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Riparto spese in condominio: l’assemblea può modificare i criteri?

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(@angelo-greco)
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È nulla la delibera dell’assemblea che modifica, anche per il futuro, il criterio di riparto delle spese condominiali in deroga ai millesimi.

Quando parliamo di gestione delle spese in un condominio, ci imbattiamo spesso in questioni complesse e talvolta controversie. La ripartizione delle spese tra i condomini, regolamentata sia dalla legge che dal regolamento interno al condominio, può generare dubbi e dispute. La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 29071 del 19 ottobre 2023 chiarisce un aspetto cruciale: l’assemblea può modificare i criteri di riparto delle spese condominiali? E se sì, con quale maggioranza? Ci si può opporre a una delibera che deroghi alla regola dei millesimi, stabilendo ad esempio un pagamento per quote uguali o esonerando alcuni condomini dal pagamento? Cerchiamo di fare il punto della situazione.

Come si dividono le spese condominiali?

Ai sensi dell’articolo 1123 del codice civile, le spese condominiali si dividono secondo millesimi di proprietà.

Non è quindi possibile ripartire le spese per quote uguali a meno che non lo preveda:

  • una delibera dell’assemblea approvata all’unanimità;
  • un regolamento di condominio “contrattuale” (ossia approvato all’unanimità dall’assemblea oppure allegato a tutti gli atti di compravendita).

Il codice stabilisce poi che, quando si tratta di servizi condominiali destinati a servire i condomini in misura diversa (si pensi all’ascensore utilizzato maggiormente da chi vive ai piani alti) la ripartizione deve tenere conto del maggiore o minore uso che ciascuno può farne. Proprio per questo vengono stilate apposite tabelle millesimali per tali servizi.

Infine, quando un edificio è composto da più scale o palazzi, ciascun condomino risponde delle spese per le opere o gli impianti che servono il suo appartamento. Così, ad esempio, i condomini della scala A non pagheranno la manutenzione dell’ascensore della scala B.

L’assemblea può modificare i criteri di ripartizione delle spese condominiali?

Sì, come detto l’assemblea può modificare il criterio di ripartizione delle spese, derogando al criterio dei millesimi.

È tenuta a farlo quando le tabelle sono il frutto di un errore o quando c’è stata una modifica di una parte dell’edificio (ad esempio in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari). Deve però risultare alterato più di un quinto del valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino.

In questi due casi la modifica avviene con delibera dell’assemblea adottata con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio (cioè almeno 500 millesimi).

Ma, al di là di queste due ipotesi, l’assemblea potrebbe decidere di derogare al criterio dei millesimi stabilendo, ad esempio:

  • la ripartizione di una spesa per quote uguali;
  • l’esenzione di uno o più condomini dalla partecipazione a una spesa;
  • la riduzione della quota di uno o più condomini da una determinata spesa.

Poiché tutte queste ipotesi integrano una deroga al principio generale dei millesimi sancito dal predetto articolo 1123 cod. civ., la delibera è valida solo se assunta all’unanimità.

Se la delibera è presa a semplice maggioranza è possibile opporsi ad essa e contestarla in giudizio.

L’unanime manifestazione di volontà di modificare gli esistenti criteri di riparto può essere raggiunta anche al di fuori dell’assemblea, ad esempio con un documento sottoscritto da tutti i condomini anche in tempi diversi (si pensi a un contratto fatto girare tra i proprietari degli appartamenti e da questi, di volta in volta, firmato).

Il condomino che non ha potuto partecipare, personalmente o per delega, all’assemblea può successivamente comunicare a tutti i condomini il proprio consenso alla modifica dei criteri al criterio di riparto delle spese con i mezzi più idonei (Cassazione 21086/2022). Non rileva dunque l’attività dell’assemblea, ma la formazione di un valido accordo unanime, che può legittimamente perfezionarsi attraverso un’adesione postuma da parte dell’assente: il suo consenso si aggiunge a quello espresso da chi ha partecipato all’assemblea, andando così a realizzare l’unanimità richiesta per la validità della decisione pur in origine viziata.

Come contestare una delibera dell’assemblea che deroga ai millesimi?

Se la delibera che modifica i criteri di riparto viene adottata a semplice maggioranza anziché all’unanimità è possibile presentare opposizione al giudice:

  • entro 30 giorni dalla delibera (o, per gli assenti, dalla comunicazione del verbale), se essa riguarda una singola annualità;
  • senza termini, e dunque in qualsiasi momento, se la delibera stabilisce o modifica i generali criteri di ripartizione delle spese per renderli definitivamente applicabili anche in futuro.

Giurisprudenza

In tema di condominio, la convenzione sulla ripartizione delle spese in deroga ai criteri legali deve essere approvata da tutti i condomini, ha efficacia obbligatoria solo tra le parti (mentre non vincola i loro aventi causa), è modificabile unicamente tramite un nuovo consenso unanime e presuppone una dichiarazione di accettazione avente valore negoziale, espressione di autonomia privata. Questa prescinde dalle formalità richieste per lo svolgimento del procedimento collegiale che regola l’assemblea e può perciò manifestarsi anche mediante successiva adesione al contratto, con l’osservanza della forma prescritta per quest’ultimo.

Cassazione, ordinanza 21086 del 4 luglio 2022

Sono meramente annullabili le deliberazioni dell’assemblea che riguardano la ripartizione in concreto tra i condòmini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi. Si tratta infatti di deliberazioni assunte nell’esercizio delle attribuzioni assembleari che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza di 30 giorni (articolo 1137, comma 2, del Codice civile).

Cassazione a Sezioni Unite, sentenza 9839 del 14 aprile 2021

 
Pubblicato : 31 Ottobre 2023 11:15