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Quando si inizia a parlare di stalking?

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(@angelo-greco)
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Quando l’ansia sconfina nel terrore: lo stato di turbamento e il timore di un pericolo deve superare la soglia della normalità.

Inquadrare il reato di stalking non è facile. Difatti la norma penale (art. 612-bis cod. pen.) non descrive una condotta specifica ma si sofferma piuttosto a individuare le conseguenze che questa può avere sulla vittima (come ad esempio uno stato di ansia e di timore). Siamo quindi dinanzi a un “reato a forma libera”, che può essere realizzato con svariati comportamenti, purché reiterati. Ecco perché diventa assai importante comprendere quando si inizia a parlare di stalking. 

La giurisprudenza ha cercato di fornire alcuni indici oggettivi, in modo da evitare che una semplice dichiarazione della vittima possa portare a una condanna per comportamenti che, di per sé, non hanno alcuna valenza offensiva. Cerchiamo di fare il punto della situazione alla luce delle più recenti sentenze sul punto.

Che cos’è lo stalking e quando si verifica?

Lo stalking è un fenomeno preoccupante che può turbare profondamente la vita di una persona. Immagina che ogni giorno tu sia seguito, minacciato, molestato. Le tue abitudini quotidiane vengono sconvolte, il tuo stato d’ansia sale alle stelle, senti un timore costante per la tua sicurezza o quella di una persona a te vicina. Questo è lo stalking. Non stiamo parlando di un semplice disagio, di una piccola tensione. No, stiamo parlando di un terrore profondo e continuo che invade ogni aspetto della tua vita.

Quando c’è stalking?

Il primo elemento da cui partire per comprendere quando si inizia a parlare di stalking è la definizione che ne fa la norma penale. 

Ci sono due elementi di cui tenere conto: 

  • un elemento oggettivo, costituito dal comportamento del reo. Questo deve genericamente consistere in condotte reiterate, minaccia o molesta
  • un elemento soggettivo, costituito dalle ripercussioni che tale comportamento ha sulla vittima. In particolare è necessario che verifichi alternativamente uno di questi tre effetti: a) un perdurante e grave stato di ansia o di paura; b) un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di un proprio caro; c) un mutamento delle abitudini di vita (ad esempio modificare il tragitto per andare al lavoro, cambiare numero di telefono, sospendere un account social, ecc.). 

Rilevano anche le molestie “indirette” ossia le comunicazioni dirette a destinatari diversi dalla persona offesa, ma a quest’ultima vicine (ad esempio una persona che tempesta di telefonate i genitori della propria ex).

Prendiamo un esempio concreto: una recente sentenza del Tribunale di Roma (sent. n. 367/2023). Un uomo è stato accusato di stalking nei confronti della sua ex compagna e del suo nuovo fidanzato. Minacce, molestie, pedinamenti: un vero incubo che sembrava durare da anni. Eppure, il Tribunale ha deciso di assolverlo, poiché non c’era sufficiente prova che si verificassero le condizioni descritte prima.

Quali prove devono essere presentate in caso di stalking?

Il tribunale ha bisogno di prove concrete per stabilire che ci sia stato stalking. Non basta dimostrare che la persona accusata ha effettivamente molestato o minacciato la vittima. Bisogna provare che queste azioni hanno causato un effetto tangibile sulla vita della vittima: cambiamenti nelle abitudini di vita, un forte stato di ansia o di paura. Questo non è un compito facile, soprattutto se la vittima soffriva già di ansia o panico prima delle presunte azioni di stalking.

Come si valuta l’intensità dell’ansia o della paura causata dallo stalking?

La legge è chiara: l’ansia o la paura causata dallo stalking devono essere persistenti e gravi. Non stiamo parlando di un semplice fastidio o di una tensione temporanea. Parliamo di un terrore profondo e costante che ha un impatto significativo sulla vita della vittima. Per valutare questa condizione, si prendono in considerazione le testimonianze della vittima, le sue reazioni alla condotta dell’aggressore e la natura stessa dell’aggressione.

