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Ricorso al TAR: quanto costa?

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(@paolo-remer)
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Quali sono le spese da affrontare per un giudizio amministrativo e a quanto ammontano le varie voci che il ricorrente deve pagare: dal contributo unificato alla la parcella dell’avvocato.

Chiunque ha un problema con una Pubblica Amministrazione e vorrebbe far valere i suoi diritti pensa di fare ricorso al TAR: ma quanto costa questo rimedio giurisdizionale, molto utilizzato nella pratica? Lo vedremo in questo articolo, spiegando le varie situazioni che possono presentarsi.

C’è chi ricorre al TAR perché è stato escluso da un concorso, chi perché ha subito una bocciatura scolastica, chi perché, in qualità di pubblico dipendente, è stato scavalcato in carriera da altri colleghi o non ha avuto il posto che gli spettava; chi si lamenta per un provvedimento amministrativo adottato da un Comune o da un altro Ente pubblico che compromette i suoi diritti o pregiudica i suoi interessi.

I motivi per i quali si può ricorrere al TAR – che come tutti sanno è l’organo di primo grado della giustizia amministrativa – sono molto diversi, e questo ovviamente incide parecchio sull’entità delle spese legali da affrontare. Ora analizziamole nel dettaglio

Ricorso al TAR: contributo unificato

Innanzitutto in relazione ai vari tipi di causa cambia l’ammontare del contributo unificato, che nei giudizi amministrativi, a parte alcuni casi, è molto più pesante rispetto alle cause civili svolte presso il tribunale ordinario, o davanti ai giudici di pace.

Precisamente, per proporre un ricorso al TAR il contributo unificato parte da un minimo di 300 euro, indipendentemente dal valore della causa, per i ricorsi avverso il silenzio dell’Amministrazione o il diritto di accesso agli atti amministrativi (ad eccezione di quelli in materia ambientale, che sono esenti), per i ricorsi che riguardano il diritto di cittadinanza, di residenza, di soggiorno e di ingresso in Italia e per i giudizi di ottemperanza, cioè quelli che si intraprendono per “costringere” un’Amministrazione che non ha adempiuto spontaneamente al giudicato stabilito in una precedente sentenza.

I ricorsi in materia di pubblico impiego sono soggetti a un contributo unificato di 325 euro, salve particolari esenzioni per alcune categorie di dipendenti, che funzionano in maniera analoga a quelle previste in materia di lavoro [1].

L’importo fissato per il contributo unificato nelle cause amministrative ordinarie è di 650 euro, ed riguarda non soltanto il cosiddetto ricorso principale, cioè quello con il quale si instaura il giudizio, ma anche quelli successivi e ulteriori, come il ricorso incidentale ed i motivi aggiunti che introducono domande nuove. Esiste, quindi, l’eventualità che chi ha già pagato il primo contributo unificato per avviare la causa debba versarne degli altri in seguito.

È interessante notare che il costo del contributo unificato per i procedimenti amministrativi ordinari è uguale a quello previsto per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, che è un rimedio alternativo al ricorso al TAR.

La cifra del contributo unificato aumenta per i giudizi con rito abbreviato e per i numerosi procedimenti speciali, come le controversie su provvedimenti emessi dalla Presidenza del Consiglio o da altre Autorità e Agenzie nazionali (in tutti questi casi si pagano 1.800 euro).

Il massimo importo del contributo unificato è previsto per le controversie in materia di appalti pubblici. Qui l’ammontare del contributo dipende dal valore della causa: 2.000 euro per quelle di valore inferiore a 200mila euro, 4.000 euro per quelle di valore compreso tra 200mila ed un milione di euro, 6.000 euro per quelle che superano il valore di un milione di euro.

Il valore della causa ai fini del contributo unificato si determina con riferimento all’importo posto a base d’asta, come stabilito dalle stazioni appaltanti negli atti di gara [2].

Ricorso al TAR senza avvocato: quando?

Esistono alcune materie per le quali è possibile presentare un ricorso al TAR anche senza l’assistenza di un avvocato. Si tratta delle controversie sulla trasparenza amministrativa, l’accesso agli atti e le questioni elettorali.

Il ricorso può essere inviato direttamente dal cittadino se dispone di una propria casella Pec (posta elettronica certificata), e il deposito deve avvenire necessariamente presso il Mini Urp, uno sportello, disponibile anche con servizio telematico, istituito presso ciascuno dei TAR italiani nell’ambito del rispettivo Urp (Ufficio relazioni con il pubblico).

La lista completa degli sportelli Mini Urp, con i contatti dei funzionari e le Pec da utilizzare, è disponibile sul sito della Giustizia amministrativa, all’indirizzo https://www.giustizia-amministrativa.it/urp-tar.

Ricorso al TAR: parcella dell’avvocato 

Qualunque avvocato iscritto all’Albo è abilitato a promuovere cause davanti al TAR, ma esiste una categoria specializzata in questo tipo di giudizi: sono i cosiddetti avvocati amministrativisti, che a loro volta si suddividono in alcuni rami e materie, come il diritto scolastico, dell’urbanistica ed edilizia, del pubblico impiego e del settore militare.

