Rifiuti accumulati e disservizi: come denunciare il Comune
Spazzatura non raccolta dal Comune: come ottenere l’esenzione dal pagamento della Tari, la tassa rifiuti.
La Tari, ossia la tassa sulla spazzatura, è collegata a un servizio costituito appunto dalla raccolta dei rifiuti che viene effettuata dal Comune attraverso l’appalto a cooperative o a società esterne, a volte municipalizzate. Se questo servizio non viene erogato correttamente il contribuente non solo ha diritto ad ottenere una riduzione della tassa ma può anche, segnalato il disagio al Comune, presentare un esposto alla Procura della Repubblica affinché accerti le eventuali responsabilità. Ma procediamo con ordine e vediamo come denunciare il Comune in caso di rifiuti accumulati e disservizi nella raccolta della spazzatura.
Diffida al Comune
La prima cosa da fare, nel caso in cui la raccolta dei rifiuti venga omessa per più giorni è inviare una diffida al Comune. Lo si può fare con lettera consegnata a mani e debitamente protocollata, con una raccomandata a/r oppure con una PEC (ossia un’email di posta elettronica certificata).
La diffida dovrà indicare chiaramente la zona ove avviene il disservizio e la durata dello stesso (ad esempio bisognerà far presente quand’è stata l’ultima volta che il carro dei rifiuti ha ritirato i sacchetti della spazzatura).
È opportuno mettere in conoscenza anche l’Asl, l’azienda sanitaria, chiedendo a quest’ultima di effettuare i controlli sui luoghi e accertare l’eventuale situazione di pericolo per la salute pubblica (assenza di igiene, presenza di animali randagi come ratti, gatti o cani). La comunicazione potrà essere corredata da fotografie che attestino lo stato dei luoghi.
Nella diffida si deve intimare al Comune di intervenire prontamente dandogli un termine massimo, che di solito è di sette giorni lavorativi).
Per un modello di lettera è possibile consultare il box al termine dell’articolo Disservizi raccolta rifiuti.
La denuncia del Comune
Se la diffida non dovesse sortire effetti si può presentare un esposto presso la Procura della Repubblica che dovrà accertare l’eventuale sussistenza di reati. A tal fine, sarà bene allegare la documentazione fotografica o i filmati che dimostrino l’emergenza rifiuti.
Sarà poi il PM a condurre le indagini e a verificare se sussista qualche illecito penale. Il cittadino non dovrà preoccuparsi di null’altro.
La richiesta di risarcimento danni
È anche possibile intentare una causa contro il Comune e/o contro la società che gestisce la raccolta dei rifiuti chiedendo un risarcimento del danno per le esalazioni di odori superiore alla normale tollerabilità, per la presenza di animali e per l’impossibilità di godere della propria dimora per via dell’aria irrespirabile.
In tale ipotesi bisogna però avviare un giudizio civile anticipando le spese processuali.
La riduzione della Tari
La riduzione della tassa sui rifiuti (Tari) è obbligatoria se il servizio pubblico, malgrado sia stato istituito, non viene erogato.
Il taglio è possibile anche senza che sia necessario provare che le disfunzioni sono imputabili al Comune, purché lo scostamento dalle modalità previste per l’erogazione sia grave e perdurante.
Nelle zone in cui non è effettuata la raccolta, la Tari è dovuta al 40% della misura ordinaria.
Tali principi sono stati ribaditi di recente dalla Cassazione [1]. Secondo la Corte la riduzione della Tari non è una semplice facoltà del Comune ma un vero e proprio obbligo. L’ordinanza muove dall’articolo 59, comma 4, Dlgs 507/1993 sulla tassa rifiuti per il quale «il tributo è dovuto nella misura ridotta se il servizio di raccolta, sebbene istituito e attivato, non si è svolto» nella zona di esercizio dell’attività dell’utente o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento di nettezza urbana «in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio di raccolta».
Anche se l’espletamento del servizio pubblico di nettezza urbana rientra nella responsabilità generale di buona amministrazione del Comune, tuttavia, la riduzione è prevista «per il fatto obiettivo che il servizio istituito non venga poi erogato secondo le prescritte modalità» purché, però, lo scostamento comporti i «caratteri di gravità e perdurante non fruibilità». La riduzione c’è a prescindere dalla sussistenza sia di un nesso di causalità condotta-evento sia di un elemento soggettivo «che rendano il disservizio soggettivamente imputabile all’amministrazione comunale». La riduzione inoltre non si configura né come «risarcimento del danno da mancata raccolta dei rifiuti» né come “sanzione” per il Comune. Il suo fine è nel ripristinare «un tendenziale equilibrio impositivo» tra quanto può essere proteso e i costi generali del servizio, pur significativamente alterato, in presenza di una situazione difforme dalla disciplina regolamentare.
In base all’attuale legge che disciplina la tariffa scatta la riduzione – in misura non inferiore al 60% (con conseguente pagamento del 40% dell0importo) – per il solo fatto oggettivo di aver offerto al contribuente un servizio insufficiente o inesistente a causa di tre ragioni:
- distanza del punto di raccolta della spazzatura di oltre 300 metri in linea d’aria dal domicilio del contribuente: si pensi a un cassonetto situato molto lontano da casa;
- incapacità dei cassonetti di contenere tutti i sacchi dell’immondizia con conseguente deposito della spazzatura ai margini della strada per insufficienza dei raccoglitori. Anche nel caso di insufficiente capacità di contenimento di questi o di scarsa frequenza della raccolta, la tassa sui rifiuti è dovuta solo nella misura del 40% rispetto alla tariffa ordinaria. La decurtazione del 60% scatta, quindi, quando i cassonetti non sono sufficienti a raccogliere tutta l’immondizia prodotta nella zona, anche alla luce della presenza di attività commerciali;
- servizio inefficiente, insufficiente, incostante effettuato in grave violazione della disciplina di riferimento. Tutte le volte in cui vi sono gravi disservizi nel servizio di raccolta della spazzatura è possibile ottenere uno sconto dell’80% dal pagamento dell’imposta rifiuti.
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