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Regole per la successione

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(@paolo-remer)
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A chi va l’eredità con o senza testamento; eredi legittimi e legittimari, quote spettanti ai coeredi, pagamento dei debiti lasciati dal defunto: cosa bisogna sapere.

Per sapere esattamente a chi andranno i tuoi beni quando avrei cessato di vivere, devi conoscere le regole sulla successione ereditaria. Te le illustreremo in questo articolo, spiegandoti cosa succede dopo la tua morte.

Ti diremo, in particolare, chi può essere designato erede, come sarà devoluta e divisa la tua eredità con o senza testamento, quanto va per legge a ciascuno, e cosa dovranno fare i tuoi eredi per ottenere i beni che gli hai lasciato; senza dimenticare la loro responsabilità per il pagamento degli eventuali debiti pendenti al momento della tua morte.

Come si fa la successione?

La successione si apre formalmente al momento della morte del cosiddetto de cuius, cioè la persona che era titolare dei beni costituenti il patrimonio ereditario.

Esistono tre fondamentali tipi di successione:

  • la successione testamentaria, in cui il testatore nel dettare le sue ultime volontà designa i suoi eredi e decide a chi e in quali proporzioni lasciare i suoi beni;
  • la successione legittima: quando manca il testamento (oppure c’è ma non dispone dell’intero patrimonio ereditario), le proporzioni spettanti a ciascun erede sono stabilite direttamente dalla legge, in base al grado di parentela con il defunto;
  • la successione necessaria, che riserva determinate porzioni di eredità (non tutta) ad alcuni parenti più prossimi, chiamati eredi legittimari.

Quando si diventa eredi?

L’erede è colui che, alla morte del de cuius, gli subentra nella totalità del patrimonio, se è erede unico e universale, oppure, se è coerede, soltanto in una parte, che è predefinita dalle quote di legittima o dalla volontà testamentaria, ma che si riferisce sempre ad una porzione dell’intero patrimonio, non a un bene specifico (altrimenti non si sarebbe eredi, ma legatari).

Alla morte del de cuius si è ancora dei semplici «chiamati all’eredità», dunque soltanto eredi potenziali e non ancora effettivi. Per diventare tali bisogna accettare l’eredità, altrimenti non si possono ricevere i beni (e, in compenso, non bisogna neanche pagare i debiti lasciati dal defunto).

Come si riceve l’eredità?

L’eredità si può accettare in 3 modi:

  • in maniera esplicita, con un atto pubblico o una scrittura privata ricevuta da un pubblico ufficiale (come il notaio o il cancelliere del tribunale del luogo in cui si è aperta la successione);
  • in modo tacito: può farlo chi ha il possesso dei beni ereditari e ne dispone come se fosse il proprietario (utilizzandoli, vendendoli, affittandoli, donandoli ecc.); basta un comportamento da cui si desuma in modo inequivocabile la volontà di accettare l’eredità, e quindi non occorre l’intervento del notaio o di un altro pubblico ufficiale;
  • con beneficio d’inventario: prima di accettare (o rifiutare) si redige l’inventario dei beni, per sapere in cosa consistono, a quanto ammontano e se ci sono debiti. Per accettare con beneficio d’inventario serve una dichiarazione ricevuta dal notaio o dal cancelliere del tribunale (quindi non si può fare in modo tacito).

I primi due modi che abbiamo descritto costituiscono un’accettazione «pura e semplice», cioè senza riserve. È obbligatorio accettare con beneficio d’inventario quando l’erede è un minore, un interdetto o un inabilitato, e in tali casi serve anche l’autorizzazione del giudice tutelare.

Si può rinunciare all’eredità?

Chi non vuole accettare l’eredità può rinunciarvi, se non aveva già accettato in modo esplicito o tacito (l’accettazione, una volta intervenuta, è irrevocabile). In questo modo verrà escluso dall’eredità e non sarà responsabile degli eventuali debiti.

Chi ha rinunciato può ripensarci e, a determinate condizioni, è ammessa la revoca della rinuncia all’eredità, per ottenere l’accettazione e quindi diventare erede a tutti gli effetti.

