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Sfruttamento del lavoro: ultime sentenze

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Condotta del datore di lavoro; violazione della normativa sugli orari di lavoro e i riposi; stato di necessità e bisogno dei lavoratori; retribuzione difforme dai contratti collettivi e sproporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato.

Violenza e minaccia nei confronti del soggetto costretto a tollerare orari di lavoro e retribuzione sproporzionate

Lo sfruttamento dell’attività lavorativa, in nero, di un soggetto, sottoponendolo a lavoro sproporzionato quantitativamente e qualitativamente in relazione alla paga corrisposta, per di più connotato da violenza verbale e minacce costanti, integra il reato di cui all’art. 603 bis comma 2 c.p., di sfruttamento del lavoro posto in essere dal datore di lavoro.

Tribunale Pescara, 19/07/2022, n.1414

Inchiesta sul caporalato

Da restituire ai soci lavoratori le azioni sequestrate nell’ambito di un’inchiesta sul reato di caporalato, se il loro mantenimento non incide sulla gestione di un’azienda. Un potere di “interferenza” escluso, oltre che dalla nomina di un amministratore giudiziario, anche dalle forti limitazioni previste dall’ordinamento delle società cooperative all’accumulo e al trasferimento delle quote societarie. E’ stato accolto il ricorso di 109 soci lavoratori di una cooperativa, contro il sequestro preventivo delle loro azioni, unito a quello dell’intera azienda, con nomina di un amministratore giudiziario.

Misure cautelari reali adottate in relazione a una serie di reati, tra i quali anche l’intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p.). Una condotta quest’ultima per la quale il sequestro preventivo è finalizzato alla confisca obbligatoria, come previsto dall’art. 603-bis c. 2 c.p. Ma per la Cassazione il sequestro va annullato: pur dando per acquisita la sistematicità delle condotte criminose attribuite alla società, resta imprecisato come la detenzione delle azioni da parte dei ricorrenti possa agevolarle.

Cassazione penale sez. IV, 13/07/2022, n.34602

Mancato pagamento dei tributi

In tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, è costituito da qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, com’è quello derivante dal mancato pagamento del tributo, degli interessi e delle sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario.

Cassazione penale sez. IV, 08/06/2022, n.29397

Caporalato: confisca obbligatoria delle somme risultato di un risparmio di spesa a danno di lavoratori sottopagati

È legittima la confisca obbligatoria, in forma diretta, delle somme, nella disponibilità degli amministratori, risultato di un risparmio di spesa a danno di lavoratori sottopagati, nell’ambito del reato di caporalato. Si estendono al reato di sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p.) gli stessi principi affermati per i reati tributari.

Chi non paga la giusta retribuzione ai lavoratori rispetto alle ore svolte, commette una frode che ha esattamente lo stesso fine che persegue chi emette fatture per operazioni inesistenti o non paga i tributi. Lo scopo è quello di non depauperare e dunque aumentare il patrimonio sociale. L’estensione del principio affermato per i reati tributari non si traduce in un’applicazione in malam partem.

Nella specie, l’accusa era di non rispettare le linee dettate dal contratto nazionale di lavoro, in tema di ferie, permessi e retribuzione oraria. Condotte che avevano portato, secondo gli indizi, a un accrescimento del patrimonio del ricorrente.

Un arricchimento del quale non aveva però usufruito l’incapiente struttura societaria, messa in liquidazione e cancellata dal registro delle imprese. Il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca obbligatoria, aveva quindi riguardato il solo patrimonio dell’indagato, al quale era stato sequestrato il denaro, come previsto per gli amministratori di una compagine in caso di reati tributari. La possibilità di collegare, secondo più riscontri, l’arricchimento personale alle azioni contestate, rende evidente il nesso di pertinenzialità tra il denaro sequestrato e l’attività illecita svolta. Elemento necessario ai fini del sequestro teso alla confisca diretta.

Cassazione penale sez. IV, 08/06/2022, n.29398

Reato di intermediazione illecita

L’art. 603-bis c.p. prevede che il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro si perfezioni attraverso modalità alternative che riguardano non solo l’assunzione, ma anche l’utilizzazione o l’impiego di manodopera. Si tratta di un reato istantaneo con effetti permanenti il cui perfezionamento si realizza anche attraverso l’impiego o l’utilizzazione della manodopera in condizioni di sfruttamento e con approfittamento dello stato di bisogno, onde la lesione del bene giuridico protetto dalla norma permane finché perdura la condizione di sfruttamento e approfittamento.

