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Si possono addebitare le diffide ai morosi?

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(@angelo-greco)
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L’addebito delle spese postali per i solleciti di pagamento ai condòmini morosi non può basarsi su una semplice delibera condominiale assunta a maggioranza.

La legge stabilisce che, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, l’amministratore debba avviare il recupero forzoso delle quote condominiali non versate dai morosi. Il primo atto che, in tali ipotesi, viene compiuto è l’invio di un sollecito di pagamento, anche se, secondo la giurisprudenza, la diffida non è obbligatoria e ben si potrebbe passare direttamente al ricorso per decreto ingiuntivo dinanzi al giudice. Di fatto però la lettera di messa in mora può evitare un procedimento lungo e costoso dinanzi alla collaborazione del debitore. Qui però sorge immancabilmente un dubbio: si possono addebitare le diffide ai morosi? Può cioè l’assemblea decidere di addossare le spese postali in capo ai condomini che non hanno pagato per tempo le quote costringendo l’amministratore al sostenimento dei costi di spedizione per le raccomandate a/r? Vediamo che dice la legge.

La giurisprudenza della Cassazione

La Cassazione ha stabilito chiaramente che le spese per i solleciti di pagamento non possono essere addebitate ai condòmini morosi, non almeno con una semplice delibera dell’assemblea presa a maggioranza. Si tratta infatti di normali spese condominiali che, come tutte le spese, vanno ripartite secondo i criteri fissati dall’articolo 1123 del codice civile ossia secondo millesimi. Qualsiasi deliberazione dell’assemblea in tal senso sarebbe nulla, come confermato dalla sentenza della Cassazione n. 21965 del 21 settembre 2017.

L’eccezione alla regola

L’unico caso in cui le spese potrebbero essere addebitate al singolo condomino è se la deliberazione viene adottata all’unanimità dai partecipanti al condominio, inclusi i condòmini morosi. Tuttavia, ciò è raro nella pratica, poiché l’articolo 1123 del Codice Civile impone la divisione per millesimi delle spese condominiali e non può essere derogato senza l’unanimità.

Un’altra ipotesi è quella di un’apposita previsione nel regolamento contrattuale di condominio (ossia il regolamento approvato anch’esso all’unanimità).

Dunque, in assenza di unanimità, le spese – anche quelle postali relative al recupero delle quote condominiali – devono essere divise secondo millesimi.

Le multe contenute nel regolamento

Il regolamento condominiale può concedere un termine per il pagamento delle rate scaduto il quale l’amministratore può applicare – previa autorizzazione dell’assemblea – una sanzione economica per come previsto dall’articolo 70 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile. Questo articolo prevede che per le infrazioni al regolamento di condominio può essere fissata una multa fino a 200 euro, che può arrivare fino a 800 euro in caso di recidiva.

La somma sarebbe devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. L’irrogazione della sanzione dovrebbe essere deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del Codice civile (500 millesimi e la maggioranza degli intervenuti).

Tuttavia non c’è uniformità di vedute: secondo alcuni testi, l’applicazione delle multe ai condomini che contravvengono al regolamento non può essere adottata per quanto riguarda il mancato versamento delle quote condominiali.

Che succede invece alle spese legali in caso di decreto ingiuntivo?

Diversa è l’ipotesi in cui il condominio agisca dinanzi al giudice per chiedere un decreto ingiuntivo contro i morosi. In tal caso, la spesa per l’eventuale anticipo dovuta all’avvocato graverà su tutti i condomini, compresi i morosi, secondo i rispettivi millesimi. Una volta però che il giudice ha accolto il ricorso ed emesso l’ingiunzione di pagamento, condannerà con questa il debitore a versare non solo le quote arretrate ma anche le spese legali sostenute dal condominio per l’avvocato.

 

 
Pubblicato : 27 Giugno 2023 07:15