tempo è concreto, reale, proprio come l’offerta culinaria dei tre chef. 

La Saletta

Tre i percorsi degustazione (uno vegano, uno legato al mare e uno alla tradizione sarda), che esplorano ogni aspetto della cultura dell’isola e partono dalla voglia di trovare una nuova strada alla gastronomia sarda, che sia in grado di raccontare una nuova faccia e un nuovo corso. In ogni piatto si sente però la mano dei tre chef, il pensiero che li guida, l’idea stessa di cucina. C’è la concretezza stabile di Zucca, il coraggio di Chessa e la voglia di sperimentazione di Krawczyk, che custodisce un’anima sia polacca (il padre è di Cracovia) sia sarda (la madre è di Oliena). Le esperienze dei tre si incontrano in ogni portata. C’è il pane carasau fermentato con la tecnica della kombucha che vuole richiamare un’antica bevanda dell’Europa dell’est, il kvas. C’è l’aragosta, per cui Alghero è così famosa, cosi come il burro di gambero, con una morbidezza di sapore che ti spinge a volerne ancora e ancora. La pecora con il suo (finto) sangue, piatto che destabilizza e sensibilizza allo stesso tempo il cuore e il palato di chi lo assaggia. C’è lo gnocco di Copatza algherese. una zuppa di pesce tipica di questi luoghi, racchiusa in un impasto di patate e servita su un brodo realizzato con gli scarti del pesce: una ricetta in menu da tanto e mai tolta, che rappresenta in qualche modo la continuità tra il vecchio e il nuovo. C’è l’anguilla della laguna di Fertilia, sfilettata e riempita con la sua stessa farcia e con le verdure dell’orto, servita con fondo di anguilla e sapa: si, proprio le verdure dell’orto, perché come ogni nuova cucina contemporanea che si rispetti, La Saletta ha il suo orto e anche il suo laboratorio. Ortaggi coltivati, prodotti del territorio e creazioni che uniscono la chimica e la fisica degli alimenti per arrivare a crearne di nuovi.

La Saletta

Il legame con i luoghi e le produzioni circostanti è chiaro in tutto, come, ad esempio, nell’olio utilizzato che è quello dell’Accademia Olearia. Rispetto per le persone e il loro lavoro, rispetto per l’isola, il suo mare e la sua terra: sono forse questi gli elementi su cui i tre chef vogliono mettere l’accento. Lo si intuisce da subito, dai procedimenti utilizzati per creare i menu, dagli ingredienti utilizzati e mescolati tra di loro. Anche dalle proposte messe lì a provocare, come la finta plastica di garum, che vuole ricordare l’inquinamento dei nostri mari, o la pala di fico d’india, utilizzata nella realizzazione di caramelle, preparate dalla pastry chef Maria Elena Seghene, perfetta anche nella rivisitazione della tradizionale crema catalana. Quattro chef, in realtà, quindi, che guardano in un’unica direzione. Quale? Loro l’hanno fatto intuire, noi per scaramanzia non lo mettiamo nero su bianco. 

La Saletta 

V. F.lli Kennedy 27 A/B – Alghero

 

DOLCI IN CORSO 

Se siete alla ricerca di qualcosa di dolce, allora non potere perdervi quelli di Roberto Murgia e del suo Dolci in corso. Di questo pasticciere, che crea magie partendo dalla tradizione dolciaria sarda, abbiamo avuto modo di parlarvene a proposito di panettoni, soprattutto per quella mescolanza di sapori che sa mettere insieme, come nel suo “Durche Sardigna” con protagonista la pompia, e anche quando si tratta unire il carciofo spinoso con il mandarino, come nel caso del suo PanSpinoso. La sua è una storia iniziata molto lontano dal mondo della pasticceria: «Mi sono laureato in Scienze Motorie e per un po’ ho lavorato in palestra» — racconta. Un cambio di rotta, una passione che prende il sopravvento e tanto studio matto e disperato da autodidatta: così nel 2015 Roberto ha aperto la sua prima pasticceria. In realtà, sono stati i suoi studi iniziali (è diplomato all’Istituto d’arte) a dargli il giusto l’imprinting per quella che è l’essenza stessa dei dolci sardi, realizzati con la mano di chi sa cos’è l’arte e la minuzia dei dettagli. Tra le sue proposte, infatti, ci sono anche torte contemporanee che sembra un peccato doverle tagliare o anche solo minimamente scalfirle. La pasticceria italiana classica, quella francese e poi l’incontro – ritorno con la sua Sardegna, terra ricca di tradizioni e riti scanditi a suon di sapa, mandorle e semola. Roberto ha voluto approfondire questo aspetto della cultura isolana, andando a ricercare le origini, spesso tortuose anche geograficamente, delle ricette sarde. Ricette che cambiano, famiglia dopo famiglia, ma che in comune hanno una bellezza quasi perfetta, che nasce dalla loro occasione d’uso, legata ai momenti di festa e di celebrazione. I dolci sardi sembrano tele cucine e ricamate a mano e rappresentano un lavoro minuzioso di incredibile manualità artigiana. E le versioni di Roberto sono esattamente questo: la perfezione della tradizione. Ed ecco quindi che, a seconda del periodo dell’anno in cui ci si trova, nelle vetrine della sua pasticceria campeggiano i dolci rituali di Sardegna: le tiliccas e i pabassinos, che sono tipici dell’autunno, sa truta de mendula, una torta nuziale riccamente decorata, fatta con pan di Spagna e mandorle. Tra i più particolari anche gli ou de butxaca, un pane dolce all’anice, che tradotto dall’algherese significa “uovo da tasca”, perché un tempo gli adulti erano soliti tenerli in tasca per donarli ai più piccoli.

