Testimoni si contraddicono: chi prevale?
Quanto vale la testimonianza di un parente e cosa succede quando le dichiarazioni dei testimoni sono contrastanti e contraddittorie? Criteri di valutazione del giudice.
Nel corso del processo succede di solito che le dichiarazioni testimoniali presentino significative discrepanze. Come fa il giudice a stabilire quale di queste sia la più attendibile e veritiera? Quando i testimoni si contraddicono, chi prevale? Esistono criteri legali per determinare il peso e la rilevanza che le dichiarazioni di un testimone assumono rispetto a quelle degli altri?
La risposta è scritta in modo velato nella legge. Ma è stata la giurisprudenza a svelare quali debbano essere i criteri di valutazione dei testimoni da parte del giudice. Di tanto parleremo qui di seguito, in modo da dare risposta ai legittimi interrogativi che si fa il cittadino prima di intraprendere una causa. Vedremo quindi quanti testimoni è necessario presentare, se sia possibile avvalersi delle dichiarazioni del coniuge, dei parenti o dei dipendenti. Da ciò potrebbe infatti dipendere l’esito del processo. Ma procediamo con ordine.
Quanto vale una testimonianza?
La legge non stabilisce a priori il peso da dare alla singola testimonianza. Si limita piuttosto a rimettere al giudice la valutazione delle dichiarazioni: valutazione che deve avvenire secondo il suo «prudente apprezzamento».
Non è dunque il numero dei testimoni a influire sull’esito della causa, ma l’attendibilità degli stessi e la precisione delle loro affermazioni.
Quindi, ben si può ottenere una sentenza favorevole anche con un solo testimone che appaia più credibile rispetto a quelli dell’avversario.
La testimonianza “oculare”, ossia basata su una percezione diretta degli eventi, è l’unica che conta nel processo, non avendo invece alcun valore le informazioni ottenute indirettamente.
Il giudice può ritenere veritiera una parte della deposizione e disattendere altre parti della stessa (secondo il principio di “scindibilità”della prova testimoniale). Tuttavia, in queste ipotesi, egli deve fornire un’adeguata motivazione delle ragioni che lo hanno indotto a tale valutazione divergente; deve anche chiarire i motivi per i quali tale diversa valutazione non si risolve in una complessiva contraddizione della prova (Cass. sent. n. 10193/2024).
Cosa succede se i testimoni si contraddicono?
Quando in un processo si presentano testimonianze discordanti su una questione contesa, diventa imprescindibile per il giudice adottare un approccio analitico rigoroso. La giurisprudenza stabilisce che le deposizioni non possono essere recepite come equamente valide in modo automatico (altrimenti, sarebbe impossibile ricostruire la verità all’interno del giudizio). Al contrario, il magistrato deve impegnarsi in un’attenta comparazione delle dichiarazioni, basandosi su una serie di criteri sia soggettivi che oggettivi. Tra questi, spiccano:
- la qualità dei testimoni: la valutazione della personalità dei testimoni, del lavoro svolto, la conoscenza dei fatti possono fornire indicazioni preziose sulla loro affidabilità;
- la prossimità alle parti: il grado di vicinanza emotiva, familiare o di interesse nei confronti di chi è parte in causa può influenzare la percezione e la narrazione dei fatti;
- la coerenza intrinseca delle dichiarazioni: l’armonia e la logica interna del racconto testimoniale sono elementi chiave per valutarne la credibilità. Il testimone potrebbe contraddire sé stesso dinanzi alla stessa domanda formulata in modo diverso;
- la corrispondenza con altre prove: l’eventuale allineamento delle testimonianze con prove documentali o altri indizi può rafforzare o indebolire la fiducia nelle dichiarazioni dei testimoni.
Questi parametri devono condurre il giudice, di fronte a narrazioni testimoniali divergenti, ad articolare con chiarezza le ragioni che lo portano a privilegiare un racconto rispetto all’altro, o eventualmente a scartarli entrambi. Questo processo decisionale richiede una trasparenza e una motivazione rigorosa, elementi indispensabili per la legittimazione delle scelte giudiziarie.
In alcuni casi, il magistrato può disporre il confronto diretto tra testimoni, al fine di saggiarne l’attendibilità di fronte a contraddizioni e chiarire chi di questi abbia mentito. Se emerge il sospetto che un testimone abbia reso dichiarazioni non veritiere, il giudice ha l’obbligo di segnalare la situazione alle autorità competenti per valutare l’eventuale reato di falsa testimonianza.
Parenti e coniuge possono testimoniare?
Secondo la giurisprudenza, la testimonianza di soggetti vicini alle parti, come parenti o coniugi, non può essere automaticamente considerata inaffidabile per il semplice fatto che sussista un rapporto diretto con le parti. Tale circostanza però può influire nella valutazione delle dichiarazioni, quando queste contrastino con quelle di un altro testimone estraneo a qualsiasi legame diretto o indiretto con i soggetti in giudizio.
Anche i minori possono essere ascoltati come testimoni, a condizione che siano giudicati capaci di discernimento.
Che differenza c’è tra capacità di testimoniare e attendibilità?
È importante distinguere tra la capacità di testimoniare e l’attendibilità di un testimone. Questi concetti operano su livelli differenti.
La capacità di testimoniare presuppone l’assenza di un interesse giuridico concreto, che legittimi la partecipazione del testimone al processo. Tale interesse non sussiste: il giudice può ascoltare il testimone anche se legato da vincoli di parentela (si pensi al coniuge in comunione dei beni). Per avere un’idea più precisa di questo concetto leggi Limiti alla testimonianza negli incidenti stradali.
L’attendibilità si riferisce invece alla veridicità della testimonianza, che il giudice valuta secondo criteri oggettivi, come la precisione e l’integrità della dichiarazione, e soggettivi, come la credibilità personale del testimone e la sua relazione con le parti.
La testimonianza sui contratti
La legge prevede l’ammissibilità della prova testimoniale per contratti di valore inferiore a 2,58 euro, sebbene questo limite non sia più considerato un criterio discriminante. Tuttavia, per contratti di maggiore valore economico, la prova orale è generalmente esclusa, data la tendenza a documentare tali accordi per iscritto per prevenire dispute sulla genuinità delle testimonianze.
Tuttavia il giudice può ugualmente decidere di ammettere la testimonianza se la considera essenziale per risolvere la causa, tenendo conto di vari fattori, tra cui la natura del contratto e le circostanze specifiche del caso. Ad esempio, ciò succede per i contratti stipulati oralmente, come la compravendita di beni di valore ridotto.
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