Quando si possono chiedere gli alimenti ai figli?
Sono invalido e senza lavoro, mentre mio figlio guadagna bene. Posso chiedergli gli alimenti? Visto il peggioramento delle mie condizioni economiche, posso chiedere l’assegno divorzile al mio ex coniuge che ora non mi versa più nulla?
È senz’altro possibile chiedere gli alimenti ai figli. Secondo l’art. 433 del Codice civile, i soggetti obbligati a versare gli alimenti sono: il coniuge (non divorziato); i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi; i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti; i generi e le nuore; i suoceri; i fratelli e le sorelle.
Fondamentale è che l’alimentando si trovi in stato di bisogno, cioè non sia in grado di provvedere al proprio sostentamento. Ha diritto agli alimenti, quindi, colui che non è economicamente indipendente, che non può garantirsi vitto, alloggio e cure mediche.
Lo stato di bisogno va valutato in concreto, con riferimento alle effettive condizioni del soggetto; pertanto, tale stato può sussistere anche se quest’ultimo possiede un patrimonio immobiliare che non produce alcun reddito e che, di conseguenza, gli impedisce di procurarsi i basilari mezzi di sopravvivenza. Secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 2066/1966), il diritto agli alimenti sussiste anche se l’alimentando versi in stato di bisogno per propria colpa.
Chi domanda gli alimenti deve fornire la prova del proprio stato di bisogno, nonché quella della sua impossibilità a lavorare o comunque della propria incolpevolezza nel non avere un lavoro. Chi, invece, svolge un’attività lavorativa, dovrà dimostrare che essa non è sufficiente al proprio sostentamento. La possibilità di lavoro va valutata con riferimento alle attitudini fisiche e psichiche, alle condizioni sociali dell’alimentando e alle possibilità ambientali.
Secondo la Corte di Cassazione (Cass., sent. n. 1099/1990), la domanda di alimenti deve essere rigettata se non venga provata la propria invalidità al lavoro per incapacità fisica e l’impossibilità, per circostanze a lui non imputabili, di trovarsi un’occupazione confacente alle proprie attitudini ed alle proprie condizioni sociali.
Gli alimenti possono essere versati solo da determinate persone e solo al ricorrere di un importante requisito: che vi sia la possibilità economica di versare gli alimenti. Ciò significa che la somministrazione potrà avvenire se colui che vi è obbligato è titolare di un reddito che gli consenta di soddisfare le esigenze di vita proprie e dei propri familiari.
Va detto, da ultimo, che gli alimenti devono essere proporzionali al bisogno di chi li richiede e alle condizioni economiche di chi li versa. Tale rapporto deve mantenersi sempre costante: se l’equilibrio dovesse venire meno, la legge consente di adire l’autorità giudiziaria per chiedere l’aumento, la riduzione o addirittura la cessazione degli alimenti (art. 438 cod. civ.).
Per quanto concerne la possibilità di chiedere nuovamente l’assegno divorzile all’ex coniuge, l’art. 9 della legge sul divorzio consente in ogni momento la revisione delle statuizioni economiche nel caso di sopraggiunti cambiamenti.
Addirittura, la Cassazione (sent. n. 5055 del 24 febbraio 2021) ha stabilito che è possibile ottenere la concessione dell’assegno divorzile anche se, durante il giudizio, non era stata chiesta affatto, se nel frattempo per l’ex coniuge è sopravvenuto un peggioramento della situazione economica che non può essere compensato altrimenti.
Nei limiti del possibile, si consiglia di resistere in giudizio affinché l’ex coniuge continui a versare l’assegno divorzile, anche in misura ridotta o solo simbolica: essere titolare dell’assegno, unitamente a non aver contratto nuove nozze, conferisce infatti il diritto ad avere il 40% del Tfr dell’ex riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio (compreso il periodo di separazione – art. 12-bis legge divorzio).
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Mariano Acquaviva
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