Cassazione penale sez. IV, 10/03/2022, n.24388

Sfruttamento del lavoro: stato di bisogno

Ai fini dell’integrazione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, lo stato di bisogno non va inteso come uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, bensì come una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, tale da limitare la volontà della vittima e da indurla ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose (nella specie, i lavoratori avevano prestato la loro attività per un numero di ore superiore a quello previsto nella contrattazione collettiva e, con la modifica unilaterale del contratto di lavoro, passando da un contratto subordinato “full -time” ad uno “part -time”, avevano continuato a lavorare per un numero di ore corrispondenti al contratto a tempo pieno, percependo la retribuzione prevista per i contratti part -time.

I dipendenti si erano visti costretti ad accettare le condizioni imposte per la necessità di mantenere un’occupazione, non esistendo, nel contesto in cui era maturata la vicenda, possibili reali alternative di lavoro).

Cassazione penale sez. IV, 10/03/2022, n.24388

Disapprovazione della condotta di sfruttamento

In tema di diffamazione, sussiste la scriminante dell’esercizio del diritto di critica sindacale e politica nel caso in cui, in un articolo pubblicato su un “blog” locale di chiaro orientamento politico (nella specie “Brescia anticapitalista”), si stigmatizzi come “sottocultura da letamaio” la reazione del datore di lavoro alle rivendicazioni salariali, giudizialmente riconosciute, degli operai, in buona parte immigrati, in quanto funzionale alla disapprovazione della condotta di sfruttamento e delle idee “razziste” espresse sul profilo “facebook” dal datore di lavoro.

Cassazione penale sez. V, 07/03/2022, n.17784

Sfruttamento con approfittamento dello stato di bisogno

Ciò che differenzia il reato di cui all’articolo 603-bis del Cp da quello di cui all’articolo 22, comma 12-bis, lettera c) del decreto legislativo n. 286 del 1998, è lo sfruttamento con «approfittamento dello stato di bisogno», che caratterizza la prima fattispecie incriminatrice, mentre l’altra, nel prevedere l’ipotesi dell’occupazione di lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno o con permesso scaduto aggravata dallo sfruttamento, come configurato ai sensi dell’articolo 603-bis, comma 3, del Cp, non fa riferimento alcuno all’approfittamento dello stato di bisogno, essendo lo sfruttamento con approfittamento dello stato di bisogno appunto punito più gravemente ai sensi dell’articolo 603-bis del Cp, indipendentemente dallo status giuridico del lavoratore e dalla regolarità del suo soggiorno in Italia.

Cassazione penale sez. IV, 23/02/2022, n.19143

Dolo eventuale dell’utilizzatore di manodopera

Integra l’elemento soggettivo del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro anche il dolo eventuale dell’utilizzatore di manodopera, ossia la consapevole accettazione del rischio che solo una parte residuale della retribuzione conferita all’intermediario venga poi effettivamente corrisposta ai lavoratori.

Cassazione penale sez. IV, 11/11/2021, n.45615

Indici di sfruttamento del lavoro

Ai fini della configurabilità del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, l’elencazione degli indici di sfruttamento di cui all’art. 603 bis, comma 3, c.p., che devono caratterizzare tanto l’attività di reclutamento quanto quella di utilizzazione, assunzione o impiego della manodopera, non ha carattere tassativo, potendo il giudice individuare ulteriori condizioni suscettibili di dare luogo alla condotta di abuso del lavoratore.

Cassazione penale sez. IV, 11/11/2021, n.7857

Interposizione illecita di manodopera

Il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro è finalizzato a proteggere i lavoratori da forme di sfruttamento derivanti dalla dissociazione tra il titolare formale dell’assunzione e l’effettivo beneficiario delle prestazioni lavorative; esso opera oggettivamente, ossia prescindendo dall’intento fraudolento o simulatorio delle parti. Ciò detto, l’interposizione illecita si configura anche in presenza di soggetti titolari di una propria organizzazione autonoma, che professionalmente abbiano assunto appalti regolari di opere e servizi, se la situazione lavorativa apparente non corrisponde a quella reale, con la conseguenza che i lavoratori sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze del soggetto che ne ha effettivamente utilizzato le prestazioni lavorative.

