Stallo condominiale: che fare se l’assemblea non decide?
Come comportarsi se l’assemblea non è in grado di adottare una decisione per via del contrasto insanabile tra condòmini?
Il funzionamento di un condominio è molto simile a quello di un’associazione o di una società: occorre che tutti si riuniscano in assemblea per assumere le decisioni più importanti e per nominare un amministratore che si preoccupi della gestione in generale. Con questo articolo ci occuperemo di una questione specifica: che fare se l’assemblea non decide perché in stallo?
È il classico caso del condominio minimo composto da soli due proprietari in disaccordo tra loro, oppure del fabbricato in cui i proprietari non riescono a trovare alcun accordo perché la maggior parte di loro si disinteressa totalmente della gestione dell’edificio (ad esempio, perché vivono altrove) mentre i rimanenti non riescono a mettersi d’accordo. Come comportarsi in un’ipotesi del genere? Vediamo cosa dice la legge.
Stallo decisionale: che cos’è?
Si definisce “stallo decisionale” la situazione di paralisi che si crea all’interno di un organo deputato ad assumere decisioni, causata dal contrasto tra i soggetti che ne fanno parte.
È il classico caso della società composta da soli due soci titolari della stessa quota (50% ciascuno): in questa ipotesi l’uno potrebbe opporsi all’altro, impedendo così la possibilità di adottare valide decisioni.
Cos’è lo stallo condominiale?
Lo stallo condominiale deriva dall’impossibilità, per l’assemblea, di assumere decisioni per via del contrasto che c’è tra condòmini.
In genere lo stallo decisionale si verifica nei piccoli edifici in cui ci sono pochi proprietari tutti in disaccordo tra loro, cosicché nessuna maggioranza può mai formarsi.
Come nelle società, poi, anche nelle realtà condominiali possono esserci solo due persone a comporre l’assemblea: è il caso del cosiddetto “condominio minimo”, composto soltanto da due proprietari. Si pensi alla villetta bifamiliare.
Lo stallo condominiale può poi verificarsi anche negli edifici di maggiori dimensioni, quando maggior parte dei condòmini si disinteressa alle sorti dell’edificio non presentandosi nemmeno in assemblea, lasciando così i restanti proprietari, in disaccordo tra loro, nell’impossibilità di poter deliberare validamente.
Cosa fare in caso di stallo dell’assemblea condominiale?
Se l’assemblea condominiale non riesce ad adottare alcuna decisione non resta che fare ricorso al giudice.
Secondo la legge [1], se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ciascun partecipante può ricorrere all’autorità giudiziaria, la quale, sostituendosi all’assemblea “paralizzata”, assume le decisioni necessarie nell’interesse della collettività, potendo perfino nominare un amministratore.
In pratica, per superare lo stallo dell’assemblea condominiale ciascun condomino può rivolgersi al giudice affinché adotti i provvedimenti più opportuni nell’interesse del condominio stesso. Per garantirne l’attuazione, il giudice può anche nominare un amministratore che si occupi dell’esecuzione delle decisioni.
La legge prevede quindi un apposito procedimento davanti al tribunale finalizzato ad imporre ai condòmini (che non provvedono autonomamente) l’effettuazione di opere necessarie per il fabbricato (aspetto, quest’ultimo, che va provato in sede di richiesta).
Come vedremo tra un istante, però, è possibile fare ricorso al giudice anche in altre ipotesi. Vediamo di cosa si tratta.
Condominio: quando si può fare ricorso al giudice?
Il ricorso al giudice può essere proposto non solo in caso di stallo decisionale, cioè quando l’assemblea non riesce ad adottare una decisione per via del contrasto tra i condòmini, ma anche in tutte le ipotesi in cui non si possa assumere alcun provvedimento per altri motivi.
Ad esempio, il singolo condomino può fare ricorso al giudice se tutti gli altri proprietari non si presentano mai in assemblea perché disinteressati. Si parla in questo caso di “inerzia assembleare”.
Ugualmente, è possibile il ricorso al tribunale quando l’assemblea si trovi nell’incapacità di provvedere alla nomina di un amministratore a seguito della cessazione dall’incarico di quello uscente [2], oppure ancora quando l’assemblea non viene convocata.
In definitiva, si può richiedere l’intervento del tribunale quando:
- l’assemblea non viene convocata dall’amministratore;
- non si raggiunge la maggioranza per deliberare;
- sono adottate delibere che non vengono eseguite;
- non si riesce a nominare l’amministratore.
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