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Sanzioni disciplinari datore di lavoro: quali sono?

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(@mariano-acquaviva)
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In cosa consiste il potere disciplinare del datore? Quando si applica il licenziamento? Come si impugnano i provvedimenti del capo?

Il datore di lavoro può punire il dipendente che si è reso inadempiente ai propri doveri, applicando provvedimenti proporzionali all’entità dell’infrazione. Si può andare quindi dal mero rimprovero verbale fino al licenziamento in tronco. È in questo preciso contesto che si pone la seguente domanda: quali sono le sanzioni disciplinari del datore di lavoro?

Come vedremo, esse possono essere suddivise sostanzialmente in due tipologie, a cui fare ricorso solamente nelle ipotesi in cui siano effettivamente giustificate dalla violazione contrattuale del lavoratore. Ma procediamo con ordine.

Cosa sono le sanzioni disciplinari?

Per “sanzioni disciplinari” si intendono i provvedimenti che il datore può adottare nei confronti del lavoratore inadempiente.

Le sanzioni disciplinari sono pene private, nel senso che possono essere comminate in virtù di un rapporto giuridico privato: quello lavorativo.

È pur vero che l’inadempimento di un dipendente può costituire, allo stesso tempo, anche un illecito pubblico.

Si pensi, ad esempio, al lavoratore che commette un furto in azienda. In un’ipotesi del genere il datore sarebbe più che legittimato ad adottare una sanzione disciplinare (nella specie, il licenziamento), ma la stessa si fonderebbe non sulla violazione della norma penale bensì dell’obbligo di correttezza e lealtà nei confronti dell’azienda.

Quali sono le sanzioni disciplinari?

Come anticipato in apertura, le sanzioni disciplinari possono suddividersi in due tipologie:

  • conservative, così definite in quanto non comportano la perdita del posto del lavoro. Si tratta del rimprovero verbale, dell’ammonizione scritta, della multa e della sospensione. Il trasferimento non può invece essere disposto a titolo di sanzione disciplinare;
  • non conservative (o estintive), riconducibili sostanzialmente alle diverse ipotesi di licenziamento.

Sanzioni conservative: quando si applicano?

Di seguito i casi in cui si applicano le sanzioni disciplinari di tipo conservativo:

  • il rimprovero verbale si applica per le violazioni più lievi. Come vedremo, il datore può comminarla senza seguire una particolare procedura, in quanto la stessa non lascia traccia nella storia professionale del lavoratore;
  • l’ammonizione scritta si applica per inadempimenti lievi per i quali, però, è insufficiente il semplice rimprovero verbale;
  • la multa è una sanzione più grave che consiste in una trattenuta in busta paga dell’importo equivalente al massimo a quattro ore di retribuzione;
  • la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione è la sanzione conservativa più grave, consistente nell’interruzione del pagamento della retribuzione per l’intera durata della sanzione, che comunque non può superare il limite massimo di dieci giorni.

Licenziamento: quando si applica?

Il licenziamento rappresenta l’unica sanzione disciplinare non conservativa o estintiva del rapporto di lavoro. Può applicarsi solamente:

  • per ragioni oggettive o aziendali, quando il datore deve necessariamente tagliare il personale, ad esempio per il calo del fatturato o la chiusura di alcune unità produttive;
  • per un inadempimento del dipendente che fa venir meno la fiducia del datore nei suoi riguardi. Si parla in questi casi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo. Se la violazione è talmente grave da non consentire il rispetto del periodo di preavviso, si parla di licenziamento in tronco o per giusta causa.

Chi valuta l’adeguatezza della sanzione disciplinare?

Le sanzioni disciplinari sono legittime solamente se commisurate all’inadempimento contestato al dipendente.

Sarebbe del tutto illecito un licenziamento intimato per cinque minuti di ritardo.

In linea di massima, spetta al datore valutare l’adeguatezza della sanzione disciplinare all’illecito commesso dal dipendente.

In ciò il datore può essere aiutato dalle previsioni normative contenute nel contratto e/o nel codice disciplinare, le quali possono fornire indicazioni sul tipo di sanzioni da applicare a seconda della violazione contrattuale.

A tal proposito, lo Statuto dei lavoratori [1] afferma che le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata e alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti.

In linea di massima, comunque, spetta al datore di lavoro decidere quando comminare una sanzione piuttosto che un’altra.

Il principio è sempre lo stesso: le sanzioni disciplinari devono essere proporzionate alla gravità dell’infrazione commessa.

Come si applicano le sanzioni disciplinari?

Ad eccezione del rimprovero verbale, l’applicazione delle sanzioni disciplinari avviene seguendo una procedura precisa.

Innanzitutto, la contestazione dell’illecito va fatta per iscritto e deve riguardare un comportamento vietato dalla legge, dal contratto o dal codice disciplinare (necessariamente portato a conoscenza del lavoratore mediante affissione in azienda, come detto nel precedente paragrafo).

La contestazione deve essere:

  • immediata, nel senso che deve essere fatta non appena il datore di lavoro acquisisce compiuta conoscenza del comportamento illegittimo del lavoratore;
  • specifica, nel senso che deve essere riportato nel dettaglio il comportamento addebitato al lavoratore, così da consentirgli di difendersi adeguatamente.

La contestazione contiene l’invito al lavoratore a fornire giustificazioni; se queste non vengono accolte o se non vengono fornite il datore di lavoro, decorsi cinque giorni dalla contestazione, si applica la sanzione disciplinare.

Come si impugna una sanzione disciplinare?

Il lavoratore può impugnare formalmente la sanzione disciplinare, qualora ritenga che la stessa sia ingiusta. I rimedi sono sostanzialmente due: l’arbitrato oppure il ricorso al giudice del lavoro.

Nella prima ipotesi, il dipendente ha 20 giorni dal momento dell’irrogazione della sanzione per rivolgersi all’Ispettorato del lavoro al fine di chiedere la nomina di un collegio di conciliazione che decida sulla controversia.

Ricevuta la richiesta, l’Ispettorato del lavoro invita l’azienda a nominare, entro 10 giorni, un proprio rappresentante in seno al collegio arbitrale e, contemporaneamente, invita datore e lavoratore a nominare un terzo membro del collegio; se non trovano l’accordo, la designazione viene fatta direttamente dall’Ispettorato del lavoro.

Il lavoratore ha inoltre 10 anni per fare ricorso al giudice, nel caso in cui si ritenga leso dalla sanzione disciplinare ingiusta.

Come si impugna il licenziamento?

Se la sanzione disciplinare è il licenziamento, la procedura da seguire per impugnare il provvedimento datoriale è decisamente diversa.

Il dipendente ha 60 giorni di tempo per contestare, per iscritto, il licenziamento che gli è stato intimato. Nei successivi 180 giorni, se non è stata trovata una soluzione bonaria, deve depositare ricorso presso il giudice del lavoro, il quale valuterà la legittimità della massima sanzione disciplinare.

 
Pubblicato : 21 Novembre 2023 18:30