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Vendere un terreno con uso civico è legale?

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(@paolo-florio)
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La Corte Costituzionale ha cancellato il divieto di vendita di terreni gravati da usi civici: che succede ora?

Ci si chiede spesso se vendere un terreno con uso civico è legale o meno. Ma se fino a qualche giorno fa la risposta era negativa, ora le cose sono cambiate. Difatti, a fronte di una norma di legge che stabiliva l’inalienabilità di tali immobili, una recente pronuncia della Corte Costituzionale (la n. 119/2023) ha rimescolato le carte.

Di tanto ci occuperemo nel seguente articolo. Vedremo innanzitutto cosa sono gli usi civici per capire meglio cosa fare quando se ne possiede uno, se cioè si può alienare oppure no. Ma procediamo con ordine.

Cosa sono gli usi civici?

Prima di entrare nel dettaglio e di comprendere se è possibile vendere un terreno gravato da uso civico, è utile capire cosa si intende con “usi civici”. Questi rappresentano un diritto di godimento che una comunità può esercitare su un determinato terreno, sia esso pubblico o privato. Questo diritto può includere attività come la raccolta di funghi o l’approvvigionamento di legname, il pascolo, la caccia, la semina, ecc.

Il diritto di uso civico può sorgere a seguito di un atto specifico (come avviene spesso sui terreni pubblici) oppure di una prassi consolidata che si tramanda da tempo immemore. Oppure può dipendere dalle particolari condizioni storico-geografiche del terreno stesso.

Sino ad oggi vendere un terreno con uso civico è stato

Cosa prevede la legge sugli usi civici?

La legge che regolamenta gli usi civici è la n. 168/2017. Essa stabilisce il divieto di vendita dei terreni gravati da usi civici se non liquidati (ossia affrancati dall’uso civico). Scopo della normativa è quello di valorizzare la proprietà collettiva e gli usi civici, in quanto strettamente correlati con la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio.

In quest’ottica, la legge in questione ha disposto anche che il regime giuridico dei beni gravati da uso civico «resta quello dell’inalienabilità, dell’indivisibilità, dell’inusucapibilità e della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale».

La legge prevedeva pertanto che, prima di vendere il terreno, bisognava liberarlo dall’uso civico e a tal fine occorreva procedere all’affrancazione, una procedura di liquidazione monetaria dell’uso civico, dopo la quale il fondo poteva circolare liberamente.

Oggi si può vendere un terreno con uso civico?

Come dicevamo la Corte Costituzionale è intervenuta su tale normativa dichiarandola incostituzionale e quindi cancellandola dal nostro ordinamento. La Consulta ha detto che non possono essere soggetti al vincolo di inalienabilità i terreni di proprietà privata che siano gravati da usi civici non liquidati: tale disposizione è infatti contraria alla Costituzione la norma.

La norma che disponeva il divieto di vendita del terreno (articolo 3, comma 3, della legge 168/2017) era illogica e incoerente perché contraria agli articoli 3 e 42 della Costituzione. Difatti l’esigenza, perseguita dalla disciplina degli usi civici, di preservare profili dell’ambiente e del paesaggio, a beneficio di interessi generali che si protendono anche verso le generazioni future, «non è minimamente intaccata dalla circolazione della proprietà privata gravata da usi civici non ancora liquidati».

E difatti «in caso di alienazione delle terre di proprietà privata, i diritti di uso civico seguono il bene e i componenti della collettività continuano a poter esercitare tutte le facoltà che gli usi civici conferiscono loro. Al contempo, il diritto di proprietà circola preservando sulla terra il vincolo paesaggistico, che impedisce al proprietario di apportare modificazioni pregiudizievoli per gli usi civici». Di conseguenza, «chiunque acquisti il fondo non può compiere alcun atto che possa compromettere il pieno godimento promiscuo», nonché il valore paesistico-ambientale correlato alla conservazione degli usi civici.

La sentenza ha dunque affermato che «il regime di inalienabilità delle terre di proprietà privata su cui insistono usi civici, che non era previsto dalla legislazione antecedente a quella del 2017, “si dimostra totalmente estraneo alla tutela di interessi generali” “sotto qualunque prospettiva lo si consideri”: l’inalienabilità non ha alcuna ragionevole connessione con lo scopo di assicurare la funzione sociale della proprietà privata. Conclusivamente, la norma censurata determina una “irragionevole conformazione e, di riflesso, una illegittima compressione della proprietà privata”».

 

 
Pubblicato : 16 Giugno 2023 17:30