Dolci in corso 

Via Guglielmo Marconi, 11, 07041 Alghero SS

 

 

PODERE GUARDIA GRANDE 

Sardegna è anche enoturismo e il territorio algherese, con quella sua morfologia particolare, la vicinanza al mare e il vento di maestrale è l’ideale quando si parla di vigne. Dettaglio che non è passato indifferente alla famiglia Veronesi (quelli del gruppo Oniverse ovvero la società di Signorvino e di Calzedonia), che ha deciso di puntare su questo territorio per aprire la sua nuova cantina, Podere Guardia Grande, una struttura nata per integrarsi totalmente con l’ambiente circostante in una dimensione che solletica la voglia di novità, restando ancorata però, con rispetto, a una terra che già di per sé ha un piglio caratteriale forte e distinto. La cantina sorge nella baia di Porto Conte, tra Capo Caccia e il monte Doglia, e anche solo per la sua posizione è impossibile non rimanere ammaliati da una bellezza che travolge lo sguardo e ti costringe a desiderare di fermare il tempo in quell’istante, magari all’ora del tramonto. Ma è avvicinandosi ed entrando nella struttura stessa che si percepisce il grande lavoro fatto per creare davvero qualcosa di integrato con Alghero e i suoi luoghi: i lavori sono stati affidati allo studio CasciuRango architetti, che ha cercato di fondere l’interno con l’esterno. «L’edificio si rifà alle forme razionali tipiche di questi luoghi, inserendosi nel paesaggio, garantendo una continuità tra suolo e superfici verticali costruita nel rispetto delle cromie della terra: il persistente colore rosso violaceo delle argille siltose rimanda alla tradizione architettonica della bonifica e ai poderi e le case coloniche della vicina Fertilia» — ha dichiarato infatti l’architetto Mario Casciu. La verticalità della struttura vuole rappresentare la verticalità stessa della terra e della produzione del vino, con un’imponente e geometrica scala che collega gli ambienti superiori con quelli inferiori. Gli arredi, invece, sono dello stilista algherese Antonio Marras, che firma spesso i progetti di quelle aziende sarde proiettate verso il futuro. Tutto intorno, un giardino mediterraneo in attesa di crescere e germogliare: un altro omaggio a questa terra e a quella sua atmosfera a tratti selvaggia. 

Podere Guardia Grande, insieme al suo enologo Dino Dini, firma di altri vini sardi importanti, ha deciso di puntare sui vitigni autoctoni e rappresentativi dell’isola: Vermentino, Cannonau e Cagnulari. Tre vini nati da vigne cariche di cariche di salsedine e di iodato e sferzate dal maestrale, che reagiscono in modo forte alla vicinanza con il mare. Sono terreni, questi, sabbiosi e argillosi, asciutti e ciottolosi, che trovano una spinta decisa anche dal contatto con la vegetazione circostante, fatta di vecchie querce e mirto. Tre etichette per raccontare questa parte di Sardegna: ecco l’obiettivo della nuova cantina. Saldenya, Vermentino che sa di mare e di vento; Nascimento, un Cannonau in purezza, che prende in prestito il nome al poeta Sebastiano Satta quando parlava di «misterioso nascimento» per descrivere il processo di vinificazione; l’Alghè, un Cagnulari che vuole rendere omaggio ad Alghero e al suo rapporto esclusivo con il corallo. Un racconto aperto anche al pubblico. La cantina, infatti, ha scelto di essere presente sul territorio attraverso attività enoturistiche, che permettono l’accesso alla struttura e un percorso degustazione in cui provare i vini abbinati ad altri prodotti di questa zona della Sardegna: olio, formaggi, salumi e pane. 

