Si può revocare una donazione al coniuge per adulterio?
Quando il tradimento diventa un motivo di ingratitudine ed offesa, è legittima la richiesta di restituzione dei beni donati. Quali sono i modi e i termini per agire.
Accecato dal folle amore, hai donato un bell’appartamento a tua moglie; poi però lei ti ha tradito con un altro uomo, e non è stato un episodio occasionale: hanno instaurato una relazione extraconiugale. È un’onta grave che ti ha ferito profondamente, e vorresti rimediare facendogliela pagare in tutti i modi, dunque andando ben al di là della inevitabile separazione coniugale e del divorzio: infatti di regola le donazioni fatte sopravvivono alla fine del matrimonio. Per riottenere indietro l’immobile che avevi donato serve qualcosa di più: devi intraprendere una strada diversa rispetto alle consuete richieste che avvengono durante le cause di separazione e divorzio.
Ciò su cui vorresti far leva è che la tua mogliettina non era per niente la bella persona che credevi, e ora il tuo obiettivo è farti restituire tutti i beni che le avevi regalato nel corso del tempo, a partire da quell’immobile di cospicuo valore. Ma lei, ovviamente, non è disposta a farlo e vuole tenere tutta per sé la casa che ha ricevuto in piena proprietà, con un atto notarile che parla chiaro. Cosa si può fare in questi casi? L’appartamento è irrimediabilmente perduto o può esser recuperato in qualche maniera? Si può revocare una donazione al coniuge per adulterio?
Quando si può revocare una donazione?
Devi sapere che esiste un istituto previsto dalla legge per varie situazioni in cui il donante, a cose ormai fatte, si rende conto di avere mal riposto la sua fiducia regalando i suoi beni a chi in realtà non li meritava: è la revoca della donazione per ingratitudine, che a determinate condizioni può essere estesa anche alle donazioni fatte al coniuge che si è reso colpevole di infedeltà.
La restituzione dei beni donati, però, è ammessa solo in alcune ipotesi predeterminate dalla legge, perché prevedere un rimedio generale, e dunque la possibilità indiscriminata di ripensarci e così fare “retromarcia” sul gesto compiuto, riprendendosi immobili, valori ed oggetti, contrasterebbe con lo spirito di liberalità che caratterizza la donazione. L’attribuzione gratuita dei propri beni mediante un contratto di donazione va fatta senza contraccambio e ricompense, e quindi senza neanche aspettarsi gratitudine da parte di chi ha ricevuto il dono.
Perciò l’ingratitudine che consente la revoca di una donazione non coincide affatto con l’irriconoscenza, ma piuttosto con l’indegnità di ricevere e mantenere i beni donati. E ciò avviene specialmente quando il donatario ha commesso gravi azioni attraverso le quali ha leso gravemente la figura del donante, anche per fatti del tutto indipendenti dalla donazione fatta e successivi ad essa.
Revoca donazione per ingratitudine
A parte il classico caso di «sopravvenienza di figli» (quelli che il donante ignorava di avere nel momento in cui ha compiuto la donazione), l’art. 801 del Codice civile ammette la revoca della donazione soltanto in alcune specifiche (ma, come vedremo, non tassative) ipotesi di ingratitudine. Ecco quali sono:
- omicidio volontario, consumato o tentato, in danno del coniuge o di un suo discendente o ascendente (quindi, ad esempio, di un figlio, nipote, genitore o nonno della propria moglie), a meno che il fatto non sia stato compiuto per legittima difesa o necessità;
- denuncia calunniosa o testimonianza falsa, resa in un processo penale contro il donante, se relativa ad un reato punito con la pena dell’ergastolo o con la reclusione non inferiore a tre anni;
- «grave pregiudizio» arrecato dal donatario al patrimonio del donante (come il furto, la truffa o l’appropriazione indebita dei suoi beni);
- rifiuto indebito del donatario di versare gli alimenti nei casi previsti dalla legge;
- «ingiuria grave» compiuta verso il donante.
Tradimento e revoca della donazione
Quest’ultima ipotesi, l’ingiuria grave, è quella che ci interessa di più: il tradimento può essere considerato tale? Secondo la giurisprudenza prevalente e più recente sì: l’infedeltà matrimoniale commessa da chi aveva ricevuto una donazione dal proprio coniuge costituisce un valido motivo per revocare la donazione fatta.
Attenzione, però: non è sufficiente il tradimento in sé, nemmeno quando non è stato un episodio occasionale e si è tradotto in una relazione extraconiugale: occorre, invece, che quella condotta fedifraga abbia costituito una vera e propria offesa all’onore e al decoro del coniuge tradito (e che all’epoca aveva fatto la sua donazione al coniuge poi rivelatosi adultero).
Questa offesa viene ravvisata dalla Cassazione [1] quando la notizia del tradimento si diffonde all’interno della cerchia familiare e sociale del coniuge tradito, compreso il suo ambiente lavorativo, ed anche quando egli viene sbeffeggiato o denigrato direttamente proprio da chi ha compiuto l’infedeltà nei suoi confronti (ad esempio, con dei post pubblicati sui social).
Quanto tempo c’è per chiedere la revoca della donazione?
La domanda giudiziale di revoca della donazione per ingratitudine va proposta, ai sensi dell’art. 802 del Codice civile, entro un anno dal giorno in cui il donante è venuto a conoscenza del fatto che consente la revocazione: ad esempio, dal momento in cui ha avuto notizia del tradimento coniugale consumatosi nei suoi confronti anche in passato. Le uniche eccezioni a questo termine riguardano i casi di omicidio volontario e di doloso impedimento di revoca della donazione.
È importante osservare che la domanda di revoca della donazione può essere proposta, oltre che dal donante stesso, anche dai suoi eredi, per consentire di reintegrare il patrimonio loro spettante. E lo stesso principio vale se nel frattempo è morto il donatario: il donante può rivolgere la domanda di restituzione dei beni nei confronti degli eredi che li hanno ricevuti in successione, purché si rispetti sempre il termine di un anno che abbiamo indicato.
Approfondimenti
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