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Quando si può licenziare per scarso rendimento?

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(@angelo-greco)
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Quando il dipendente è lento, flemmatico e non produce il licenziamento è ammesso solo nei casi più gravi. 

Il dipendente che produce molto meno rispetto alla media dei colleghi addetti alle medesime mansioni può essere licenziato per scarso rendimento. Ma la risoluzione del rapporto di lavoro non è così automatica. La giurisprudenza ha fornito alcune istruzioni in merito onde evitare abusi da parte del datore di lavoro. 

Numerose sentenze hanno risposto al seguente interrogativo: quando si può licenziare per scarso rendimento? La questione non è così banale. Difatti, se da un lato il datore di lavoro non può controllare i dipendenti con gli impianti di videosorveglianza al fine di verificare se e quanto questi lavorano, dall’altro lato il codice civile impone di svolgere la prestazione lavorativa con diligenza senza tradire la fiducia del datore di lavoro. Chi ritarda le proprie attività, anche se non lo fa apposta, può quindi subire un procedimento disciplinare. 

Detto ciò, vediamo quando è possibile licenziamento per scarso rendimento. 

Cos’è il licenziamento per scarso rendimento

Il licenziamento per scarso rendimento è una forma di licenziamento disciplinare. Esso cioè rientra tra quelli che scaturiscono da una condotta colpevole del dipendente. 

Sono necessari due presupposti: 

  • un dato oggettivo: ossia la dimostrazione di una prestazione costantemente inferiore alla media attesa. Tale valutazione deve essere riferita alla prestazione normalmente esigibile per le mansioni proprie del dipendente. Il datore deve dare quindi la dimostrazione che, rispetto ai colleghi addetti alle stesse attività, si è realizzata una produzione largamente inferiore alla media dei risultati prodotti dai colleghi;
  • un dato soggettivo: ossia la condotta negligente del lavoratore. Il datore è tenuto a dimostrare che il rendimento inferiore alla media è riconducibile alla violazione del dovere di diligenza a carico del lavoratore. 

La Cassazione riconduce, dunque, il licenziamento per scarso rendimento nell’ambito delle misure sanzionatorie. Ne consegue che, prima di licenziare il dipendente, il datore di lavoro deve attivare il procedimento previsto dallo statuto dei lavoratori. Deve quindi inviare tempestivamente all’interessato la comunicazione di avvio del procedimento disciplinare, assegnandogli 5 giorni per presentare difese e/o per chiedere di essere sentito personalmente. La contestazione deve essere precisa nei fatti addebitati in modo da dare la possibilità di replica. All’esito dell’esame delle difese, il datore di lavoro decide se adottare o meno il licenziamento. 

È comunque dovuto il termine di preavviso il quale può essere negato solo nel caso di comportamenti particolarmente gravi: in tale ipotesi si avrà un licenziamento in tronco, anche detto «licenziamento per giusta causa».

Non rientra nel licenziamento per scarso rendimento il licenziamento del dipendente che, a causa di una malattia sopravvenuta, non possa più svolgere le proprie mansioni. In tal caso scatterà il licenziamento per giustificato motivo oggettivo che, a differenza di quello disciplinare:

  • non richiede l’avvio della previa contestazione e quindi la fase delle memorie di difesa;
  • impone al datore di lavoro di verificare, prima del licenziamento, la possibilità di adibire il dipendente ad altre mansioni (cosiddetto repêchage). Quest’obbligo – la cui violazione rende illegittimo il licenziamento – non è invece previsto nel caso di licenziamento per scarso rendimento (trattandosi, come detto, di un licenziamento di natura disciplinare).

Quando si può licenziare per scarso rendimento?

Si può licenziare per scarso rendimento quando:

  • vi è una notevole sproporzione tra la prestazione di un dipendente e quella degli altri lavoratori di pari livello;
  • quando questa sproporzione sia conseguenza di un comportamento volontario o comunque colpevole e non già dipendente da fattori esterni, indipendenti dalla sfera del dipendente (leggi la guida sul licenziamento per scarso rendimento);
  • quando tali condotte non sono già state oggetto di precedenti sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro;
  • l’inadempimento è di gravità notevole;
  • l’inadempimento è protratto nel tempo: non deve cioè essere occasionale;
  • lo scarso rendimento non è il frutto di assenze per malattia, sempre che queste non superino i limiti del periodo di comporto previsto dal CCNL (ossia il tetto di assenze per malattia che non si può superare in un anno);
  • lo scarso rendimento si riferisce alla normale prestazione lavorativa e non anche agli obiettivi di produzione prefissati dall’azienda.

Il dipendente, prima del licenziamento, deve comunque essere diffidato in modo da poter adeguare la propria prestazione agli standard aziendali ed evitare così la risoluzione del rapporto di lavoro.

Le indicazioni della giurisprudenza

La giurisprudenza ha fornito una serie indicazioni in merito ai presupposti per il licenziamento per scarso rendimento. Eccoli:

In primo luogo, il risultato atteso deve essere inferiore rispetto alla media delle prestazioni rese dai lavoratori con la stessa qualifica e mansioni, indipendentemente dagli obiettivi minimi fissati (Cassazione, sez. lavoro, 9 luglio 2015 n. 14310; 7 agosto 2015 n. 16582; 17 settembre 2009, n. 20050 e 14 luglio 2023 n. 20284).

Lo scostamento, poi, deve essere notevole, in quanto la sproporzione tra il risultato atteso e quello conseguito deve essere particolarmente rilevante rispetto alle perfomances dei colleghi con la stessa qualifica e ai quali sono state affidate mansioni analoghe.