Come sollecitare chi non decide se accettare o rinunciare?

Ci sono eredità poco appetibili, costose da gestire e che praticamente non vuole nessuno. Per evitare situazioni di stand by (che richiederebbero la nomina di un curatore dell’eredità giacente) si può stimolare il chiamato all’eredità che rimane inerte con un’azione interrogatoria, imponendogli un preciso termine entro il quale dovrà decidere se accettare o rinunciare all’eredità. Chi non risponde entro i termini perde il diritto di accettare l’eredità [1].

Possono esercitare questa azione tutti gli interessati: gli altri coeredi, i chiamati di grado ulteriore (cioè coloro che avrebbero diritto a subentrare al suo posto, in caso di rinuncia) ed anche i creditori del defunto, per sapere chi diventa erede e dunque a chi rivolgersi per ottenere il pagamento.

Chi sono gli eredi legittimi?

Sono eredi legittimi il coniuge, i discendenti (quindi i figli e i nipoti) gli ascendenti (genitori e nonni) e gli altri parenti fino al 6° grado compreso, ma la presenza di parenti più prossimi esclude quelli di grado più lontano.

Quale graduatoria tra gli eredi?

Esistono tre «ordini successori» previsti dalla legge, ognuno dei quali esclude il seguente: il primo comprende i discendenti, il secondo gli ascendenti ed i fratelli e sorelle, il terzo ed ultimo gli altri parenti. In mancanza di tutti, l’eredità va allo Stato.

Ad esempio, se il defunto aveva figli, l’eredità viene ripartita fra loro e tutti gli altri parenti – compresi genitori, fratelli e sorelle del de cuius – non entrano nella successione. Inoltre all’interno di ciascun ordine prevale il grado di parentela superiore: così se ci sono figli (parenti di primo grado) i nipoti (parenti di secondo grado) saranno esclusi dall’eredità calcolata con la legittima (ma possono sempre rientrarvi per testamento). Invece i parenti dello stesso ordine e grado (ad esempio, più figli o più fratelli) concorrono all’eredità in parti uguali.

I figli naturali hanno gli stessi diritti riconosciuti ai figli legittimi, cioè quelli nati da un’unione matrimoniale dei genitori: la loro equiparazione nei diritti successori è completa dalla riforma del diritto di famiglia, avvenuta nel 1975.

Dove si colloca il coniuge tra gli eredi?

E il coniuge? Avrai notato che non lo abbiamo menzionato nell’elenco appena fatto. Non ce ne siamo dimenticati. Il vedovo, o la vedova (o il membro dell’unione civile, che dal 2016 con la legge Cirinnà è equiparato ai coniugi uniti in matrimonio), consegue l’intero patrimonio solo se non ci sono discendenti, ascendenti, fratelli e sorelle del defunto [2] cioè se mancano totalmente i membri sia del primo che del secondo ordine.

Altrimenti, se questi soggetti ci sono, il coniuge ottiene una quota dell’eredità, secondo le proporzioni che tra poco ti illustreremo. Ti anticipiamo che se c’è un coniuge superstite ed un solo figlio della coppia, il coniuge ha diritto alla metà dell’eredità; se invece ci sono più figli, la quota del coniuge si riduce a un terzo, e il resto si spartisce tra i figli in parti uguali [3].

Anche il coniuge separato ha gli stessi diritti di quello ancora sposato, a meno che non abbia ricevuto l’addebito della separazione (in tal caso gli spettano solo gli alimenti).

Cosa spetta agli eredi legittimari?

Abbiamo visto che gli eredi legittimi sono i parenti ai quali, in assenza di testamento, deve andare l’eredità. Ma esiste anche la successione necessaria, che riserva una porzione del patrimonio del defunto ai suoi parenti più stretti: sono il coniuge ed i figli, e, in assenza di figli, i genitori. Costoro sono un sottoinsieme degli eredi legittimi: vengono chiamati eredi legittimari perché hanno diritto alla loro parte sempre, anche quando c’è un testamento che dispone diversamente.

