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Vendita a corpo: quando chiedere la riduzione del prezzo

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Cosa succede se la dimensione della casa indicata in contratto è inferiore a quella effettiva: come ottenere uno sconto. 

Nel caso di una vendita a corpo, il diritto a chiedere la riduzione del prezzo si configura molto più difficilmente di quella a metro quadro (cosiddetta “vendita a misura”). E ciò perché, se in quest’ultima una lieve differenza tra la superficie effettiva e quella riportata nel contratto può dar luogo a una richiesta di revisione del corrispettivo, nella prima invece il prezzo è determinato in relazione al bene nella sua globalità e non in funzione della sua misura; per cui esso risulta difficilmente rivedibile in caso di errori materiali. Ciò che conta, in effetti, è come l’immobile appare alla vista dell’acquirente, che lo ha visto e lo ha ritenuto di proprio interesse.

Ciò nonostante, la Cassazione [1] ha ricordato che esiste una norma che offre la possibilità che, anche nella vendita a corpo, di chiedere la riduzione del prezzo. Nell’ottica di tutelare l’acquirente che, “a vista”, non riesce a rendersi conto effettivamente di quanto grande sia davvero il bene, la legge gli consente così di far valere l’eventuale differenza tra la dimensione della casa per come dichiarata e quella invece reale.

Cos’è la vendita a corpo?

Ricordiamo innanzitutto cos’è la vendita a corpo. Lo faremo in modo semplice e con due parole: si tratta della vendita in cui il bene viene venduto nella sua unità ed il prezzo non tiene conto della misura, anche quando questa è dichiarata.

Quindi il corrispettivo viene stabilito à forfait, sulla base di come si presenta l’immobile. Si distingue dalla vendita a 

Ad esempio, è una vendita a corpo quella in cui un immobile della superficie di 200 metri quadrati venga venduto a 350mila euro. È invece una vendita a misura quella in cui un immobile a 200 metri quadrati viene venduto 1.750 euro per ogni metro quadro (in totale, anche in questo caso, il prezzo sarà pari a 350mila euro).

Vendita a corpo: che succede se la dimensione dell’appartamento è sbagliata?

Secondo la Corte, in un contratto di compravendita “a corpo”, contenente però anche la misura dell’immobile, in presenza di una divergenza quantitativa maggiore di un ventesimo, l’acquirente può esigere dal venditore una riduzione del prezzo e, se questi non gliela riconosce, può rivolgersi al tribunale per ottenerla “con la forza” di una sentenza di condanna.

Si applica dunque l’articolo 1538 del codice civile a norma del quale «nei casi in cui il prezzo è determinato in relazione al corpo dell’immobile e non alla sua misura, sebbene questa sia stata indicata, non si fa luogo a diminuzione o a supplemento di prezzo, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto».

Non si può quindi ritenere che l’indicazione dell’esenzione dell’immobile, per come riportata nel compromesso (il cosiddetto contratto preliminare) o nel rogito (il cosiddetto contratto definitivo) abbia valore semplicemente indicativo, trattandosi comunque di vendita a corpo e non a misura. 

La possibilità di chiedere la revisione del prezzo e la parziale restituzione di quanto corrisposto, per come consentito dall’articolo 1538 appena citato, vale solo quando il contratto – preliminare e/o definitivo – indichi la dimensione dell’appartamento perché è proprio su questa dimensione che viene verificata la differenza del ventesimo tra quanto riportato e quanto invece risulta nella concretezza. Se invece il contratto definisse l’immobile nel numero di vani e nelle indicazioni catastali senza però riportarne precisamente la superficie, ma fissando un prezzo nella sua globalità, allora l’acquirente non potrebbe chiedere la riduzione del prezzo.

La Suprema corte ricorda però che questo articolo è soggetto a diverse interpretazioni. La tesi ritenuta dalla Cassazione più corretta presuppone che l’articolo 1538 (e quindi il diritto di chiedere la revisione del prezzo in caso di differenza della superficie dell’abitazione superiore a un ventesimo) si applichi sempre, salvo che le parti ne abbiano escluso espressamente l’applicazione con una clausola inserita nel contratto.  

La Suprema Corte afferma il seguente principio di diritto: «Qualora le parti concludano un contratto di compravendita “a corpo” indicando, nell’ambito di esso, la misura del bene compravenduto, si applica il rimedio di cui all’art. 1538, primo comma, cod. civ., in presenza di una divergenza quantitativa della misura del bene maggiore di un ventesimo di quella indicata nel contratto. Resta salva la facoltà delle parti di escludere l’efficacia della norma dianzi richiamata, mediante specifica clausola negoziale, pur in presenza dei requisiti previsti per la sua applicabilità». 

Come si stabilisce il nuovo prezzo a corpo?

Una volta stabilito il diritto dell’acquirente a ottenere una parziale riduzione del prezzo della compravendita in caso di divergenza superiore a un ventesimo tra la superficie effettiva e quella indicata nel contratto, sorge un secondo problema: qual regola bisogna seguire per determinare il nuovo prezzo? Essa, prosegue la Cassazione, non deve seguire il criterio del valore di mercato (che si sovrapporrebbe all’equilibrio contrattuale raggiunto dai contraenti), né il criterio proporzionale “secco” (che cancellerebbe la volontà delle parti di vendere “a corpo”, anziché “a misura”). Bisogna invece applicare un criterio proporzionale “corretto”, che prescinda dall’esatta misurazione del bene.

In pratica, la decisione viene rimessa al giudice che dovrà riequilibrare le prestazioni contrattuali delle due parti, senza stravolgere la natura del contratto, e dunque senza trasformare, di fatto, la vendita “a corpo” in vendita “a misura”.

Vendita a corpo: quando spetta la riduzione del prezzo

Sintetizzando quanto sinora detto, possiamo dire che il giudice, dinanzi a una richiesta di riduzione del prezzo di una compravendita a corpo, dovrà attenersi ai seguenti passaggi: 

  • verificare l’esistenza di una compravendita “a corpo” con specifica indicazione, nel contratto, della misura del bene compravenduto; 
  • verificare il superamento del limite quantitativo previsto dall’articolo 1538, primo comma, del codice civile (un ventesimo della misura pattuita dai contraenti);
  • riscontrare la presenza, o l’assenza, di clausola negoziale atta ad escludere il rimedio specifico di cui alla norma appena richiamata; 
  • infine, operare la riduzione del corrispettivo previsto dalle parti per ristabilire l’equilibrio contrattuale, senza modificare la natura del regolamento negoziale, e dunque senza trasformare, di fatto, la vendita “a corpo” in vendita “a misura”.

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Pubblicato : 11 Ottobre 2022 16:00