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Quanto ti danno se vieni investito sulle strisce?

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(@paolo-remer)
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A quanto ammonta il risarcimento dei danni subiti dal pedone; come funzionano le tabelle con i valori per ogni punto di invalidità e giorno di inabilità; cosa succede quando la responsabilità non è tutta del conducente.

Tutti sanno quanto sia rischioso attraversare la strada, anche quando lo si fa nei punti consentiti, perché c’è sempre la possibilità di imbattersi in un conducente distratto o imperito, o in un vero e proprio pirata della strada che procede a folle velocità incurante della presenza di pedoni sulla carreggiata. Molti però non sanno quanto ti danno se vi viene investito sulle strisce, cioè a quanto ammonta il risarcimento dovuto dall’assicurazione del veicolo responsabile.

Come attraversare la strada

Iniziamo da un punto che non è affatto scontato, e cioè come attraversare la strada nel modo corretto, anche perché questo obbligo, se non viene rispettato, incide sulla responsabilità del conducente investitore e dunque sull’ammontare della cifra che sarà riconosciuta alla persona investita ma che ha attraversato in modo incauto o pericoloso.

L’art. 190 del Codice della strada stabilisce che i pedoni quando attraversano devono farlo sulle apposite strisce pedonali, (o ai semafori pedonali, e negli appositi sottopassaggi e sovrapassaggi), se ci sono. Se invece mancano – o se distano più di 100 metri – il pedone può attraversare la carreggiata, percorrendo il tratto in modo perpendicolare (non diagonale o obliquo, perché questo allungherebbe i tempi di permanenza sulla parte di strada destinata al traffico veicolare) e, soprattutto, ponendo «l’attenzione necessaria ad evitare situazioni di pericolo per sé o per gli altri».

Strisce pedonali: obblighi del conducente

L’art. 141 del Codice della strada impone al conducente di mantenere sempre il controllo del proprio veicolo, in qualsiasi circostanza. Quindi ogni guidatore deve commisurare la velocità alle concrete condizioni della strada percorsa, della visibilità e del traffico, se occorre mantenendosi anche ben al di sotto dei limiti massimi imposti in quel tratto (ad esempio, se nota che vi sono pedoni sulla carreggiata o bambini nelle vicinanze e potrebbero mettersi a correre attraversando improvvisamente), in modo da prevenire qualsiasi pericolo per la sicurezza delle persone. La norma prescrive di essere sempre in grado di arrestare la marcia del veicolo «dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile».

C’è anche una norma di comportamento specifica, l’art. 191 del Codice della strada, che stabilisce l’obbligo per i conducenti di dare la precedenza, rallentando, e «all’occorrenza» di  fermarsi completamente, quando i pedoni transitano sugli attraversamenti pedonali. Una recente modifica di questo articolo del Codice della strada [1] ha reso ancor più severa questa regola, stabilendo che l’obbligo di fermarsi vale non soltanto mentre i pedoni stanno già attraversando – ad esempio, sono scesi dal marciapiede – ma anche quando sono in procinto di farlo.

Perché il pedone investito sulle strisce ha quasi sempre ragione

Ti riportiamo il testo integrale della nuova formulazione normativa: «Quando il traffico non è regolato da agenti o da semafori, i conducenti devono dare la precedenza, rallentando gradualmente e fermandosi, ai pedoni che transitano sugli attraversamenti pedonali o si trovano nelle loro immediate prossimità. I conducenti che svoltano per inoltrarsi in un’altra strada al cui ingresso si trova un attraversamento pedonale devono dare la precedenza, rallentando gradualmente e fermandosi, ai pedoni che transitano sull’attraversamento medesimo o si trovano nelle sue immediate prossimità, quando a essi non sia vietato il passaggio».

E ancora, la norma riformata del Codice della strada che stiamo esaminando stabilisce che i conducenti devono fermarsi (e non soltanto rallentare) «quando una persona invalida con ridotte capacità motorie o su carrozzella, o munita di bastone bianco, o accompagnata da cane guida, o munita di bastone bianco-rosso in caso di persona sordo-cieca, o comunque altrimenti riconoscibile, attraversa la carreggiata o si accinge ad attraversarla e devono comunque prevenire situazioni di pericolo che possano derivare da comportamenti scorretti o maldestri di bambini o di anziani, quando sia ragionevole prevederli in relazione alla situazione di fatto».

Ecco perché il pedone investito – soprattutto se appartiene alle fasce deboli che abbiamo indicato – gode di una tutela rafforzata, e questo rende in pratica molto difficile al conducente del veicolo investitore riuscire ad esimersi dalla sua responsabilità risarcitoria: vediamo meglio questo importante aspetto.

Investimento pedone sulle strisce: come si accerta la responsabilità

La nuova regola del Codice della strada rende molto più probabile rispetto al passato l’attribuzione della piena responsabilità del sinistro al conducente investitore: questo significa che il pedone danneggiato verrà risarcito quasi sempre integralmente per i vari tipi di danni che ha subito, e che fra poco analizzeremo ai fini della quantificazione monetaria.