Questa quota di riserva, detta anche di legittima, stabilita dalla legge in loro favore non può essere intaccata, neppure con donazioni fatte in vita, altrimenti sarebbe troppo facile aggirare le norme. Pertanto se i legittimari vengono esclusi o comunque ottengono meno di quanto gli spetta, possono esercitare contro gli altri eredi (legittimi o testamentari) ed anche contro i donatari ed i loro successivi acquirenti, apposite azioni civili per ripristinare le quote stabilite in loro favore.

Quanto va agli eredi legittimari?

Ecco quanto va agli eredi legittimari in base alle quote di legittima loro riservate (il resto costituisce la cosiddetta quota disponibile, di cui il testatore può fare ciò che vuole):

  • a favore del coniuge, se non ci sono figli: la metà del patrimonio del de cuius, più il diritto di abitazione nella casa familiare, vita natural durante;
  • a favore dei figli: metà del patrimonio del defunto al figlio unico, e i due terzi se i figli sono più di uno (questa porzione si divide in parti uguali fra loro);
  • se i figli concorrono con il coniuge possono verificarsi queste situazioni: coniuge e un figlio, 1/3 ciascuno; coniuge e due o più figli, la metà ai figli e 1/4 al coniuge;
  • se mancano i figli, subentrano quali eredi legittimari i genitori e gli eventuali altri ascendenti (nonni o bisnonni), ai quali spetta complessivamente 1/3 se il defunto non era coniugato, altrimenti la loro quota si riduce a 1/4 e al coniuge spetta la metà.

Quanto si può lasciare con il testamento?

Avrai notato che la porzione “libera”, ossia la quota disponibile che il testatore può lasciare a chi desidera, viene calcolata come differenza percentuale sulla quota di legittima, sottraendo da 100 (la totalità del patrimonio) le relative frazioni spettanti ai vari legittimari. Perciò il suo ammontare può variare considerevolmente in base alla composizione del nucleo familiare degli eredi legittimari: un uomo sposato ma senza figli potrà dare a chi vuole fino alla metà del suo patrimonio, ma se ha figli la quota di cui può disporre liberamente si riduce ad un terzo, se c’è un figlio solo, e ad appena un quarto se ce ne sono due o più.

I debiti vanno in successione?

Per finire, parliamo dell’aspetto negativo delle eredità, cioè dei debiti. Anche i debiti entrano nella successione, perché l’eredità comprende l’intero patrimonio del defunto, quindi non solo la parte attiva (beni mobili e immobili, denaro, depositi titoli, ecc.) ma pure le passività, costituite dall’insieme delle obbligazioni contratte dal defunto quando era in vita: ad esempio, spese condominiali, rate di mutui e finanziamenti, bollette delle utenze domestiche, canoni di affitto, condanne al risarcimento di danni, retribuzioni dovute ai dipendenti, scoperti bancari.

Quali debiti devono pagare gli eredi?

Gli eredi che hanno accettato l’eredità in modo puro e semplice sono tenuti al pagamento dei debiti lasciati dal defunto, che si suddividono tra i coeredi in proporzione alle rispettive quote di eredità ricevute da ciascuno [4].

Se queste porzioni non sono sufficienti a fronteggiare le spese (ad esempio: ho ricevuto 100 di attivo, ma la mia parte di debiti ereditari ammonta a 300), gli eredi devono pagare i debiti anche con il loro patrimonio personale, a meno che non abbiano accettato l’eredità con beneficio di inventario: in tal caso la loro responsabilità sarà limitata solo a quanto effettivamente ricevuto.

Quali debiti non passano agli eredi?

Quanto appena detto non vale sempre, perché ci sono alcuni debiti che non passano agli eredi: tra questi, le sanzioni (civili, amministrative, penali e tributarie), gli assegni di mantenimento e le obbligazioni personalissime, cioè quelle che soltanto il defunto avrebbe potuto svolgere (un quadro dipinto da un pittore, un atto difensivo scritto da un avvocato, ecc.).

 
Pubblicato : 26 Giugno 2023 06:30