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Quando serve autorizzazione condominio?

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(@angelo-greco)
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I lavori in casa così come l’utilizzo dei beni comuni non richiede autorizzazione dell’assemblea, salvo diversa previsione del regolamento contrattuale.

Prima di fare lavori di ristrutturazione in casa propria o di sfruttare le parti comuni dell’edificio condominiale (ad esempio il muro o la facciata) per apporre targhe, insegne, canne fumarie o impianti di videosorveglianza, bisogna chiedere il permesso all’assemblea o all’amministratore? Quando serve l’autorizzazione del condominio?

La normativa in materia è piuttosto permissiva, limitandosi a fissare alcuni limiti alle opere che possono pregiudicare il decoro architettonico, la stabilità dell’edificio o impedire, agli altri condomini, il pari uso della cosa comune.

In questo breve articolo vedremo cosa stabilisce la normativa in merito alle attività consentite in condominio che non richiedono l’autorizzazione dell’assemblea. Ed elencheremo alcuni casi già decisi dalla Cassazione che ci serviranno a comprendere i divieti con cui ogni condomino deve fare i conti. Ma procediamo con ordine.

Si possono fare lavori in casa propria?

Ogni condomino è libero di fare lavori in casa propria a patto di:

  • darne comunicazione preventiva all’amministratore;
  • non alterare il decoro architettonico dell’edificio;
  • non pregiudicare la stabilità dell’edificio.

L’amministratore deve essere informato per iscritto dei lavori. Può esigere di entrare nell’abitazione privata per visionare le attività degli operai laddove ritenga vi possa essere un pericolo per l’edificio (si pensi a un condomino che demolisce una colonna portante).

La comunicazione deve essere inviata per PEC.

Il decoro architettonico non è l’estetica dell’edificio ma la coerenza delle sue originarie linee. Viola pertanto il decoro architettonico non solo l’opera esteticamente “brutta” ma anche quella in contrasto con il contesto del palazzo, indipendentemente dal suo valore architettonico.

Rispettati questi tre paletti, ciascun condomino può fare lavori in casa propria senza dover ottenere il permesso del condominio. È tuttavia naturale che, laddove le opere realizzate da un condomino violino i limiti appena indicati, il condominio (in persona dell’amministratore) o anche un singolo condomino possono agire contro il proprietario per ottenere la rimozione delle stesse.

Si pensi a un condomino intenda chiudere un balcone con delle vetrate trasformandolo in una veranda. Egli può avviare i lavori senza dover prima sottoporre il progetto all’assemblea, ma se quest’ultima, in un momento successivo, dovesse rilevare la violazione del decoro architettonico o un rischio per la stabilità statica del palazzo, potrebbe agire contro di lui dinanzi al tribunale imponendogli la demolizione.

Per evitare queste conseguenze legali, l’interessato potrebbe chiedere un preventivo nulla osta all’assemblea.

Si possono usare le parti comuni dell’edificio?

I lavori che ogni condomino è libero di fare possono interessare anche le parti comuni. Si pensi a un ristoratore che voglia realizzare una canna fumaria appoggiandola alla facciata del palazzo. Oppure a un ufficio che voglia affiggere una insegna vicino al portone. O a un professionista che, avendo lo studio nel condominio, voglia fissare una targa accanto al citofono. O ancora a un condomino che, temendo i ladri, voglia ancorare un impianto di videosorveglianza alle pareti del pianerottolo. O a chi voglia dotarsi di un impianto fotovoltaico installandolo sul tetto o sul lastrico solare. O, in ultimo, al proprietario di un appartamento che, volendo realizzare una seconda porta d’ingresso, intenda rompere un muro del pianerottolo comune.

Ebbene, tutte queste attività sono rese possibili dall’articolo 1102 del codice civile a condizione che:

  • se ne dia previa comunicazione all’amministratore, che dovrà informare poi l’assemblea alla prima riunione utile;
  • non si utilizzi il bene comune in modo diverso da quella che è la sua naturale destinazione(ossia non bisogna alterare lo scopo per il quale il bene è stato creato);
  • non si impedisca agli altri condomini di fare altrettanto, ossia non si occupi (o sottragga) così tanto spazio da impedire ai vicini di casa di utilizzare la cosa comune.

Il secondo limite impedirà al condomino di realizzare un solarium sul lastrico solare. Il terzo limite invece non consente di dotarsi di impianti fotovoltaici che occupino una porzione della terrazza comune superiore ai propri millesimi di proprietà.

Restano poi fermi i limiti che abbiamo elencato per le opere nelle proprietà private: non bisogna cioè recare pregiudizio a stabilità, sicurezza, decoro architettonico del fabbricato.

Chi rispetta tali vincoli non avrà la necessità di chiedere una delibera autorizzativa dell’assemblea (Cassazione 24006/2004). Né potrà costituire impedimento una diffida dell’assemblea a desistere o un’eventuale delibera contraria (Cassazione 3508/1999; Cassazione 1554/1997).

Quali opere sono considerate legittime?

La giurisprudenza ha identificato alcune modifiche come legittime, tra cui:

  • varchi per l’accesso ai locali propri (Cassazione 28025/2011);
  • aperture di porte o finestre o ampliamento di quelle esistenti (Cassazione 53/2014; Cassazione 14652/2013);
  • vetrine da esposizione (Cassazione 1554/1997);
  • insegna commerciale, anche se apposta dal locatario (Cassazione 1046/1998);
  • appoggio al muro perimetrale comune della canna fumaria (Cassazione 17965/2020; Cassazione 16066/2020).

Invece è stato considerato vietato l’incasso nel muro se può assottigliarne lo spessore impedendo agli altri di farne pari uso (Cassazione 16066/2020).

Bisogna chiedere sempre autorizzazione al condominio?

Sebbene in generale non sia necessario rimettere ogni decisione all’assemblea, esistono eccezioni. Ciò succede quando c’è un regolamento condominiale approvato all’unanimità, detto “regolamento contrattuale“: in tal caso, se una clausola del regolamento vieta determinate opere o le subordina al previo permesso dell’assemblea, bisognerà rispettare tale procedura.

Se il regolamento esclude determinati interventi sulla cosa comune o nelle proprietà private (ad esempio la divisione di un appartamento con conseguente frazionamento in due unità catastali diverse), per aggirare il divieto bisogna ottenere l’autorizzazione dell’assemblea con l’unanimità.

Cosa prevedono i regolamenti di condominio?

Alcuni regolamenti stabiliscono che, prima di eseguire qualsiasi opera sui beni comuni, il condòmino è obbligato a chiedere e ottenere il nulla osta dell’assemblea (qualche regolamento poi aggiunge che ove l’assemblea non venga convocata entro trenta giorni dalla richiesta il condòmino potrà eseguire i lavori ma sempre a suo rischio e responsabilità verso tutti). Se l’assemblea si pronuncia in senso negativo non rimane al condòmino che impugnare la delibera dimostrando in corso di causa che le opere preventivate non arrecavano alcuno dei pregiudizi previsti dalla legge. Bisogna però dimostrare che l’autorizzazione non avrebbe potuto comunque essere negata (Cassazione 12190/1917). In tal caso il condòmino può essere tenuto soltanto al risarcimento dell’eventuale danno per la violazione del regolamento (Cassazione 22596/2010).

Al contrario, ove le opere risultino dannose (ad esempio per lesione del decoro architettonico) l’autore deve provvedere alla rimessa in pristino.

 
Pubblicato : 2 Ottobre 2023 06:30