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Usucapione tra fratelli eredi: quando è possibile?

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(@angelo-greco)
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Si può usucapire un immobile in comunione ereditaria acquisito tra parenti? Cosa succede a chi utilizza il bene altrui per oltre 20 anni?

È assai difficile acquisire, per usucapione, la proprietà di un bene immobile quando il comproprietario è un parente come un fratello o un genitore. E ciò per due ragioni. Innanzitutto perché l’usucapione non si può verificare quando il possesso è frutto di un gesto di tolleranza del proprietario (riconducibile ai rapporti tra le parti). In secondo luogo perché, per far scattare l’usucapione su un bene in comproprietà, è necessario molto più del semplice possesso indisturbato del bene.

Per comprendere quando è possibile l’usucapione tra fratelli eredi dovremo approfondire tali concetti, spiegarli sotto un aspetto pratico e illustrare, innanzitutto, quando scatta l’usucapione, quali sono i suoi presupposti, e come fare a rivendicare l’usucapione tra parenti, come nel caso dei coeredi. Ma procediamo con ordine.

Come funziona l’usucapione

L’usucapione richiede una serie di presupposti, non di facile dimostrazione.

Innanzitutto è necessario fornire la prova di aver acquisito la detenzione sul bene altrui in modo pacifico, ossia né clandestino, né violento.

In secondo luogo bisogna dimostrare di aver posto, su tale bene, un “atto di dominio”, ossia aver esercitato un potere che solo il proprietario avrebbe avuto il diritto di compiere (e non anche un terzo soggetto). Tale atto può consistere in una manutenzione straordinaria, in una demolizione o in una costruzione, in un cambio di destinazione d’uso, in una recinzione, nel cambio di serratura di una porta senza aver consegnato il duplicato delle chiavi al titolare del bene.

Una volta dimostrato tale atto di dominio, è necessario dimostrare che, da questo, sono decorsi almeno 20 anni. In quest’arco di tempo, il possesso deve essere stato ininterrotto: non deve cioè essere venuto meno per almeno 1 anno di fila.

Infine, sempre nell’arco di tale ventennio, il proprietario non deve aver mai notificato un atto giudiziale rivolto a ottenere la restituzione del proprio bene: diversamente il termine per l’usucapione si interrompe.

È possibile l’usucapione tra parenti e familiari?

L’usucapione non si può mai verificare quando il possesso del bene e l’utilizzo dello stesso come se si fosse il proprietario avviene a seguito di una semplice tolleranza e accondiscendenza del proprietario.

Immaginiamo che un padre presti al figlio un appartamento proprio affinché questi vi viva fino a quando non abbia le disponibilità per comprarne uno tutto suo. Il figlio esegue delle opere murarie interne per rendere l’immobile confacente alle sue necessità. In tali casi, seppur il comportamento del figlio integra quell’atto di dominio che farebbe scattare il decorso dei 20 anni per l’usucapione, in tal caso però esso non rileva e non si può avere usucapione. Difatti i rapporti tra le parti fanno presumere che il potere esercitato sul bene sia stato “tollerato” dal titolare del bene stesso.

Come spiega il codice civile e la stessa Cassazione, infatti, il possesso utile a usucapire non deve essere conseguenza di un comportamento accondiscendente dovuto ad amicizia o conoscenza: gli atti compiuti con l’altrui tolleranza non servono ad acquistare il possesso (art. 1144 cod. civ.).

Per valutare se un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà è compiuta con l’altrui tolleranza e sia quindi inidonea all’acquisto del possesso utile a usucapire, si deve considerare la durata dell’attività stessa: se essa è prolungata, difficilmente può parlarsi di tolleranza. Soprattutto nelle relazioni di amicizia o di buon vicinato la lunga durata dell’attività costituisce un sicuro indizio del possesso utile a usucapire.

Ad esempio, è insufficiente per provare il possesso la prolungata disponibilità delle chiavi da parte dell’attore, fratello della proprietaria, e l’utilizzo da parte dello stesso di uno dei locali (Cass. 20 febbraio 2008 n. 4327).

Da quanto visto, quando sono in gioco rapporti di parentela, l’usucapione è molto più difficile da dimostrare. Bisognerebbe infatti fornire la prova di un totale disinteresse del proprietario e non di un comportamento di mera tolleranza.

È possibile l’usucapione tra eredi?

Veniamo ora al secondo problema che può rendere impossibile rivendicare l’usucapione tra fratelli coeredi dello stesso bene. Aiutiamoci con un esempio.

Muore il proprietario di un casolare e lo lascia ai suoi due figli. Ciascuno di questi è comproprietario al 50%.

Ebbene, la situazione di comunione ereditaria fa sì che ogni comproprietario abbia, già per legge, il diritto di usare il bene come se fosse proprio e quindi di porre in essere “atti di dominio”. È la stessa proprietà, anche se condivisa, che è caratterizzata proprio dal potere massimo del titolare sulla cosa.

Sicché, non si vede perché, in questo caso, il compimento di tali atti possa far scattare l’usucapione.

Detto in altri termini, in una situazione di comunione ereditaria, ogni comproprietario, anche se titolare di una semplice quota ideale del bene, può usare il bene come proprietario, in ogni sua parte, a patto di consentire anche agli altri comproprietari il medesimo uso.

Dunque, mai si potrebbe verificare quel famoso primo atto di dominio che fa scattare il termine di 20 anni per l’usucapione.

Ma allora quando è possibile l’usucapione tra fratelli eredi? In questo caso, oltre all’atto di dominio sul bene è necessario qualcosa in più: l’esclusione del comproprietario dal godimento del bene.

Se, ad esempio, due fratelli ereditano una casa e uno solo di questi vi vive, l’altro non ne perde la proprietà per usucapione perché è diritto del primo usare il bene; e l’altro potrebbe consentirglielo per tolleranza e accondiscendenza. Viceversa se il primo cambia la serratura della porta di casa e pone degli atti volti a impedire al fratello di usare l’immobile, di accedervi, di prenderne possesso, senza che questi, per 20 anni ne reclami la restituzione, allora in tali casi scatta l’usucapione.

Questi due esempi danno chiaramente l’idea di quanto difficile sia usucapire un immobile ereditato con un fratello o altri parenti.

Usucapione tra parenti: i chiarimenti della giurisprudenza

Riportiamo a riguardo le parole del tribunale di Benevento (sent. n. n. 369/2023) che riassumono magistralmente quanto sinora detto: « Il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei compossessori non è, di per sé, indice del possesso per l’usucapione, posto che tale situazione ben può essere conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte degli altri compossessori, risultando dunque necessaria, a fini della prova dell’intervenuta usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sulla cosa da parte dell’interessato attraverso un’attività apertamente contrastante ed incompatibile con il possesso altrui».

Come noto, ai fini dell’usucapione è necessario che il possesso del bene sia continuato e non interrotto da atti compiuti dal legittimo proprietario tesi a riaffermare la propria signoria sul bene; dunque affinché il possesso assuma rilevanza ai fini dell’acquisto della proprietà è necessario che il legittimo proprietario rimanga inerte e volontariamente si disinteressi del bene e che non assuma semplicemente un atteggiamento di tolleranza nei confronti degli atti di esercizio delle facoltà dominicali da parte di soggetti estranei (trib. Torino, sent. n. 520/2023)

 
Pubblicato : 21 Giugno 2023 06:45