Quanti condomini si possono amministrare senza partita iva?
L’amministratore di condominio è obbligato ad aprire una partita iva? Quando l’attività lavorativa da occasionale diventa professionale?
Quello di amministratore di condominio è un delicato incarico che può essere svolto solamente dalle persone che possiedono determinati requisiti di onorabilità (sostanziale incensuratezza, cioè assenza di condanne penali) e di professionalità (corsi di formazione e di aggiornamento). È in questo contesto che si pone il seguente quesito: quanti condomini si possono amministrare senza partita iva?
Sin da subito possiamo anticipare che, secondo la legge, essere titolari di una partita iva non è una condizione necessaria per la nomina. Ciò significa che la designazione dell’assemblea sarebbe comunque valida. Al ricorrere di alcune circostanze, però, per chi amministra un condominio può scattare l’obbligo fiscale della partita iva.
Il problema si pone soprattutto per coloro che gestiscono una notevole numero di fabbricati. In un caso del genere, c’è l’obbligo per l’amministratore di aprire una partita iva? Qual è il numero minimo di edifici che si può gestire emettendo, per il compenso ricevuto, una semplice ricevuta fiscale a titolo di prestazione occasionale? Vediamo cosa ne pensano la legge e la giurisprudenza.
Condominio: l’amministratore deve avere la partita iva?
Come anticipato in apertura, l’amministratore di condominio non deve avere la partita iva per essere designato dall’assemblea.
Gli unici requisiti previsti dalla legge sono quelli di onorabilità e professionalità; la nomina è inoltre nulla se la delibera non determina sin da subito il compenso.
Pertanto, tra le condizioni necessarie affinché una persona possa assumere l’incarico di amministratore non c’è quello della titolarità della partita iva.
Ciò è peraltro evidente in tutti quegli edifici in cui viene scelto un “amministratore interno”, cioè uno dei condòmini stessi.
In quali casi l’amministratore deve aprire la partita iva?
Il fatto che tra i requisiti per diventare amministratore non ci sia la partita iva non significa che questa non diventi obbligatoria al ricorrere di certe circostanze.
Per la precisione, chi amministra uno o più edifici condominiali deve aprire la partita iva ogni volta che la sua attività non è occasionale bensì professionale, cioè costante nel tempo. In questa circostanza, l’amministratore è equiparabile al lavoratore autonomo, con conseguente obbligo di partita iva.
L’apertura della partita iva è però una questione tra amministratore e fisco, che non coinvolge il condominio, con la conseguenza che la violazione delle norme di legge potrà comportare al massimo sanzioni di tipo amministrativo ma non avere ingerenze con il rapporto di mandato instaurato con la compagine.
Insomma: la partita iva dell’amministratore è una questione fiscale e non condominiale.
Detto ciò, quand’è che, per l’amministratore, scatta l’obbligo di aprire la partita iva? Secondo la Corte di Cassazione [1], l’attività svolta per conto del condominio diventa professionale nel momento in cui il soggetto sviluppa un’organizzazione propria che gli consente di meglio gestire il lavoro in maniera abituale.
Si pensi all’amministratore che apre un proprio studio e che si dota di personale e attrezzature (numero di telefono dedicato, software per la redazione del bilancio, ecc.) destinati alla gestione condominiale: in un’ipotesi del genere l’attività da occasionale diventerebbe sicuramente professionale, con contestuale obbligo di aprire una partita iva con codice Ateco 68.32.00 (“Amministrazione di condomini e gestione di beni immobili per conto terzi”).
Quanti condomini si possono amministrare senza avere partita iva?
Non sussiste l’obbligo di apertura della partita iva per il solo numero di condomini amministrati.
Secondo la giurisprudenza sopra citata, non è il numero di condomini gestiti a rendere professionale l’attività: ciò che conta è l’organizzazione posta in essere dall’amministratore.
Ciò significa che l’obbligo di aprire una partita iva può scattare anche se si gestisce un solo condominio, se l’attività ha i caratteri della professionalità visti nel precedente paragrafo.
È tuttavia inutile negare come il numero di fabbricati gestiti influisca non poco sull’organizzazione dell’amministratore: è infatti evidente che è impossibile amministrare dieci edifici senza un’organizzazione professionale della propria attività lavorativa.
Quindi, mentre è improbabile che chi amministri un solo condominio abbia la partita iva, è molto più verosimile che ciò accada quando gli edifici da gestire sono più di uno.
Non c’è tuttavia un numero preciso stabilito dalla legge, per cui alla domanda “Quanti condomini si possono amministrare senza partita iva?” si deve rispondere affermando che tutto dipende dall’organizzazione, professionale o meno, dell’amministratore.
In sintesi: non può ricollegarsi la qualifica di attività professionale autonoma al solo parametro del numero di condomini amministrati, a meno che esso non sia tale da rendere imprescindibile una certa struttura organizzativa per fronte all’attività.
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