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Quanto costa fare causa a una persona?

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(@angelo-greco)
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Parcella dell’avvocato, costi vivi, contributo unificato: tutti i costi del processo civile. 

Tra i vari aspetti da considerare prima di fare causa a una persona vi è quello economico: i costi del giudizio costituiscono una componente importante, se non essenziale, nella valutazione di opportunità che è necessario fare in anticipo. Non è l’unica. Ci sono poi da considerare il tempo di svolgimento del processo – che, se prolungato, potrebbe comportare una frustrazione del diritto fatto valere -, la solvibilità della controparte – fare causa a un nullatenente è quasi sempre inutile – e le chances di vittoria alla luce dell’orientamento sposato, negli ultimi anni, dalla Cassazione. 

Di tanto avevamo già parlato nella guida Quando conviene fare causa. In quell’occasione avevamo peraltro parlato di una recente riforma entrata in vigore nel 2023 (la cosiddetta Riforma Cartabia) che ha accelerato i tempi del processo, eliminando udienze inutili e accorpandone altre. Il minor tempo dovrebbe anche avere un impatto sulla parcella dell’avvocato che potrebbe ridursi, almeno per le cause di pronta soluzione per le quali è stato previsto un procedimento apposito più breve (il nuovo “rito semplificato”).

In questa sede ci occuperemo, più nel dettaglio, di uno solo di tali parametri: il portafogli. Questo perché, nel processo civile, a dover anticipare le spese del giudizio è sempre chi agisce per primo (il cosiddetto «attore» o «ricorrente»). Vediamo dunque quanto costa fare causa a una persona e quali sono le singole voci di spesa da affrontare.

I costi della causa

I costi di una causa possono essere ripartiti in due macro categorie: 

  • i costi vivi, costituiti dalle tasse, dai bolli, dai diritti di cancelleria;
  • l’onorario dell’avvocato, comprensivo anche dei rimborsi per le spese affrontate (ad esempio, le spese di benzina, le fotocopie, le trasferte, ecc.).

In entrambi i casi, è possibile – anzi è doveroso – farsi in anticipo un’idea di quanto bisognerà sborsare. Questo perché spetta all’avvocato chiarire al proprio assistito, al momento del conferimento dell’incarico, quanto questi dovrà pagare per sostenere l’intero giudizio. La legge infatti obbliga ogni professionista, ivi compresi gli avvocati, a fornire al cliente un preventivo scritto. Questo preventivo deve tenere conto di ogni possibile e prevedibile voce di spesa che la parte dovrà sostenere per ottenere la sentenza finale.

L’obbligatorietà del preventivo scritto non esclude però che, in assenza di esso, il cliente non debba pagare il proprio avvocato. In tal caso, però, il corrispettivo – in assenza di accordo tra le parti – sarà determinato dal giudice sulla base dei vecchi “minimi tariffari” stabiliti da un decreto ministeriale del 2014.

In generale, è possibile stabilire una regola valida quasi sempre per tutti i giudizi: il costo della causa (comprensivo di spese vive e onorario dell’avvocato) è tanto più elevato quanto più alta è la posta in gioco, ossia il valore del diritto fatto valere. Tanto per fare un esempio, la domanda di rivendicazione di una casa costerà di più rispetto a quella di un terreno di scarso valore; il recupero di un credito di diverse migliaia di euro avrà un costo superiore a quello di uno di poche centinaia di euro, e così via. E ciò a prescindere dal tipo di attività richiesta all’avvocato. 

Si tratta di una proporzione sempre valida per quanto attiene alle imposte da versare (il cosiddetto “contributo unificato”) che aumentano insieme al valore della controversia e diminuiscono al decrescere dello stesso. Per quanto invece riguarda il compenso dell’avvocato, per quanto collegato alla posta in gioco, non scenderà mai al di sotto di una certa soglia: difficilmente, infatti, un avvocato potrebbe accettare un incarico per poche decine di euro. Si pensi al ricorso per una multa per divieto di sosta.

