Simulazione della malattia e licenziamento per giusta causa
Cosa succede se il certificato medico indica una malattia falsa o se, nonostante la malattia, il lavoratore viene sorpreso a svolgere altre attività.
Durante l’assenza per malattia il dipendente può ben svolgere ulteriori attività, anche retribuite, a patto di rendersi reperibile per la visita fiscale e di non ritardare la convalescenza svolgendo attività che possano pregiudicare la sua guarigione. Diverso è il caso di simulazione della malattia: in tale ipotesi si rischia un licenziamento per giusta causa, come più volte chiarito dalla Cassazione [1]. Ecco alcune importanti informazioni da tenere in considerazione.
Durante la malattia si deve rimanere a casa?
Quando assente dal lavoro per malattia, il dipendente deve restare a casa (o presso il diverso indirizzo indicato nel certificato medico) per sottoporsi alla visita di controllo dell’Inps. L’orario delle visite fiscali sono, nel pubblico impiego, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18; nel settore privato, dalle 10 alle 12 e dalle ore 17 alle 19.
La visita di controllo può intervenire anche più di una volta al giorno, nei weekend e nei giorni festivi. Il dipendente già sottoposto a una visita può, nell’arco della stessa malattia, essere soggetto anche a un secondo controllo da parte del medico dell’Inps.
Fuori dagli orari di reperibilità obbligatoria che abbiamo appena indicato, il dipendente può uscire di casa a patto che ciò non pregiudichi la guarigione: è infatti suo dovere non rallentare la degenza.
Quindi un soggetto con un braccio ingessato o con una patologia psichiatrica potrebbe ben uscire durante la prima mattina o la sera per una passeggiata; non potrebbe invece farlo chi abbia l’influenza, una sciatalgia o un arto rotto.
Durante la malattia si può svolgere un secondo lavoro?
Durante la malattia si può svolgere, da casa, un secondo lavoro (autonomo o alle altrui dipendenze) a patto che non sia in concorrenza con quello del proprio datore di lavoro.
È altresì possibile un secondo lavoro fuori casa ma purché venga rispettata la reperibilità e non pregiudichi la guarigione.
Come chiarito dalla giurisprudenza, in linea generale quando un lavoratore è assente per malattia non incombe sullo stesso alcun divieto assoluto di prestare, durante l’assenza, un’attività lavorativa in favore di terzi; ciò purché la malattia sia effettiva (e dunque non si configuri una simulazione di infermità) e purché non importi violazione del divieto di concorrenza, ovvero ancora, compromettendo la guarigione del lavoratore, implichi inosservanza al dovere di fedeltà imposto al dipendente.
Che succede in caso di simulazione della malattia
Non poche volte, alcuni dipendenti sono stati sorpresi a svolgere attività notturna presso alcuni locali (ad esempio bar o pizzerie), benché assenti dal lavoro per malattia. Tale circostanza è stata ritenuta una sufficiente prova della simulazione della malattia ossia della falsità del certificato medico. È vero infatti che, a volte, il medico curante rilascia il certificato solo sulla base della sintomatologia dichiarata dal paziente, senza poterla accertare strumentalmente (si pensi ai capogiri o al dolore al nervo sciatico).
In tutti questi casi, quindi, quando cioè l’attività svolta dal dipendente durante la malattia è incompatibile con lo stato morboso riportato sul certificato stesso, è possibile parlare di un gravissimo illecito disciplinare che dà luogo al licenziamento per giusta causa.
Il licenziamento per giusta causa è quello che avviene “in tronco”, ossia senza preavviso. Secondo infatti la giurisprudenza, il fatto di mentire al proprio datore di lavoro, dichiarando una malattia inesistente, è un elemento sufficiente per rompere definitivamente la fiducia che deve sussistere tra le parti.
Con una recente pronuncia la Cassazione ha ritenuto legittimo e proporzionato il licenziamento per giusta causa del dipendente, con mansioni di operatore sanitario, che durante l’assenza per malattia aveva svolto attività lavorativa, per proprio conto, presso il bar di sua proprietà. Siffatta condotta, infatti, è assolutamente contraria agli obblighi di buona fede e correttezza nell’esecuzione della prestazione, lasciando presumere la simulazione della patologia dichiarata dallo stesso lavoratore che, in ogni caso, non era tale da impedire al dipendente lo svolgimento dell’attività di lavoro.
Come stabilire che la malattia è simulata?
Come detto, in alcuni casi la malattia indicata nel certificato medico è il frutto di sintomatologia dichiarata dal paziente ma non accertabile né da parte del medico curante, né attraverso strumentazione ad hoc. L’emicrania, i dolori cervicali, una depressione, i giramenti di testa, una lombosciatalgia sono tutte patologiche che, per quanto invalidanti e tali da giustificare l’assenza dal lavoro, non consentono di accertarne l’effettiva esistenza. È chiaro allora che, se il comportamento tenuto dal dipendente durante il periodo di malattia dovesse essere “incompatibile” con la patologia riportata sul certificato, ne deriverebbe come conseguenza la presunzione di simulazione della malattia stessa. E, sulla base di ciò, il datore di lavoro potrebbe disporre il licenziamento in tronco.
Si tenga infine conto che l’acquisizione delle prove del comportamento tenuto dal lavoratore durante il periodo di malattia può avvenire attraverso l’attività investigativa di detective privati ingaggiati dall’azienda.
A chi spetta dimostrare che la malattia è simulata?
Secondo la Cassazione [2], grava sul datore di lavoro la prova che la malattia riportata sul certificato trasmesso dal medico curante all’Inps sia simulata o che l’attività svolta dal dipendente durante la malattia stessa sia tale da pregiudicare o ritardare potenzialmente il rientro in servizio. Questo perché la legge – e in particolare l’articolo 5 della legge n. 604 del 1966 – pone a carico del datore di lavoro l’onere della prova di tutti gli elementi di fatto che giustificano il licenziamento e, dunque, di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, idonee a connotare l’illecito disciplinare contestato.
Spetta invece al lavoratore assente per malattia che sia stato sorpreso nello svolgimento di altre attività, dimostrare la compatibilità di dette attività con la malattia, la mancanza di elementi idonei a far presumere l’inesistenza della malattia e quindi, una sua fraudolenta simulazione, e la loro inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psico-fisiche [3].
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