Tribunale Teramo sez. lav., 08/07/2021, n.363

Forme di sfruttamento lavorativo

In tema di protezione umanitaria – nei casi in cui “ratione temporis” sia applicabile l’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998 -, il giudice, nell’accertamento della condizione di vulnerabilità per seri motivi di salute, è tenuto a svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda di protezione, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile, attribuendo rilievo anche a forme di sfruttamento lavorativo – in relazione alle condizioni in cui si sviluppano, normalmente caratterizzate da forte precarietà, da isolamento ambientale e sociale, da scarsa regolazione del lavoro e conseguente sovraccarico anche emotivo, da estrema dipendenza dal datore di lavoro, fino a forme di coazione servile -, onde valutare se le stesse abbiano inciso, generando disturbi mentali, sul quadro psicologico del richiedente.

Cassazione civile sez. lav., 16/06/2021, n.17204

La concessione della protezione umanitaria

In materia di protezione internazionale, ove nella vicenda dedotta dal richiedente asilo sia ritenuto oggettivamente ravvisabile, sulla scorta degli indici individuati dalle Linee guida UNHCR, il forte ed attuale rischio, in caso di rimpatrio forzato, di esposizione allo sfruttamento sessuale o lavorativo nell’ambito del circuito della tratta di esseri umani, sì da ritenere sussistenti i presupposti per la segnalazione dei delitti ex art. 600 e 601 c.p. e per la segnalazione ai sensi dell’art. 32, comma 3-bis, del d.lgs. n. 25 del 2008, ricorre una condizione di vulnerabilità personale valorizzabile ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria anche ove tale condizione non sia esplicitamente riconosciuta dall’istante.

Cassazione civile sez. II, 27/01/2021, n.1750

Braccianti indebitamente sfruttati

Ai fini della punibilità del reato di cui all’art. 603-bis c.p. è irrilevante il fatto che l’agente non abbia mai preteso alcun compenso dai braccianti indebitamente sfruttati, se l’attività di reperimento e trasporto dei lavoratori sul luogo di lavoro, tipica del ‘caporale’, sia svolta in favore di chi ‘sfrutta’ illecitamente il lavoro dei braccianti approfittando del loro stato di bisogno.

Cassazione penale sez. IV, 12/05/2021, n.25083

Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro: lo stato di bisogno

Ai fini dell’integrazione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, lo stato di bisogno non va inteso come uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, bensì come una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, tale da limitare la volontà della vittima e da indurla ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto immune da censure il provvedimento impugnato che aveva ravvisato lo stato di bisogno nella condizione di difficoltà economica delle vittime, capace di incidere sulla loro libertà di autodeterminazione, trattandosi di persone non più giovani e non particolarmente specializzate, e quindi prive della possibilità di reperire facilmente un’occupazione lavorativa).

Cassazione penale sez. IV, 16/03/2021, n.24441

Accettazione di condizioni particolarmente svantaggiose

In tema di sfruttamento del lavoro, lo stato di bisogno va identificato non con uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma come un impellente assillo e, cioè una situazione di grave difficoltà, anche temporanea, in grado di limitare la volontà della vittima, inducendola ad accettare condizioni particolarmente svantaggiose. Risulta, quindi, del tutto corretta l’opzione interpretativa che ha ravvisato nella condizione delle vittime (non più giovani e/o non particolarmente specializzate e, quindi, prive della possibilità di reperire facilmente un’occupazione lavorativa) una condizione di difficoltà economica capace di incidere sulla loro libertà di autodeterminazione a contrarre.

Cassazione penale sez. IV, 16/03/2021, n.24441

Reato di sfruttamento del lavoro

Ai fini della integrazione del reato di cui all’articolo 603-bis del Cp, è sufficiente la sussistenza anche di uno soltanto degli indici di sfruttamento del lavoro contemplati dalla norma, che sono previsti chiaramente, in base alla lettera della legge, come alternativi (nella specie, relativa a vicenda cautelare, il reato è stato ravvisato a carico di indagato cui era stato contestato di avere impiegato manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento, attesa la reiterata retribuzione in modo difforme dai contratti collettivi e sproporzionata rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato).

Cassazione penale sez. IV, 02/02/2021, n.6905

Sfruttamento di lavoratori e caporalato

È sufficiente, ai fini della integrazione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, la sussistenza di uno soltanto degli indici contemplati dall’art. 603-bis c.p., che sono previsti chiaramente, in base alla lettera della legge, come alternativi.

