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Si può scioperare senza sindacati?

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(@angelo-greco)
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I diritti di chi sciopera: quante persone per fare uno sciopero? Si può contestare il datore se si è in pochi? Lo sciopero va dichiarato?

Siamo abituati a pensare agli scioperi come grandi manifestazioni di piazza organizzati dalle principali sigle sindacali. Ma è necessario che, dietro ogni protesta dei dipendenti, vi sia un’associazione che ne rappresenti gli interessi? In altri termini, si può scioperare senza sindacati? È legittimo lo sciopero individuale, quello cioè proclamato da uno o pochi lavoratori, che magari decidono di incrociare le braccia, senza però alcun coordinamento con i colleghi o con i loro rappresentanti?

Di tanto si è occupata più volte la giurisprudenza. La Cassazione (ord. n. 24473/2024), più di recente, ha chiarito un concetto molto importante di cui si dovrà tenere conto se non si vuole subire le sanzioni disciplinari per insubordinazione o assenza ingiustificata dal lavoro: la decisione di astensione assunta dai singoli dipendenti non è qualificabile come sciopero. In questi casi, infatti, l’assenza ha carattere individuale in quanto manca la proclamazione da parte di un’organizzazione sindacale per la tutela di interessi collettivi.

Nel caso di specie, i giudici di appello avevano confermato la legittimità delle sanzioni disciplinari imposte da una società autostradale nei confronti di alcuni dipendenti. Questi ultimi si erano astenuti dal lavoro per due giorni, chiudendo le piste di loro competenza e lasciando aperta solo quella gratuita per i viaggiatori.

I giudici hanno sostenuto che, in assenza di un avviso sindacale che indicasse l’orario di inizio dello sciopero e senza una decisione collettiva che definisse tale azione come sciopero, l’astensione dal lavoro doveva essere interpretata come una scelta individuale, priva delle caratteristiche di una protesta collettiva. Il che rendeva la condotta come un’astensione volontaria e immotivata, frutto più che altro di una insubordinazione o di un abbandono del posto di lavoro ingiustificato.

La disputa è proseguita fino in Cassazione, dove i lavoratori hanno impugnato la decisione, contestando l’esclusione del diritto di sciopero in assenza di una proclamazione ufficiale da parte di un’organizzazione sindacale.

La Suprema Corte, nell’esaminare il caso, ha riaffermato che lo sciopero è innanzitutto un diritto individuale del lavoratore ma che può essere esercitato solo collettivamente poiché esso mira alla tutela di interessi comuni.

Di tanto avevamo già parlato nella nostra guida dal titolo Sciopero: come si organizza e quando è lecito.

La Corte ha precisato che, anche se per organizzare uno sciopero non è necessaria una formale proclamazione né una comunicazione preventiva al datore di lavoro (salvo che il codice di autoregolamentazione non preveda diversamente, specie nei servizi pubblici essenziali), è fondamentale che l’astensione dal lavoro, sia essa totale o parziale, sia il risultato di un accordo collettivo. Questo accordo deve sorgere in un contesto di conflitto che coinvolge la difesa di interessi di tutti o un gruppo di lavoratori, indipendentemente dall’identità degli organizzatori.

La Cassazione ha quindi sottolineato come il nucleo del diritto di sciopero risieda nella tutela di interessi collettivi, che possono riguardare non solo questioni salariali ma anche tematiche di ampio respiro politico, purché queste influenzino direttamente i rapporti di lavoro.

L’articolo 40 della Costituzione riconosce il diritto di sciopero direttamente in capo ai lavoratori, ma limitandolo solo nei casi in cui sia necessario salvaguardare altri diritti o interessi costituzionalmente riconosciuti.

Di conseguenza, la Cassazione ha stabilito che non si può parlare di sciopero se l’astensione dal lavoro non è stata collettivamente decisa e attuata per la difesa di interessi comuni. Qualora le decisioni relative all’astensione e alle modalità di attuazione dello sciopero siano lasciate all’iniziativa individuale senza una pianificazione condivisa, si potrebbero creare condizioni di incertezza per il datore di lavoro, con possibili rischi per la sicurezza dei lavoratori o per la produttività dell’azienda.

In conclusione, uno o pochi lavoratori non possono, per protestare contro il datore di lavoro, non presentarsi in azienda o smettere di lavorare: sarebbero infatti passibili di sanzioni disciplinari o, nei casi più gravi, di licenziamento.

 
Pubblicato : 13 Settembre 2024 10:30