forum

Quando un contratto...
 
Notifiche
Cancella tutti

Quando un contratto è concluso?

1 Post
1 Utenti
0 Reactions
64 Visualizzazioni
(@angelo-greco)
Post: 3141
Illustrious Member Registered
Topic starter
 

Quando si considera concluso l’accordo e non più revocabile l’accettazione.

I latini dicevano “pacta sunt servanda”, i contratti devono essere rispettati. Il che significa che, una volta raggiunto l’accordo definitivo, non è più possibile tirarsi indietro. Ecco perché è bene capire quando un contratto è concluso: poiché è proprio da questo momento che non si può più né recedere dall’impegno assunto, né modificare le condizioni contrattuali.

Ad esempio, immaginiamo una persona che, entrando in un negozio, manifesti la volontà di acquistare un capo di abbigliamento e, tuttavia, trovandosi in quel momento sfornita di soldi, chieda al negoziante qualche giorno per pagare e ritirare il prodotto. Quest’ultimo accetta. Ebbene, in una situazione del genere, il contratto si considera ormai perfezionato con lo scambio di volontà. Sicché il commerciante non potrebbe poi vendere il vestito a un altro cliente o pretendere un prezzo più alto.

Compresa la ragione per cui è importante sapere quando un contratto si considera concluso, passiamo ad analizzare cosa dice a riguardo il codice civile.

Cosa è necessario per concludere un contratto?

Per la stragrande maggioranza dei casi, il contratto si considera concluso nel momento in cui entrambe le parti manifestano il consenso alla conclusione dello stesso. È quindi sufficiente che venga espressa la volontà, in molti casi anche solo verbalmente o con un comportamento tacito, non per forza per iscritto.

Per tornare all’esempio di prima, il contratto per la vendita del capo d’abbigliamento si considera concluso nel momento in cui il negoziante accetta la proposta di acquisto del compratore e decide di “mettergli da parte” il prodotto in attesa del pagamento.

Al contrario di quanto spesso si pensa, la conclusione del contratto non richiede quindi né la consegna materiale del bene, né tantomeno la stipula di un contratto scritto.

Qualche altro esempio servirà a comprendere meglio la questione. Quando entriamo su un mezzo pubblico stiamo manifestando la volontà di concludere un contratto di trasporto. Questo è sufficiente per far sì che scatti l’obbligo di pagare il biglietto.

Quando prendiamo un prodotto dallo scaffare del supermercato, stiamo dichiarando di volerlo acquistare. Nel momento in cui poi la cassiera batte il prezzo sul registratore ed emette lo scontrino, sta manifestando l’accettazione del venditore, sicché il contratto è così concluso.

Dunque, per concludere il contratto è necessaria la manifestazione di volontà di entrambe le parti. Solo in casi rari è necessaria anche la consegna del bene (succede per il contratto di mutuo) o la stipula di un atto pubblico (la compravendita di un immobile dinanzi al notaio).

Non è tutto: l’intesa delle parti deve riguardare tutti gli elementi del contratto, non solo quelli principali, ma anche quelli secondari (a meno che non sia stato preventivamente stabilito che eventuali dettagli minori non influenzino la validità dell’intesa già raggiunta).

Ad esempio, non si può dire concluso il contratto se le parti si accordano solo sull’oggetto e sul prezzo ma non anche sulle modalità e sui tempi di pagamento.

In che momento si considera concluso il contratto?

Quanto le parti contrattuali si trovano nello stesso luogo, il contratto si considera concluso immediatamente, quando entrambe – metaforicamente – si stringono la mano, ossia manifestano (espressamente o con semplici comportamenti) la volontà di impegnarsi.

Il problema si pone quando il contratto viene concluso a distanza, ad esempio tramite internet. In questo caso, il contratto si considera “chiuso” e quindi irrevocabile quando il proponente (ad esempio il venditore) ha avuto notizia dell’accettazione del cliente.

Perché un contratto sia considerato tale, l’accettazione deve corrispondere esattamente alla proposta iniziale. Se l’accettazione modifica anche solo elementi secondari della proposta, essa non vale come tale ma assume il ruolo di una nuova proposta, che a sua volta richiede un’ulteriore accettazione.

Ad esempio, se viene proposta la vendita di un appartamento con annesso box auto per 200.000 euro, e l’altra parte accetta di acquistare solo l’appartamento per 170.000 euro, il contratto non può considerarsi concluso poiché il venditore potrebbe non essere interessato a cedere solo la casa, nonostante l’offerta possa sembrare equa.

Entro quanto tempo deve arrivare l’accettazione?

In molti casi, i contratti si considerano conclusi quando l’acquirente accetta una proposta fatta dal venditore. Si pensi a un prodotto presente su un sito internet a un prezzo “in offerta”. In tali casi, il venditore sta manifestando la volontà di concludere il contratto non appena riceverà l’accettazione del cliente.

Tuttavia, entro quanto tempo si può ritenere valida tale offerta? Potrebbe il venditore dire che la promozione è scaduta?

Secondo il codice, l’accettazione deve pervenire entro i termini stabiliti o, in mancanza, nei tempi che la natura dell’affare e gli usi commerciali considerano ragionevoli. Per “usi” si intendono non solo quelli locali, ma anche le prassi consolidate tra le parti. Per esempio, in caso di proposta di noleggio di attrezzature per una fiera, l’accettazione deve arrivare in tempo utile per consentire la partecipazione all’evento, altrimenti perderebbe di significato.

Il proponente ha la facoltà di accettare una risposta tardiva, a condizione che comunichi senza indugi tale decisione alla controparte.

Si può ritirare l’accettazione del contratto?

Una volta che il contratto è concluso non si può più recedere, salvo diverso ed espresso accordo tra le parti. Ritorniamo all’esempio di partenza: l’acquirente che aveva chiesto al negoziante di mettergli da parte il vestito non può poi rifiutarsi di ritirarlo e pagarlo. Diversamente il venditore potrebbe agire contro di lui per ottenere il prezzo concordato.

Il diritto di recesso entro 14 giorni è ammesso solo per gli acquisti fatti fuori dai negozi (ad esempio tramite internet o televendita).

In ogni caso, il cliente può recedere dal contratto se, una volta comunicata al venditore l’accettazione, si affretti a inviare la revoca prima che quest’ultimo abbia avuto conoscenza dell’accettazione stessa.

In che modo deve essere manifestata l’accettazione?

L’accettazione non è vincolata a una forma specifica, a meno che la legge non disponga diversamente per determinate tipologie di contratti, come nel caso della vendita di immobili, per i quali si raccomanda, per motivi di certezza legale e di prova, di aderire alla forma prescritta.

Il silenzio può valere come accettazione?

Il venditore non può stabilire che il mancato rifiuto, ossia il silenzio, valga come accettazione. Non si può pertanto ritenere concluso il contratto quando il venditore invii un’offerta con posta a casa del cliente e ritenga concluso l’accordo se quest’ultimo non lo disdice.

Il silenzio può valere solo quando è previsto il tacito rinnovo automatico del contratto: in tal caso, per recedere da un contratto già voluto, è necessario manifestare una volontà espressa.

 
Pubblicato : 20 Marzo 2024 10:00