Come devono essere l’ansia e la paura per aversi stalking?

La legge richiede che il turbamento psicologico indotto dalla condotta illecita non solo sia costante – nel senso che si protragga nel tempo e si manifesti ininterrottamente – ma anche grave, ossia che presenti intensità ed effetti molto superiori allo stesso sentimento che è fisiologicamente riscontrabile in qualunque persona normale in presenza di rapporti conflittuali all’interno di un determinato rapporto relazionale.

La vita è piena di conflitti e tensioni, specialmente quando una relazione finisce. È normale che ci siano contrasti, discussioni, forse anche qualche momento di paura. Ma attenzione: questo non è stalking. Lo stalking va oltre il normale conflitto. Si tratta di un comportamento che provoca un’ansia e un terrore così intensi da superare quelli che si provano normalmente in situazioni di litigi.

Quanto al cambiamento delle abitudini di vita, si deve trattare di modifiche di una certa significatività per la vita della vittima.

Stalking: giurisprudenza

Il carattere abituale del delitto di stalking porta con sé alcune problematiche sul versante processuale, risolte dalla Cassazione il decreto di archiviazione per i primi atti persecutori non preclude un nuovo giudizio per lo stesso reato se si sono aggiunte ulteriori condotte (Cass. pen. sez. V, n. 17164/2023).

Ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori assumono rilievo anche le molestie “indirette” nel senso che possono rilevare anche comunicazioni di carattere molesto o minatorio dirette a destinatari diversi dalla persona offesa, ma a quest’ultima legati da un rapporto qualificato di vicinanza, ove l’agente agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza dell’idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice (Cass. pen. sez. V, n. 26456/2022).

È configurabile il delitto di atti persecutori anche quando la modalità esclusiva di realizzazione della condotta sia consistita in un’attività di danneggiamento, a seguito della quale la persona offesa riporti uno stato d’ansia o muti le proprie abitudini di vita, in quanto condotta idonea a configurare sia la molestia, per i ripetuti danni in sé, sia la minaccia, in relazione alla possibilità di analoghi atti dannosi, desumibile dalle precedenti condotte. In ogni caso, peraltro, il delitto di atti persecutori può concorrere con quello di danneggiamento anche quando la condotta dannosa costituisce la modalità esclusiva di consumazione degli atti persecutori, trattandosi di reati che tutelano differenti beni giuridici (Cass. pen. sez. V, n. 34771/2021).

Integra il delitto di atti persecutori la condotta di mobbing del datore di lavoro che ponga in essere una mirata reiterazione di plurimi atteggiamenti convergenti nell’esprimere ostilità verso il lavoratore dipendente e preordinati alla sua mortificazione ed isolamento nell’ambiente di lavoro – che ben possono essere rappresentati dall’abuso del potere disciplinare culminante in licenziamenti ritorsivi – tali da determinare un vulnus alla libera autodeterminazione della vittima, così realizzando uno degli eventi alternativi previsti dall’art. 612-bis c.p.; deve comunque sottolinearsi che anche nel caso di stalking “occupazionale” per la sussistenza del delitto è sufficiente il dolo generico, con la conseguenza che è richiesta la mera volontà di attuare reiterate condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, mentre non occorre che tali condotte siano dirette ad un fine specifico (Cass. pen. sez. V, n. 12827/2022).

La reciprocità dei comportamenti molesti non esclude la configurabilità del delitto di atti persecutori, incombendo, in tali ipotesi, sul giudice un più accurato onere di motivazione in ordine alla sussistenza dell’evento di danno, ossia dello stato d’ansia o di paura della presunta persona offesa, del suo effettivo timore per l’incolumità propria o di persone ad essa vicine o della necessità del mutamento delle abitudini di vita (Cass. pen. sez. V, n. 42643/2021).

 
Pubblicato : 25 Maggio 2023 16:00