Sarà, inoltre, necessario valutare il comportamento del lavoratore (comunque fondato sul dolo e/o sulla colpa) in un determinato arco temporale e non in relazione a un singolo episodio (o a sporadici casi) di sotto-rendimento.

Se sono presenti tutti questi elementi, il datore di lavoro che intenda procedere al licenziamento del dipendente scarsamente performante, dovrà prima avviare un procedimento disciplinare ex articolo 7 della legge 300/1970, all’esito del quale, ritenute non idonee le giustificazioni rese dal lavoratore, sarà eventualmente possibile procedere con il recesso per giusta causa. La preventiva contestazione disciplinare è, infatti, necessaria essendo stato ormai superato l’orientamento giurisprudenziale che riconduceva tali tipologie di licenziamento al motivo oggettivo.

L’onere della prova incombente sul datore di lavoro è piuttosto rigoroso.

Quando non si può licenziare per scarso rendimento

A fondamento del licenziamento per scarso rendimento non possono essere indicate una moltitudine di sanzioni disciplinari precedentemente irrogate al lavoratore. Quindi, in caso di innumerevoli procedimenti disciplinari a cui il dipendente è stato già sottoposto negli anni, è illegittimo procedere poi a una ulteriore sanzione collettiva, quella cioè del licenziamento. 

Ad avviso della Cassazione [1] il datore di lavoro ha consumato il potere di contestare i fatti alla base delle precedenti azioni disciplinari, che non possono essere nuovamente utilizzate per avvalorare lo scarso rendimento del lavoratore.

Scarso rendimento: giurisprudenza

Da provare la negligenza

Nel licenziamento per scarso rendimento del lavoratore, rientrante nel tipo del licenziamento per giustificato motivo soggettivo, il datore di lavoro – cui spetta l’onere della prova – non può limitarsi a provare solo il mancato raggiungimento del risultato atteso o l’oggettiva sua esigibilità, ma deve anche provare che la causa di esso derivi da colpevole negligente inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore nell’espletamento della sua normale prestazione.

Il licenziamento per cosiddetto scarso rendimento costituisce un’ipotesi di recesso del datore di lavoro per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore, che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento di cui agli articoli 1453 e seguenti del Codice civile. Cosicché, fermo restando che il mancato raggiungimento di un risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento, ove siano individuabili dei parametri per accertare se la prestazione sia eseguita con diligenza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore, lo scostamento da essi può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione, sulla scorta di una valutazione complessiva dell’attività del lavoratore resa per un apprezzabile periodo di tempo.

Cassazione, ordinanza 9453 del 6 aprile 2023

L’inadempimento notevole

Il licenziamento per scarso rendimento è legittimo se risulta provata l’eccessiva sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione e quanto effettivamente realizzato dal lavoratore nel periodo di riferimento. In base all’articolo 3 della legge 604/1966, trattandosi di un’ipotesi di giustificato motivo soggettivo di licenziamento, il datore di lavoro è tenuto a dimostrare non soltanto l’oggettiva esigibilità del risultato atteso quanto altresì un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore.

Tribunale di Roma, sentenza 18 del 4 gennaio 2023

Stop ai precedenti disciplinari

Lo scarso rendimento non può essere di per sé dimostrato dai plurimi precedenti disciplinari del lavoratore già sanzionati in passato, perché ciò costituirebbe una indiretta sostanziale duplicazione degli effetti di condotte ormai esaurite. Anche nella fattispecie di scarso rendimento trova applicazione il divieto di esercitare due volte il potere disciplinare per lo stesso fatto sotto il profilo di una sua diversa valutazione o configurazione giuridica.

Cassazione, ordinanza 1584 del 19 gennaio 2023

Da escludere cause esterne

Ai fini della legittimità del licenziamento per scarso rendimento occorre che il datore di lavoro provi rigorosamente il comportamento negligente del lavoratore e che l’inadeguatezza della prestazione resa non sia imputabile all’organizzazione del lavoro da parte dell’imprenditore e a fattori socio-ambientali.

La fattispecie del licenziamento per scarso rendimento non è configurabile se la parte datoriale non dimostra che il mancato raggiungimento dell’auspicato risultato produttivo deriva da un inadempimento degli obblighi contrattuali (a fronte di una condotta negligente del lavoratore) e che sussiste una enorme sproporzione tra gli obbiettivi fissati al dipendente e quanto effettivamente realizzato nei periodi di riferimento, in confronto al risultato globale della media delle prestazioni di tutti i dipendenti adibiti al medesimo incarico.

Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 26676 del 10 novembre 2017

Non serve clausola contrattuale

Il potere di risolvere il contratto di lavoro subordinato in caso di notevole inadempimento degli obblighi contrattuali deriva al datore di lavoro direttamente dall’articolo 3 della legge 604/1966 e non necessita, per il suo legittimo esercizio, di una dettagliata previsione, nel contratto collettivo o nel regolamento disciplinare predisposto dal datore di lavoro, di ogni possibile ipotesi di comportamento integrante il suddetto requisito. Spetta al giudice verificare, ove si contesti la legittimità del recesso, se gli episodi addebitati integrino l’indicata fattispecie legale. Pertanto, anche se non specificamente previste dalla normativa negoziale, costituiscono ragione di valida intimazione del recesso le gravi violazioni dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, quei doveri, cioè che sorreggono la stessa esistenza del rapporto, come quelli imposti dagli articoli 2104 e 2105 del Codice civile e quelli derivanti dalle direttive aziendali.

Cassazione, sentenza 20284 del 14 luglio 2023

 
Pubblicato : 13 Febbraio 2023 11:29