Ti premettiamo che l’art. 2054 del Codice civile – la norma fondamentale sulla responsabilità risarcitoria per i danni derivanti dalla circolazione stradale – stabilisce che il conducente del veicolo è tenuto a risarcire i danni prodotti a persone o a cose «se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno»: quindi si presume, fino a prova contraria, che la responsabilità dell’investimento sia tutta sua, tanto più quando il sinistro è accaduto sulle strisce pedonali o in prossimità di esse; non opera, invece, la regola del concorso di colpa al 50% stabilita dal secondo comma del medesimo articolo, che riguarda solo i casi di «scontro tra veicoli» e non quelli tra un veicolo ed un pedone.

Di conseguenza per la vittima sarà alquanto più facile farsi risarcire da chi lo ha investito, con qualsiasi tipo di veicolo (non solo un’autovettura, un autobus o un camion, ma anche un ciclomotore, un monopattino o una bicicletta) perché il conducente dovrà dimostrare che il pedone aveva tenuto un comportamento anomalo e imprevedibile, tale da non consentire la possibilità di compiere nessuna manovra utile (frenata, sterzata, ecc.) per evitare il danno: ma è difficilissimo fornire questa prova liberatoria se risulta che il pedone stava attraversando regolarmente sulle strisce e dunque aveva la precedenza a suo favore. Per conoscere meglio questi rari casi in cui la colpa può essere addossata al pedone, leggi l’articolo “Pedone investito sulle strisce: quando non c’è risarcimento“.

Risarcimento pedone investito: come si quantifica

Il risarcimento del pedone investito concerne tutti i danni fisici patiti in conseguenza del sinistro, che rientrano nella nozione di danno biologico (che riguarda la menomazione della salute, non la capacità di produrre reddito), più quelli ulteriori, di carattere patrimoniale, connessi alle spese mediche, farmaceutiche e riabilitative sostenute, ed all’eventuale impossibilità di poter lavorare durante la degenza per l’infortunio (danno da perdita di capacità lavorativa e lucro cessante). Nel caso infausto ed estremo di decesso della persona investita, ai familiari superstiti spetta il danno parentale per la perdita irreparabile del loro congiunto.

L’importo del risarcimento del danno biologico viene quantificato in base ad apposite tabelle (in attesa dell’introduzione della Tabella unica nazionale, prevista dal Codice delle assicurazioni private sin dal 2005, le più utilizzate in tutta Italia sono quelle del tribunale di Milano) che tengono conto dei punti di invalidità permanente, dei giorni di invalidità temporanea e dell’età del danneggiato. In particolare, l’invalidità permanente può essere di grave entità oppure rientrare nelle cosiddette “lesioni micropermanenti“, se non arriva a 10 punti complessivi riconosciuti dal medico legale e dunque rimane compresa tra un punto e nove.

Mentre il risarcimento delle lesioni micropermanenti é forfettizzato – ai valori attuali, è pari a 870,97 euro per il primo punto, con un incremento più che proporzionale per ogni punto successivo e una decurtazione dello 0,5% per ogni anno di età successivo al decimo – quello per le lesioni macropermanenti aumenta considerevolmente in base al grado di invalidità accertato, applicando la griglia (rapportata all’età, per favorire i giovani che hanno un’aspettativa di vita maggiore) delle cosiddette “tabelle milanesi“, che prevedono anche una forbice di valori: infatti la cifra può essere ulteriormente incrementata, anche fino al 50% in più, con una «personalizzazione del danno», compiuta in via di liquidazione equitativa dal giudice, se si ravvisa anche un danno morale, che per sua natura, riguardando la sofferenza interiore, non può essere provato nel suo preciso ammontare (per maggiori informazioni leggi “Come avere più risarcimento di danno biologico“).

Anche l’inabilità temporanea – un fenomeno frequente soprattutto negli incidenti lievi, che non lasciano conseguenze permanenti – è risarcibile: l’importo base attualmente previsto dalle tabelle è di 99 euro al giorno (comprensivo sia del danno biologico sia del danno morale), che si riducono in modo proporzionale se l’inabilità è solo parziale, anziché totale, come avviene durante la fase della convalescenza e del recupero: ad esempio, il periodo di inabilità al 50% viene risarcito con un importo dimezzato rispetto al valore dell’inabilità totale. Per degli esempi pratici, leggi “Quanto paga l’assicurazione per 30 giorni di prognosi?“.

Per i dettagli della procedura da svolgere (denuncia del sinistro, diffida all’assicurazione del responsabile, assistenza di un’avvocato, tempistica per ottenere il risarcimento, instaurazione della causa se l’offerta di indennizzo è incongrua, ecc.) leggi “Incidente stradale: come farsi risarcire dall’assicurazione?“.

 
Pubblicato : 24 Luglio 2023 07:30