Cassazione penale sez. IV, 02/02/2021, n.6905

Illecito sfruttamento di tre lavoratori

La misura del controllo giudiziario d’azienda che, nei procedimenti per i reati previsti dall’articolo 603-bis del codice penale, è applicabile, in sostituzione del sequestro, qualora l’interruzione dell’attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso aziendale (cfr. articolo 3 della legge 29 ottobre 2016 n. 199), è rimessa all’apprezzamento del giudice, e non è oggetto di un obbligo, perché è subordinata alla verifica della sussistenza delle anzidette condizioni (nella specie, la Corte ha ritenuto correttamente motivato il diniego del controllo d’azienda, perché l’ordinanza impugnata aveva satisfattivamente spiegato le ragioni prevalenti che sconsigliavano il controllo, valorizzando l’interesse dello Stato a impedire la prosecuzione del reato, considerato prevalente rispetto alla continuità dell’azienda, tenuto conto delle dimensioni ridotte dell’attività d’impresa e della necessità di interrompere l’illecito sfruttamento di tre lavoratori impiegati presso la stazione di autolavaggio gestita dalla piccola impresa dell’indagato).

Cassazione penale sez. IV, 27/01/2021, n.6894

Reato di sfruttamento del lavoro: configurabilità

La mera condizione di irregolarità amministrativa del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, accompagnata da situazione di disagio e di bisogno di accedere alla prestazione lavorativa, non può di per sé costituire elemento valevole da solo ad integrare il reato di cui all’art. 603-bis cod. pen. caratterizzato, al contrario, dallo sfruttamento del lavoratore, i cui indici di rilevazione attengono ad una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore, resa manifesta da profili contrattuali retributivi o da profili normativi del rapporto di lavoro, o da violazione delle norme in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, o da sottoposizione a umilianti o degradanti condizioni di lavoro e di alloggio.

Tribunale La Spezia sez. uff. indagini prel., 02/11/2020

Violazione della normativa sugli orari di lavoro e sui riposi

Integra il reato di sfruttamento del lavoro la condotta del datore di lavoro consistente nel sottoporre il dipendente a un regime di sfruttamento, desumibile dall’esistenza di indici quali la reiterata violazione della normativa sugli orari di lavoro e i riposi, nonché la mancata predisposizione delle dovute misure di sicurezza, approfittando dello stato di bisogno di lavoratori, in riferimento alla situazione di clandestinità degli stessi.

Cassazione penale sez. V, 12/01/2018, n.17939

Reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro

In tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il reato di cui all’art. 603 bis, cod. pen., nel testo precedente alla legge di modifica 29 ottobre 2016, n. 199, richiede “l’attività organizzata” di intermediazione come modalità della condotta, che non richiede necessariamente la forma associativa ma deve svolgersi in modo non occasionale, attraverso una strutturazione che comporti l’impiego di mezzi.

(In motivazione, la Corte, applicando, perchè più favorevole, la formulazione precedente alla novella del reato di cui all’art. 603 bis cod. pen., ha ritenuto sussistente il requisito dell’attività organizzata di intermediazione nei confronti dei due imputati, i quali curavano tutti gli aspetti organizzativi del lavoro in condizioni di sfruttamento di alcuni braccianti agricoli).

Cassazione penale sez. V, 23/11/2016, n.6788

Permesso di soggiorno per particolare sfruttamento lavorativo

Il permesso di soggiorno per “particolare sfruttamento lavorativo” è un tipo di permesso di soggiorno per ragioni umanitarie che può essere concesso al lavoratore straniero che, trovandosi in una situazione di particolare sfruttamento lavorativo, abbia presentato denuncia contro il proprio datore di lavoro e cooperi nel procedimento penale instaurato a suo carico.

Lo sfruttamento sussiste in presenza di condizioni lavorative, incluse quelle risultanti da discriminazione di genere e di altro tipo, in cui vi è una palese sproporzione rispetto alle condizioni di impiego dei lavoratori assunti legalmente, che incide, ad esempio, sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori ed è contraria alla dignità umana. In tutti questi casi – che sono particolarmente delicati e meritevoli di tutela – non si può certamente dubitare della natura della posizione soggettiva del richiedente come “diritto soggettivo” da annoverare tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione apprestata dall’art. 2 Cost. e dall’art. 3 CEDU, che non è affievolibile per atto della p.a.

Di qui la conseguenza che, ai fini del relativo rilascio, secondo i principi generali, al Questore non è più attribuita alcuna discrezionalità valutativa, essendo il suo ruolo limitato all’accertamento della sussistenza dei presupposti di fatto legittimanti il rilascio del permesso di soggiorno, nell’esercizio di una mera discrezionalità tecnica, poiché il bilanciamento degli interessi e delle situazioni costituzionalmente tutelate è riservato al legislatore.
Fonte:

Cassazione civile sez. un., 11/12/2018, n.32044

Divieto di intermediazione e interposizione

In tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603 bis c.p.) deve ritenersi carente la motivazione sulla base della quale si affermi la configurabilità di detto reato avendo riguardo soltanto agli elementi indicativi dello sfruttamento (quali, nella specie -trattandosi di operai distaccati da altre imprese- un orario di lavoro largamente superiore alla regola delle otto ore giornaliere, la corresponsione di metà della retribuzione dovuta, essendo l’altra metà destinata ai titolari delle imprese distaccanti, il mancato riconoscimento del diritto alle ferie ed alle assenze per malattia), senza che risulti dimostrata la sussistenza anche dell’altro necessario elemento, costituito dall’impiego di violenza, minaccia o intimidazione.