È anche vero che ogni avvocato è ormai libero di applicare il prezzo che vuole. Il famoso decreto Bersani ha infatti cancellato le cosiddette «tariffe professionali» a cui un tempo i legali erano obbligati ad attenersi. Risultato: ogni avvocato, può praticare i prezzi che desidera, anche al ribasso, concordandoli di volta in volta con il cliente. Ecco perché risulta ancora più importante avere un preventivo scritto prima dell’inizio della causa.

I costi vivi della causa

Entriamo ora nel dettaglio e cerchiamo di stabilire quanto costa fare causa a una persona partendo dai costi vivi.

Notifica della citazione o del ricorso

Per iniziare un giudizio ci sono innanzitutto da considerare i costi di notifica dell’atto di citazione, che si aggirano tra i 10 e i 20 euro per singola parte. Ad esempio, un giudizio con tre avversari richiederà un costo di notifica di circa 60 euro. Il prezzo può variare a seconda che la notifica avvenga a mezzo posta o a mani e, in questo secondo caso, in base alla distanza dell’abitazione rispetto alla sede dell’ufficiale giudiziario.

L’atto di citazione deve pervenire al convenuto almeno 120 giorni dalla prima udienza e quest’ultimo deve costituirsi entro 70 dalla suddetta prima udienza. Gli atti introduttivi delle parti devono essere già completi: contenere cioè tutte le domande, eccezioni e richieste istruttorie. In tal modo si arriva poi davanti al giudice con la causa già bell’e definita.

Contributo unificato

Una volta notificato l’atto di citazione, questo deve essere iscritto a ruolo in tribunale. È qui che bisogna pagare il famoso contributo unificato ossia la tassa per la giustizia civile. Tale tassa è tanto maggiore quanto più elevato è il valore della controversia. Di tanto in tanto, il suo importo viene aggiornato all’inflazione. Per il primo grado si va da un minimo di 43 euro (per le cause di valore fino a 1.100 euro) a un massimo di 1.686 euro (per le cause di valore superiore a 520.000 euro). 

Ecco la tabella relativa al primo grado di giudizio (per ulteriori approfondimenti leggi “Fare causa a qualcuno: quanto costa?“):

  • valore fino a € 1.100,00: contributo unificato € 43,00;
  • valore superiore a € 1.100,00 e fino a € 5.200,00: € 98,00;
  • valore superiore a € 5.200,00 e fino a € 26.000,00: € 237,00;
  • valore superiore a € 26.000,00 e fino a € 52.000,00: € 518,00;
  • valore superiore a € 52.000,00 e fino a € 260.000,00: € 759,00;
  • valore superiore a € 260.000,00 e fino a € 520.000,00: € 1.214,00;
  • valore superiore a € 520.000,00: € 1.686,00.

Ecco la tabella per il secondo grado di giudizio (appello):

  • valore fino a € 1.100,00: € 64,50;
  • valore superiore a € 1.100,00 e fino a € 5.200,00: € 147,00;
  • valore superiore a € 5.200,00 e fino a € 26.000,00: € 355,50;
  • valore superiore a € 26.000,00 e fino a € 52.000,00:€ 777,00;
  • valore superiore a € 52.000,00 e fino a € 260.000,00: € 1.138,50;
  • valore superiore a € 260.000,00 e fino a € 520.000,00: € 1.821,00;
  • valore superiore a € 520.000,00: € 2.529,00.

Ecco la tabella per la Cassazione:

  • valore fino a € 1.100,00: € 86,00;
  • valore superiore a € 1.100,00 e fino a € 5.200,00: € 196,00;
  • valore superiore a € 5.200,00 e fino a € 26.000,00: € 474,00;
  • valore superiore a € 26.000,00 e fino a € 52.000,00:€ 1.036,00;
  • valore superiore a € 52.000,00 e fino a € 260.000,00: € 1.518,00;
  • valore superiore a € 260.000,00 e fino a € 520.000,00: € 2.428,00;
  • valore superiore a € 520.000,00: € 3.372,00.

