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TAC ritardata e aggravamento della malattia: i diritti del paziente

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(@raffaella-mari)
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Analisi strumentali e file interminabili in ospedale: il risarcimento del danno per la perdita di chance di sopravvivenza.

Nel campo medico, la tempestività degli esami diagnostici può essere cruciale. In particolare, un ritardo nella realizzazione di una Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) può avere conseguenze serie, fino a incidere sulla sopravvivenza del paziente. Questo articolo esplora il diritto al risarcimento in caso di TAC ritardata e le relative sentenze della Corte di Cassazione, offrendo un’analisi dettagliata per comprendere meglio le implicazioni legali e i diritti dei pazienti.

Cosa succede se una TAC viene ritardata?

In caso di ritardo nella realizzazione di una TAC, possono verificarsi peggioramenti nello stato di salute del paziente. Questo ritardo può essere considerato una negligenza medica, soprattutto se conduce a una perdita di chance, ovvero alla diminuzione delle possibilità di sopravvivenza o di recupero del paziente.

Non importa se l’ospedale ha le “file intasate” perché il medico deve saper comprendere quali sono i gradi di urgenza.

Qual è il diritto al risarcimento in caso di TAC tardiva?

La legge prevede che l’azienda sanitaria locale (Asl) possa essere tenuta a risarcire il danno causato dall’aggravamento della malattia e dalla riduzione delle possibilità di guarigione a seguito di una TAC tardiva. Questo vale anche nei casi in cui non ci sia stata una condanna penale dei medici coinvolti: condanna che, come noto, è molto più difficile da ottenere. In tema di colpa medica l’unica responsabilità penale riconosciuta dopo la legge Balduzzi è la colpa grave del medico che è raffigurabile nell’imperizia ma non nell’imprudenza o negligenza.

Nel processo penale infatti è necessario dimostrare, senza alcun ragionevole dubbio, la responsabilità del professionista. Invece, in via civile, è più facile ottenere la condanna della struttura sanitaria. Qui infatti è sufficiente dimostrare – secondo la logica del «più probabile che non» – che un intervento tempestivo avrebbe verosimilmente, secondo dati statistici, evitato o ridotto il danno o quantomeno allungato il tempo di vita del paziente. È quanto chiarito dalla Cassazione con l’ordinanza n. 2152/2024.

La vicenda

Nella pronuncia in commento, la terza sezione civile della Cassazione ha ritenuto legittima la condanna dell’ASL a risarcire all’erede del paziente deceduto il danno da perdita di chance se si dimostra che l’intervento tempestivo avrebbe, in misura «più probabile che non», salvato la vita al paziente.

Quando il malato era stato trasportato in ospedale aveva un aneurisma in atto, benché solo fissurato. Tuttavia una Tac con mezzo di contrasto eseguita subito – e non programmata dopo qualche giorno – avrebbe consentito di rilevarlo e dunque di realizzare un intervento chirurgico urgente.

 
Pubblicato : 24 Gennaio 2024 15:15