Cassazione penale sez. V, 18/12/2015, n.16735

Subappalto di lavori pubblici

In tema di subappalto di lavori pubblici, l’art. 18, comma 4, della legge n. 55 del 1990 (nel testo vigente “ratione temporis”), imponendo all’impresa aggiudicataria di praticare, per le opere affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con ribasso non superiore al venti per cento, persegue la specifica finalità, di ordine pubblico, di impedire un eccessivo frazionamento dell’operazione economica con finalità di sfruttamento del lavoro, dovendosi valutare il rispetto di tale soglia, onde evitare effetti elusivi della normativa, con riguardo non ai prezzi di mercato ma soltanto al corrispettivo determinato nel contratto ovvero al nuovo prezzo che, relativamente ai lavori subappaltati, committente ed appaltatrice abbiano concordato nel corso dell’esecuzione del rapporto.

Cassazione civile sez. I, 12/02/2016, n.2814

Stato di bisogno o di necessità dei lavoratori

In tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il reato di cui all’art. 603 bis c.p., punisce tutte quelle condotte distorsive del mercato del lavoro, che, in quanto caratterizzate dallo sfruttamento mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, non si risolvono nella mera violazione delle regole relative all’avviamento al lavoro sanzionate dall’art. 18 d.lg. 10 settembre 2003 n. 276.

(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto integrato il requisito della intimidazione nella rinuncia dei lavoratori stranieri, privi di adeguati mezzi di sussistenza, a richiedere il pur irrisorio compenso pattuito con l’agente, per il timore di non essere più chiamati a lavorare).

Cassazione penale sez. V, 04/02/2014, n.14591

Sfruttamento del lavoro domestico

Lo sfruttamento del lavoro domestico in violazione dei diritti salariali di un lavoratore subordinato, in origine minorenne ed affidato dalla famiglia di provenienza ad altra famiglia, pur esercitato con violenza e minaccia sopra il medesimo, non integra di per sè il delitto di riduzione in schiavitù, ma i diversi reati di maltrattamenti in famiglia e di estorsione quando non sia accompagnato da una condizione concreta di segregazione materiale del sottomesso, e di godimento da parte del soggiogante esteso in maniera incondizionata a tutte le possibilità di sfruttamento della persona assoggettata tale da configurare una riduzione in schiavitù.

Tribunale Nuoro, 20/01/1994

Sfruttamento del lavoro agricolo

Il divieto di subaffitto o di subconcessione del fondo, stabilito dall’art. 21 della l. 3 maggio 1982 n. 203, per l’affittuario coltivatore diretto, non ha lo scopo di tutelare un qualche diritto soggettivo del concedente con riguardo all’obbligo di normale e razionale coltivazione del fondo a norma dell’art. 5 della stessa legge, ma quello di protezione degli interessi del lavoratore effettivo della terra, evitando ogni forma di intermediazione e di sfruttamento del lavoro agricolo.

Cassazione civile sez. III, 08/03/1991, n.2471

Correttezza professionale

La correttezza professionale di cui al n. 3 dell’art. 2598 c.c. va individuata nel rispetto delle norme di comportamento che, informandosi ai principi dell’ordinamento in tema di corrispettività del profitto e di illecità dello sfruttamento del lavoro o iniziativa altrui, vietano che la concorrenza sia artificiosamente alterata in conseguenza di elementi che non dipendono dalla qualità del prodotto e dalla originalità o economicità del sistema di produzione, ma dall’appropriazione del risultato di un’attività altrui.

Corte appello Venezia, 25/08/1989

Concorrenza sleale per sfruttamento del lavoro

L’utilizzazione, da parte di un editore, della composizione tipografica (nella specie, mediante fotocopiatura) di un’opera stampata da altro editore, senza il consenso di questi, costituisce atto di concorrenza sleale per sfruttamento del lavoro e della creatività del concorrente (concorrenza parassitaria o sincronica).

Tribunale Verona, 17/06/1989

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Pubblicato : 5 Dicembre 2022 06:30