Tendenzialmente, rivolgersi a un avvocato specializzato nel ramo amministrativo costa di più rispetto ad un avvocato “generalista”, ma non è detto che si spenda effettivamente una somma maggiore, specialmente se si tratta di cause seriali, su vicende che riguardano un ampio numero di persone e per le quali esiste già un orientamento giurisprudenziale consolidato, o di ricorsi collettivi, proposti da parecchi appartenenti al medesimo ufficio o che comunque sono interessati alla medesima situazione, come i partecipanti ad un concorso o a un esame di Stato.

L’ammontare degli onorari da versare all’avvocato va concordato al momento del conferimento dell’incarico, e il professionista deve obbligatoriamente rilasciare un preventivo scritto in cui quantifica l’importo delle spese prevedibili. Questo serve al cliente per capire subito, almeno indicativamente, a quanto ammonterà il suo esborso per sostenere la causa.

Cause amministrative: quanto si spende in tutto?

Non esiste un importo unico e fisso per quantificare il costo complessivo delle cause amministrative: al contrario, il costo di un ricorso al TAR, e del successivo sviluppo del giudizio amministrativo così instaurato, dipende dalla materia da affrontare, dal tipo di procedimento (che può comprendere una fase cautelare per ottenere, preliminarmente, dai giudici la sospensiva dell’atto impugnato, in modo da eliminare al più presto i suoi effetti pregiudizievoli) ed anche dalla complessità del caso: se si tratta di ricostruire una vicenda intricata dal punto di vista amministrativo e molto dibattuta in ambito giuridico, il compenso dell’avvocato sarà superiore rispetto ad un caso semplice e che non presenta particolari difficoltà.

Nella pratica, mediamente per un “normale” ricorso al TAR l’interessato spende circa tra i 3.000 ed 5.000 euro per gli onorari dovuti all’avvocato che lo assiste, ma, lo ripetiamo, questa cifra indicativa può variare parecchio al rialzo o al ribasso, in base ai diversi fattori che abbiamo indicato e che incidono notevolmente sulle spese.

In assenza di accordi con il proprio avvocato (che è sempre bene prendere prima di avviare la causa, ed anche per quantificare gli eventuali aumenti resi necessari durante lo svolgimento dell’iter processuale), un’apposita tabella che puoi consultare qui fissa l’ammontare dei compensi dovuti per l’assistenza legale davanti ai TAR (gli importi sono scaglionati in base al valore della controversia).

Quando le spese per ricorrere al TAR aumentano

Attenzione: anche nel processo amministrativo vige il generale principio della soccombenza, in base al quale chi perde paga le spese legali sostenute dalla controparte, nella misura stabilita dal giudice in sentenza.

Quindi chi non vince la causa e vede rigettate dal giudice le domande avanzate con il suo ricorso sarà costretto a rifondere all’avversario vittorioso (compresa la Pubblica Amministrazione contro la quale ha agito) le spese, e, in più, potrebbe esserci anche la condanna per responsabilità processuale aggravata, chiamata anche “lite temeraria“, se si è agito o resistito in malafede, e ciò comporta il risarcimento dei danni causati alla controparte.

Come abbattere le spese per ricorso al TAR

Anche nei ricorsi al TAR (ed in quelli al Consiglio di Stato, se si agisce in secondo grado di giudizio) è possibile usufruire del patrocinio a spese dello Stato, meglio conosciuto con il nome di gratuito patrocinio, per coloro che hanno un reddito annuo non superiore a 12.830,01 euro.

In alcuni casi, se il ricorrente è un dipendente pubblico e risulta vittorioso nel giudizio, c’è la possibilità di farsi rimborsare dall’Amministrazione o Ente di appartenenza le spese legali sostenute per affrontare la causa e anticipate di tasca propria; le norme specifiche sono contenute nei rispettivi ordinamenti e regolamenti interni e nella contrattazione collettiva nazionale di categoria.

Un espediente molto utilizzato per abbattere le spese legali dei ricorsi al TAR è quello di proporre un ricorso collettivo, detto anche «cumulativo soggettivo», da parte di un gruppo di persone che si trovano nella medesima situazione e danno mandato allo stesso avvocato o comunque allo stesso studio legale (si pensi, ad esempio, a un gruppo di studenti esclusi da un pubblico concorso, o ad alcuni proprietari di terreni o edifici distinti che hanno tutti subìto un pregiudizio da un provvedimento del Comune).

Questa soluzione consente in molti casi di ridurre il costo unitario della causa amministrativa per ogni ricorrente, che lo sopporterà insieme agli altri: ad esempio si pagherà un solo contributo unificato per l’iscrizione della causa a ruolo; fermo restando che, infine, ciascuno sarà destinatario della propria parcella. Infatti le spese legali complessive non si suddividono, a meno che tutti i ricorrenti non si siano accordati preventivamente in tal senso con il professionista al quale hanno affidato la causa.

 
Pubblicato : 16 Dicembre 2023 12:45