Podere Guardia Grande

 Via Punta Cristallo, 21, 07041 Alghero SS

 

 

SELLA & MOSCA 

Se cercate un luogo dove vivere al massimo un’esperienza con il territorio, il suo vino e la sua storia, la tenuta di Sella & Mosca è ciò che fa per voi. Stiamo parlando di una cantina storica in Sardegna (è nata nel 1899), con un nome che fa gola a molti, tanto da essere passata di mano più volte. L’ultima acquisizione è dalla Campari al gruppo di Terra Moretti nel 2016. La tenuta, una delle più grandi in Europa, si estende su 650 ettari di terreni, di cui circa 520 sono dedicati a vigneti ad Alghero, in Gallura e nel Sulcis. Una localizzazione strategica, tra il mare e le colline, che regala ai vini un carattere unico, frutto di un microclima favorevole e di un suolo particolarmente adatto alla viticoltura. La cantina, il cui obiettivo rimane quello di farsi portabandiera della Sardegna vinicola nel mondo, si trova a pochi chilometri da Alghero, in un borgo che un tempo era un vero e proprio villaggio per coloro che vi lavoravano: una chiesetta, la scuola elementare, le case, un museo. Ancora oggi mantiene un allure particolare, soprattutto se ci si trova a passeggiare nelle ore notturne o del tramonto. Nella tenuta, infatti, si può anche soggiornare, in una dimora storica, Casa Villamarina, con quattordici camere che si affacciano sul parco, dando una sensazione di totale commistione con il territorio circostante e le vigne. In questi anni, in cui l’enoturismo rappresenta un tassello fondamentale per la crescita delle destinazione turistiche e della loro destagionalizzazione, la tenuta di Sella & Mosca con la sua Casa Villamarina diventa un buon esempio da imitare anche in altri luoghi della Sardegna. Le camere hanno quel lusso non gridato che trasmette tranquillità, con arredi quasi essenziali e accenni di arte sarda, che permettono un dialogo costante con l’essenza stessa della cantina.

Sella & Mosca

Da qualche mese, poi, è stato aperto anche un ristorante, dove gli ospiti possono provare una rivisitazione dei gusti dell’isola, accompagnata dai vini della cantina. Vini che puntano sui vitigni autoctoni più importanti, Vermentino, Torbato e Cannonau, ma è con un vitigno internazionale, il Cabernet Sauvignon, che Sella & Mosca ha trovato il messaggio più completo per il suo vino. Il Marchese di Villamarina esprime, infatti, tutta la sua territorialità grazie a un terroir argilloso e sferzato di salsedine ed è uno tra i migliori vini rossi italiani. Certo, la cantina ha in lista diversi progetti che raccontano una Sardegna di carattere. C’è, ad esempio, quello realizzato con Antonio Marras, che ha firmato le etichette di una squadra composta da quattro vini: Oscarì (Torbato Brut Metodo Classico), Ambat (Vermentino di Sardegna), Catore (Alghero Torbato) e Mustazzo (Cannonau). »Siamo orgogliosi ed entusiasti di questa collaborazione, voluta fortemente per raccontare l’identità di una terra a cui abbiamo scelto di dedicarci con amore e rispetto. Con il progetto Sella & Mosca + Antonio Marras abbiamo anche voluto portare una expertise importante del gruppo Terra Moretti, producendo il primo Metodo Classico da uve di Torbato» — ha dichiarato Francesca Moretti, amministratore delegato di Sella & Mosca. Dal canto suo, lo stilista ha raccontato che «Con Sella & Mosca condividiamo l’amore per Alghero. Abbiamo in comune i profumi del mirto e dell’elicriso, l’ambat, il maestrale, il mare, le tinte scure degli uliveti e il rosseggiare delle vigne». L’ultimo progetto è, invece, prende spunto dai colori dell’isola e dalla collaborazione con un’altra artista sarda Carolina Melis, che ha curato la nuova palette cromatica degli spazi della cantina. Tintas è la celebrazione della Sardegna tradotta in tre vini: un Vermentino, un Rosato e un Cannonau, ognuno dei quali rappresenta un elemento narrativo dell’isola. 

Sella & Mosca 

SP 42 dei Due Mari, 07041 Alghero 

 

 
Pubblicato : 9 Agosto 2024 04:50