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Riduzione in pristino: cos’è e come funziona?

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(@mariano-acquaviva)
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Qual è la differenza tra risarcimento per equivalente e risarcimento in forma specifica? In quali casi il danneggiante può essere costretto alla reintegrazione?

Chi causa un danno è tenuto poi al risarcimento. Quest’ultimo consiste solitamente nel pagamento di una somma di denaro equivalente al pregiudizio causato. La legge italiana conosce tuttavia un’altra forma di rimedio, chiamata “risarcimento in forma specifica”, che consiste nell’obbligo di riparare materialmente il danno causato, ricostituendo la situazione così com’era prima dell’atto illecito. È in questo contesto che si pone il seguente quesito: cos’è e come funziona la riduzione in pristino? Affrontiamo l’argomento.

Quanti tipi di risarcimento ci sono?

Come anticipato in apertura, il risarcimento può essere di due tipi:

  • per equivalente, quando consiste nel pagamento di una somma di denaro corrispondente al danno provocato;
  • in forma specifica, se il soggetto che ha causato il pregiudizio ripristina la situazione patrimoniale del danneggiato cos’è com’era prima dell’illecito. Si pensi alla persona che si offre di riparare il veicolo che ha tamponato in un sinistro stradale.

Risarcimento in forma specifica: quando si applica?

Secondo la legge, il risarcimento in forma specifica è ammesso solo se non risulta eccessivamente oneroso per il debitore [1].

Non può quindi essere imposto al debitore nemmeno da parte del giudice, se la reintegrazione risulta obiettivamente gravosa per il soggetto obbligato.

Si pensi all’uomo che ha causato il danneggiamento di un dipinto di notevole valore: sarebbe molto difficile per lui provvedere alla riparazione, mentre sarebbe molto più semplice pagare in denaro l’equivalente del danno patrimoniale causato.

Oppure, si consideri la persona che ha causato lo smarrimento in fondo al mare di un prezioso anello: provvedere al suo recupero sarebbe praticamente impossibile.

Cos’è la riduzione in pristino?

La riduzione in pristino non è altro che il diverso nome con cui è conosciuto il risarcimento in forma specifica.

La riduzione in pristino consiste, pertanto, nel ricreare la stessa situazione che vi sarebbe stata se il danneggiante non avesse posto in essere il fatto illecito (ad esempio, restituzione della cosa illecitamente sottratta o riparazione a spese del debitore della cosa danneggiata).

Come funziona la riduzione in pristino?

Come più volte ricordato, la riduzione in pristino è una modalità di risarcimento che comporta la ricostituzione della situazione materiale esistente nel momento precedente al verificarsi del danno, o meglio, della situazione che si avrebbe laddove l’illecito non fosse stato commesso.

Trattandosi pur sempre di un risarcimento, è il danneggiante a dover sopportare tutti gli oneri e le spese connessi al ripristino, provvedendo in prima persona alla reintegrazione della situazione precedente oppure, in alternativa, corrispondendo la somma di denaro necessaria per l’intervento di reintegrazione.

Ad esempio, se il conducente viene condannato a ricostruire il muro che ha distrutto uscendo fuori strada, egli potrà personalmente provvedere alla riedificazione oppure (come più spesso accade), pagare qualcuno perché realizzi l’opera al suo posto.

La differenza con il risarcimento per equivalente è evidente: in quest’ultimo caso, infatti, la somma di denaro viene pagata direttamente al danneggiato, il quale poi deciderà se ripristinare la situazione com’era prima del danno oppure limitarsi semplicemente a incamerare il pagamento.

La riduzione in pristino in caso di abuso edilizio

La riduzione in pristino è una tipica sanzione amministrativa prevista in caso di abusi edilizi.

Per essere più precisi, la legge [2] dice che l’autorità comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso di costruire, in totale difformità dal medesimo oppure con variazioni essenziali, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto.

Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune.

Insomma: in caso di abuso edilizio, la riduzione in pristino non è una semplice forma di risarcimento bensì una vera e propria sanzione amministrativa che, se non rispettata, comporta la perdita dell’area su cui è sorto il manufatto illegittimo.

In questa circostanza, la riduzione in pristino consiste nel rimuovere l’opera abusiva, ricostituendo così lo stato di fatto com’era prima dell’edificazione illegittima.

Stessa sanzione è prevista anche nel caso di violazione di un vincolo paesaggistico o ambientale.

A tal proposito la Cassazione [3] ha ricordato che l’ordine di rimessione in pristino ha un maggiore ambito di operatività rispetto all’ordine di demolizione, comprensiva dell’abbattimento del manufatto abusivo e non può pertanto definirsi con esso coincidente.

La riduzione in pristino nel caso di sinistro stradale

La riduzione in pristino è una sanzione amministrativa accessoria conseguente alla violazione di una delle norme del Codice della strada.

Ad esempio, la legge [4] fa divieto di danneggiare, spostare, rimuovere o imbrattare la segnaletica stradale e ogni altro manufatto ad essa attinente, nonché di impedire il libero deflusso delle acque nei fossi laterali e nelle relative opere di raccolta e di scarico.

Ogni violazione di questi divieti comporta non solo il pagamento di una sanzione pecuniaria ma anche l’obbligo della riduzione in pristino a proprie spese: ciò significa che le autorità chiederanno al responsabile di pagare la somma necessaria a sostenere il costo della riparazione del danno.

 
Pubblicato : 22 Settembre 2023 13:30