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Slogan pubblicitario: si può tutelare?

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(@paolo-florio)
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Claim: esiste la protezione come marchio d’impresa? 

Chissà quante volte avrai ascoltato un claim, ossia uno slogan pubblicitario, magari senza farci caso, ma inconsciamente associandolo a un prodotto specifico. Ti sarai forse chiesto se una frase del genere, per quanto composta da parole comuni, prese cioè in prestito dal vocabolario della lingua di tutti i giorni, possa essere brevettata. In altre parole si può tutelare lo slogan pubblicitario? Per quanti nutrivano questo dubbio la Cassazione ha finalmente fornito una risposta molto netta [1]. 

Prima di entrare nel tecnico della questione voglio però ricordarti alcuni degli sloga pubblicitari più famosi. 

In Italia c’è «Red Bull ti mette le ali», oppure «Che mondo sarebbe senza Nutella», «Artigiani della qualità», «Dove c’è Barilla c’è casa», «La Coop sei tu, chi può darti di più», «Per tutto il resto c’è MAsterCard», «Trony: non ci sono paragoni», «Un diamante è per sempre». Altri slogan altrettanto famosi, provenienti dall’estero, sono ad esempio «Just Do It» (Nike) o «Nespresso, what else?». 

Il claim è assai importante perché sposta l’attenzione del consumatore sul prodotto associandolo definitamente a una breve frase che entra immediatamente in testa e finisce per rendere ancora più intuitiva l’importanza del brand.

Detto ciò, potrebbe ad esempio una ditta che fa pasta usare il medesimo spot pubblicitario della Barilla ossia lo stesso claim? 

Ebbene, secondo la Cassazione il claim può essere brevettato come marchio d’impresa. E, se ciò avviene, può essere quindi tutelato. Risultato: si può inibire, a eventuali competitori, l’uso della medesima espressione per prodotti concorrenti. 

Ma attenzione: come tutti i marchi, anche lo slogan pubblicitario deve avere capacità distintiva, deve cioè essere originale ed in grado di far distinguere ai consumatori i prodotti o i servizi offerti dall’azienda. Non importa che abbia «natura elogiativa» e sia percepito come un formula promozionale dal pubblico di riferimento: conta invece che il segno di cui si chiede l’uso esclusivo adempia la finalità distintiva, indicando l’origine commerciale della merce.  

In particolare l’articolo 7 del codice della proprietà industriale stabilisce che oggetto della registrazione di un marchio possono essere le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti:

  • a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; e
  • ad essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti ed al pubblico di determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare.

Nel caso di specie, l’ufficio italiano brevetti e marchi (Uibm) aveva negato la richiesta di registrazione proposta da un’azienda che opera nel campo cosmetico e farmaceutico. Il messaggio era stato ritenuto troppo generico (si parlava di cura della pelle) e, come tale, non adatto a garantire ai consumatori la provenienza dei prodotti. Mancavano quindi i requisiti per la registrazione indicati dalla legge 

Un claim può essere a un tempo pubblicitario e dare l’indicazione dell’origine commerciale, ma la qualificazione di un messaggio come promozionale non implica che il segno abbia anche natura distintiva: un carattere che invece va accertato affinché si compia una valida registrazione.  

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Pubblicato : 10 Gennaio 2023 14:00