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Quando un minore non è imputabile

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(@elda-panniello)
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Il minore infraquattordicenne non può essere chiamato a rispondere penalmente di un reato perché assolutamente incapace di intendere e di volere.

Nell’ordinamento giuridico italiano è imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere e, di conseguenza, può essere chiamato a rispondere penalmente delle proprie azioni [1]. Detto altrimenti un soggetto per poter essere giudicato e punito deve possedere la capacità di comprendere il significato delle proprie azioni e di valutarne le possibili ripercussioni positive o negative sui terzi oltre che la capacità di volere gli effetti che derivano da tali azioni ovvero di distinguere ciò che bisogna fare e ciò che non bisogna fare. Non sempre però l’autore di un reato è capace di intendere e di volere, quindi, non sempre è imputabile. Il nostro Codice penale infatti prevede delle cause che escludono l’imputabilità tra le quali rientra la minore età [2]. Ma in concreto quando un minore non è imputabile? 

Per il nostro legislatore l’imputabilità si acquista a partire dai 14 anni. Pertanto, il minorenne che ha già compiuto 14 anni può essere processato e condannato penalmente; invece, se è infraquattordicenne non è imputabile.

Com’è disciplinata l’imputabilità del minore

Il legislatore italiano ha operato una scelta e ha delineato una linea di demarcazione temporale netta per indicare quando il minore può essere considerato incapace di intendere e di volere e quando, invece, è imputabile.

Il presupposto logico dal quale è partito è quello che tale soggetto ha un grado di maturità psicologica e sociale ridotta rispetto agli adulti, per cui più è piccolo di età tanto minore è la sua capacità di cogliere il significato sociale e morale delle proprie azioni. In particolare poi lo sviluppo psico-fisico di un infraquattordicenne non si può considerare completo al punto che egli non è in grado di comprendere appieno il disvalore della propria condotta o di formare autonomamente e in maniera consapevole la propria volontà.

Nell’individuare l’età al di sotto della quale è giusto presumere l’incapacità, il legislatore italiano ha adottato quindi un ordine cronologico in base a cui:

  • fino a 14 anni il minore non è mai imputabile perché nei suoi confronti è prevista una presunzione assoluta di incapacità, che non ammette prova contraria. L’articolo 97 c.p. stabilisce infatti che “non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i 14 anni”;
  • fra i 14 anni e i 18 anni il minore è imputabile solo se il giudice ha accertato che al momento del fatto aveva la capacità di intendere e di volere. L’art. 98 c.p. rinuncia, infatti, a qualsiasi presunzione e subordina l’eventuale affermazione della responsabilità penale al concreto accertamento della capacità: “è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto 14 anni, ma non ancora 18, se aveva la capacità di intendere e di volere”.

Quando un minore non è imputabile?

Come già detto in precedenza un minore che commette un reato non è imputabile se non ha ancora compiuto 14 anni. Peraltro, l’esclusione della imputabilità è piena ed assoluta nel senso che prescinde dall’effettivo riscontro della capacità di intendere e di volere del minore. Nei suoi confronti, quindi, non possono essere adottate misure penali che comportino un addebito di responsabilità. Detto altrimenti il minore di 14 anni non può essere processato né può essere condannato per l’eventuale reato da lui commesso. Se per ipotesi ciò accadesse la sentenza di condanna dovrebbe considerarsi inesistente. 

Del reato commesso dall’infraquattordicenne non possono essere chiamati a rispondere neanche i suoi genitori e questo perché nel nostro ordinamento giuridico vige il principio di personalità della responsabilità penale, per cui è possibile procedere penalmente solo contro l’autore del reato.

Per determinare l’imputabilità si ha riguardo all’età che il minore aveva al momento in cui ha commesso il reato. Tuttavia, l’articolo 224 c.p. prevede che se il minore con meno di 18 anni è riconosciuto socialmente pericoloso, il giudice, tenuto conto della gravità del fatto e delle condizioni morali della famiglia in cui il minore è vissuto, ordina che sia ricoverato nel riformatorio giudiziario o che sia posto in libertà vigilata. Se il minore di 14 anni ha commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a 3 anni e non si tratta di un delitto colposo, il giudice ordina sempre il ricovero nel riformatorio giudiziario per un tempo non inferiore a 3 anni.

Il minore di anni 14 non risponde neanche delle conseguenze civili derivate dal reato commesso. In altri termini non deve risarcire il danno. Facciamo un esempio: se un tredicenne ruba uno scooter e va a sbattere contro un’auto parcheggiata, rovinandone la carrozzeria, non solo non sarà processato e condannato per il furto ma non sarà neanche tenuto a pagare il risarcimento dei danni cagionati al mezzo. 

Il risarcimento dei danni però spetterà ai suoi genitori o al tutore in quanto esercenti la responsabilità sul minorenne. In pratica tali soggetti sono titolari di una responsabilità oggettiva di tipo civile per gli illeciti commessi dal figlio perché obbligati a dargli un’educazione corretta. Il fatto che il figlio abbia commesso un reato lascia desumere in maniera automatica che i genitori/tutore non abbiano adempiuto al predetto obbligo, quindi, devono risarcire i danni derivati all’illecito commesso dal minore. 

In cosa consiste l’imputabilità per i minori tra i 14 e i 18 anni?

Per il minore che ha più di 14 anni ma non ha ancora compiuto 18 anni, il Codice penale prevede che questi è imputabile solo se, al momento in cui ha commesso il fatto, aveva la capacità di intendere e di volere. Ciò vuol dire che nei suoi confronti non opera nessuna presunzione, né di incapacità né di capacità, dovendo il giudice accertare volta per volta se il soggetto era imputabile o meno. 

Perché il legislatore ha scelto l’accertamento caso per caso dell’effettiva acquisizione della capacità di intendere e di volere e non una presunzione di imputabilità? Alla base di questa scelta vi è la consapevolezza che fra i 14 e i 18 anni, la capacità di intendere e di volere necessaria per essere considerati penalmente responsabili delle proprie azioni vi può essere così come vi può non essere – indipendentemente da patologie giuridicamente rilevanti (ad esempio da un’infermità di mente) – dato che si tratta di una fascia di età in cui i soggetti raggiungono la maturità richiesta ai fini penali in momenti diversi, a causa delle diverse varietà ambientali in cui si svolge tale processo di maturazione.

Spetta quindi al giudice valutare nei singoli casi specifici la maturità/immaturità del minore, tenuto conto anche della natura del reato commesso. Ad esempio se il minore ha compiuto un omicidio, ai fini dell’imputabilità si ritiene sufficiente un minimo sviluppo mentale e etico trattandosi di un tipo di reato dal disvalore facilmente comprensibile.

Se il minore viene riconosciuto non imputabile perché immaturo ma socialmente pericoloso si applica l’articolo 224 del Codice penale sopra esaminato.

Se, invece, è riconosciuto imputabile e responsabile per il reato contestato, il giudice applica una diminuzione di pena [3]. Altresì, ai sensi dell’art. 225 del Codice penale il giudice può ordinare, dopo l’esecuzione della pena, l’applicazione della libertà vigilata o del riformatorio giudiziario.

Come per il minore infraquattordicenne anche per quello di età compresa tra i 14 e i 18 anni, le conseguenze penali del reato ricadono sui suoi genitori/tutori, i quali sono tenuti a pagare i danni derivati dall’illecito commesso.

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Pubblicato : 21 Febbraio 2023 15:00