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Si può agire legalmente contro il datore per contributi non versati?

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(@angelo-greco)
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Scopri se un lavoratore può contestare il mancato versamento dei contributi previdenziali dal proprio datore di lavoro.

L’obbligo del datore di lavoro di versare i contributi previdenziali va commisurato non già alle ore riportate in busta paga, ma a quelle effettivamente lavorate. Pertanto, un dipendente con un contratto part-time che lavora come un full-time ha diritto a contributi calcolati sul monte ore effettivo. Se il lavoratore scopre che l’azienda non ha rispettato questo obbligo o lo ha fatto solo parzialmente, può agire in giudizio. Ma quando può farlo? Deve attendere la pensione o può farlo anche prima? Si può agire legalmente contro il datore per contributi non versati? Il dubbio interpretativo è stato risolto dalla Cassazione con la sentenza n. 11730/2024.

Il lavoratore può contestare il mancato versamento dei contributi?

La legge permette al lavoratore di agire contro il proprio datore di lavoro per accertare la debenza dei contributi previdenziali omessi, anche senza dover dimostrare un danno attuale, come la riduzione del trattamento pensionistico. Tale diritto si fonda sul principio secondo cui ogni lavoratore ha il diritto costituzionale di vedersi garantita l’integrità della propria posizione contributiva.

Non è necessario attendere la manifestazione di un danno legato alla pensione, né è obbligatorio coinvolgere l’INPS nel processo.

Queste sono le conclusioni a cui è giunta la Cassazione, che ha accolto il ricorso di un lavoratore.

Nel caso di specie un dipendente aveva fatto causa al proprio datore di lavoro poiché questi gli aveva versato i contributi in misura ridotta, ossia sulla base di un part-time, benché svolgesse mansioni a tempo pieno.

In primo e secondo grado, i giudici hanno rigettato il ricorso, ritenendo che non ci fosse un interesse attuale ad agire: il lavoratore infatti non aveva ancora raggiunto l’età pensionabile e quindi non poteva dimostrare un danno immediato legato ai contributi mancanti, essenziali per accedere alla pensione.

La disputa è stata portata davanti alla Cassazione, dove il dipendente ha sostenuto il proprio diritto incondizionato a ottenere una verifica giudiziale delle omissioni imputabili al datore di lavoro.

La Corte Suprema ha sovvertito le sorti del giudizio, riconoscendo il diritto per il lavoratore di richiedere la verifica del corretto e completo versamento dei contributi, correlati all’effettiva prestazione lavorativa, indipendentemente dal raggiungimento dei requisiti per la pensione.

In che modo si può agire legalmente per contributi non versati?

Il lavoratore, per agire, non deve per forza attendere che il danno si sia conclamato. Può cioè richiedere un accertamento giudiziale dell’omissione dei contributi in qualsiasi momento, ancor prima di andare in pensione e quindi della maturazione di qualsiasi diritto previdenziale. La Suprema Corte ha chiarito che il dipendente ha sempre l’interesse ad agire contro il datore di lavoro per l’accertamento dei contributi omessi.

Quali azioni legali per contributi non versati dal datore?

Per ottenere una sentenza favorevole, il lavoratore deve dimostrare l’irregolarità dei versamenti contributivi effettuati dal datore di lavoro.  Egli ha due vie legali: può optare per un’azione di condanna generica al risarcimento del danno secondo l’art. 2116 cod. civ., oppure può scegliere un’azione di mero accertamento dell’omissione contributiva. Entrambe le azioni sono volte a proteggere la posizione contributiva del dipendente di fronte a potenziali danni futuri.

Non è necessario integrare il contraddittorio nei confronti dell’Inps, poiché la questione riguarda un rapporto diretto tra lavoratore e datore.

Questo principio si basa sul fatto che, benché il dipendente non sia il creditore diretto dei contributi previdenziali, ha il diritto costituzionale di mantenere integra la propria posizione contributiva, e ogni omissione in tal senso costituisce un pregiudizio attuale.

Del resto, con l’introduzione del sistema contributivo, è nell’interesse del lavoratore assicurarsi che il maggior numero possibile di contributi venga accertato, dato che influenzerà direttamente l’ammontare della futura pensione.

Conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha stabilito che il dipendente, per proteggere il proprio diritto all’integrità della posizione contributiva, ha sempre l’interesse a procedere legalmente contro il datore di lavoro per verificare la correttezza dei contributi versati, anche se ancora è regolarmente assunto e sta lavorando. Non è necessario che si manifesti cioè un danno relativo alla prestazione pensionistica e che quindi sia andato in pensione.

 
Pubblicato : 3 Maggio 2024 11:45