Scarico rumoroso del vicino: che fare?
Diritto al risarcimento del danno biologico per inquinamento acustico: che fare se dall’appartamento di uno dei condomini provengono rumori molesti.
Ti è mai capitato di alzarti, nel cuore della notte, molestato dal rumore dello scarico del bagno del vicino? Cosa potresti fare se, anche durante le ore diurne, dovessi essere in grado di conoscere le abitudini fisiologiche di chi abita accanto o sopra di te? Sul punto è intervenuta una recente ordinanza della Cassazione, la numero 24741/2023 che rappresenta un punto di svolta significativo.
Indubbio che, dinanzi a un rumore intollerabile, il giudice possa emettere un ordine di cessazione dello stesso, con conseguente onere per il proprietario dell’immobile di adottare tutte le misure volte a ridurlo o a insonorizzare l’ambiente. Il punto si è posto in merito alla quantificazione del danno: se questo dovesse limitarsi solo al danno patrimoniale (per la riduzione del valore dell’abitazione) o potesse spingersi anche a quello non patrimoniale, considerando la lesione alla salute.
Vediamo dunque, più da vicino, che fare dinanzi allo scarico rumoroso del vicino. In questo breve articolo, oltre a commentare la pronuncia della Suprema Corte, vedremo quali azioni intraprendere per tutelare il proprio diritto al silenzio. Ma procediamo con ordine.
La diffida
Ogni azione giudiziale dovrebbe essere preceduta sempre da un tentativo di conciliazione con la controparte per evitare di intraprendere procedure costose di cui si potrebbe fare a meno. Sarà quindi bene informare il vicino della molestia, invitarlo a visionare l’immobile con un proprio tecnico al fine di consentirgli di verificare la veridicità delle contestazioni.
Le parti potranno concordare così le modalità più opportune per eliminare l’inconveniente.
La perizia prima dell’azione legale
Nel caso in cui il precedente tentativo non dovesse sortire effetti, bisogna rivolgersi necessariamente al giudice. Tuttavia, orima di avviare una causa bisognerebbe sempre essere certi dell’esistenza del proprio diritto. A tal fine la legge non stabilisce una soglia precisa oltre la quale il rumore si considera illecito. Genericamente l’articolo 844 del codice civile definisce come vietati tutti i rumori che superano la normale tollerabilità. Il che – secondo molti giudici – si risolve tecnicamente nel valutare se detto rumore supera di oltre due decibel il rumore di fondo, quello cioè proveniente dall’esterno della casa.
Per fare ciò però è necessaria la consulenza di un tecnico. Atteso dunque che il giudice si limiterà a delegare il compito a un perito del settore per poi fare proprie le sue conclusioni e decidere di conseguenza, sarà bene anticipare tale attività a una fase prima del giudizio. Dunque, chi intende agire contro il vicino deve prima procurarsi la prova dell’intollerabilità del rumore. A tal fine è consigliabile procurarsi una perizia giurata, redatta da un esperto (come un tecnico del suono, un ingegnere o un architetto) da esibire in un eventuale giudizio successivo.
L’azione legale
La procedura civile conosce diverse forme che il giudizio può assumere per contrastare i rumori provenienti dall’appartamento del vicino.
Uno di questi è il cosiddetto accertamento tecnico preventivo (ATP). Ci si rivolge al giudice con ricorso affinché nomini subito un tecnico che rediga una perizia (la cosiddetta CTU, la consulenza tecnica d’ufficio). È una sorta di anticipazione della fase delle prove. Con il risultato dell’indagine già noto a tutti, si potrà poi valutare se proseguire la causa o trovare un accordo che impedisca la condanna alle spese processuali.
Una seconda forma è il procedimento d’urgenza che consente, in tempi brevi, di ottenere quantomeno una condanna volta a impedire il ripetersi delle condotte moleste (senza tuttavia liquidare anche i danni). Il giudice potrebbe anche stabilire una somma da versare a titolo di penalità per ogni giorno di ritardo rispetto all’esecuzione dell’ingiunzione del tribunale.
La terza strada è la causa ordinaria, con tanto di istruttoria e di quantificazione del risarcimento. Sicuramente è la via più lunga ma anche quella che consente un’analisi più completa della domanda del danneggiato.
Il risarcimento del danno
Veniamo ora alla pronuncia della Cassazione. Lo scarico rumoroso del vicino può avere effetti devastanti sulla qualità della vita. Può causare stress, insonnia e persino danni fisici. Ma fino a poco tempo fa, il risarcimento per questo tipo di disturbo era un territorio incerto.
La recente ordinanza della Suprema Corte, la numero 24741/2023, rappresenta una svolta significativa. La Cassazione ha infatti precisato che uno scarico del water rumoroso può provocare un’aggressione fisica tale da comportare nel danneggiato gravi conseguenze fisiche e psicologiche e da alterare la sua vita di relazione: tale danno comporta il risarcimento con una voce specifica, di danno biologico, che non può essere assorbita nel generico danno patrimoniale.
La vicenda ha riguardato il caso di un condomino che ha dovuto affrontare rumori insopportabili provenienti dal bagno del piano superiore. Inizialmente, il Tribunale di Milano aveva condannato il danneggiante a effettuare i lavori necessari per eliminare la molestia acustica (si trattava della ricostruzione del locale bagno sulla base di specifiche indicazioni tecniche). Il giudice tuttavia aveva respinto la richiesta di risarcimento del danno biologico nonostante la consulenza tecnica medico-legale avesse accertato una menomazione dell’integrità psico-fisica dell’attore (quantificando l’invalidità permanente nella misura del 6%) a causa dell’inquinamento acustico.
La Cassazione ha invece riconosciuto l’importanza del danno biologico causato dal rumore. Nonostante il Tribunale avesse sostenuto che il danno poteva essere attribuito anche alla personalità dell’attore, la Cassazione ha sottolineato che il danno biologico era un fatto concreto e che il rumore aveva contribuito ad esso.
La Cassazione perciò ha annullato la sentenza e ha rinviato la decisione al giudice di appello per la liquidazione del danno non patrimoniale, per verificarne persistenza e entità, attraverso l’accertamento dell’esecuzione degli interventi ordinati alla condòmina e, in caso affermativo, della cessazione o riduzione dei rumori molesti.
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