Diritti di cancelleria e marche da bollo

Nel corso del giudizio, poi, potrebbe sorgere la necessità di richiedere copie e documenti dalla cancelleria così come, al termine della causa, sarà necessario ottenere la copia autentica della sentenza. In questi casi, saranno richiesti i diritti di cancelleria e i relativi bolli. Di solito, il costo non supera mai i 100/200 euro.

La mediazione

Per alcune cause, prima del giudizio è necessario avviare la procedura di mediazione obbligatoria. Se il tentativo di conciliazione non va a buon fine, si può procedere innanzi al giudice. 

Il costo dell’incontro dal mediatore è di 40 euro. Se però la mediazione riesce, sarà necessario pagare anche il compenso al mediatore che è parametrato, anche in questo caso, al valore della controversia. Ogni organismo ha le proprie tariffe di cui è possibile informarsi al momento del conferimento dell’incarico.

Le cause per le quali è obbligatorio procedere prima con il tentativo di mediazione sono: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria, diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

Il costo del Ctu

In corso di causa, il giudice potrebbe ritenere necessario avvalersi di un perito (il cosiddetto consulente tecnico d’ufficio o più semplicemente Ctu) per effettuare alcune valutazioni di particolare difficoltà tecnica. Il costo del Ctu è di solito addossato sulla parte che agisce in giudizio o su quella che lo richiede. All’esito del giudizio, però, la spesa può essere addossata sulla parte soccombente.

La registrazione della sentenza

Al termine della causa, bisognerà versare l’imposta di registro sulla sentenza. In realtà, il costo grava sulla parte soccombente ma, dinanzi al Fisco, entrambe le parti sono responsabili in solido. Questo significa che l’Agenzia delle Entrate può pretenderne il pagamento sia nei confronti del vincitore che dello sconfitto. 

L’imposta di registro è dovuta in una misura che varia tra l’1% e il 2% del valore della causa. In alcuni casi, è in misura fissa. Sul punto, leggi “Imposta di registro sentenza: chi paga quanto?“.

L’onorario dell’avvocato

La seconda e più importante voce del costo di una causa è l’onorario dell’avvocato che, come detto in apertura, va sempre concordato con quest’ultimo. Ogni avvocato può applicare le parcelle che preferisce, anche se, di norma, tutti quanti sono soliti chiedere un compenso tanto più elevato quanto maggiore è il valore della controversia (proprio come succede con l’appena visto contributo unificato).

L’avvocato quindi non deve rispettare alcuna tariffa professionale predeterminata dalla legge. Tutto è rimesso alla libera trattativa delle parti. Di solito, il compenso si aggira intorno al 7-15% del valore del diritto sperato. Tanto per fare un esempio, nell’azione rivolta alla rivendicazione di un immobile del valore di 100 mila euro, il legale potrebbe chiedere un compenso variabile tra 7mila e 15mila euro. 

Di solito, poi il compenso viene calibrato sulla base dell’esito del giudizio: in ipotesi di causa vinta, l’avvocato potrebbe chiedere di più rispetto al caso della soccombenza.

Nel preventivo scritto, l’avvocato deve indicare al cliente pure i rimborsi per le spese vive che questi dovrà sostenere come le spese di viaggio, il vitto e l’alloggio quando si tratta di attività da svolgere in altre città, le fotocopie, ecc.

Come recuperare le spese della causa

La regola vuole che chi perde la causa, paga le spese processuali all’avversario. E con spese processuali si intendono sia i costi vivi dovuti alle imposte, al consulente tecnico, ai diritti e bolli, sia la parcella dell’avvocato. 

Eccezionalmente, il giudice può compensare le spese tra le parti. Ciò avviene quando la controversia richiede l’interpretazione di nuove norme, o quando i precedenti della Cassazione sono controversi, o ancora quando non c’è una parte che vince in modo netto. Leggi “Compensazione spese legali: quando?“.

 

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Pubblicato : 11 Febbraio 2023 05:51