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Quando scatta il rimborso?

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(@mariano-acquaviva)
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I principali casi in cui si ha diritto alla restituzione integrale del prezzo pagato: dalla garanzia per prodotto difettoso alla risoluzione per inadempimento.

Ci sono termini molto generici che però hanno il pregio di essere più efficaci di tante espressioni tecniche. Una di queste è la parola “rimborso”, impiegata in modo piuttosto comune per riferirsi a tutte le volte in cui una certa somma di denaro deve essere restituita per qualche tipo di ragione. Con questo articolo ci soffermeremo proprio su questo specifico argomento: vedremo cioè quando scatta il rimborso.

In effetti la legge fa ricorso a questo termine con riferimento al diritto del consumatore di vedersi restituite le somme che ha pagato per un bene difettoso; allo stesso modo, si ha diritto al rimborso quando si esercita il diritto di recesso previsto dal Codice del consumo. Ma procediamo con ordine. Se l’argomento t’interessa, prosegui nella lettura: vedremo insieme quando scatta il rimborso.

Cos’è il rimborso?

Il rimborso consiste nella restituzione di una somma di denaro che è stata versata quale corrispettivo di altra prestazione.

Con il termine rimborso non ci si riferisce, quindi, al risarcimento oppure al pagamento di interessi, ma all’esatta riconsegna di quanto era stato dato originariamente.

Quali sono le cause del rimborso?

Le ragioni che giustificano un rimborso possono essere tante: dalla restituzione del prezzo pagato per un bene rivelatosi poi difettoso fino all’esercizio del diritto di ripensamento tipico dei consumatori, passando per la risoluzione del contratto per inadempimento.

Ciò che è certo è che il rimborso presuppone quasi sempre lo scioglimento dell’originario vincolo tra le parti, cioè tra chi ha pagato e chi ha ricevuto la somma, presumibilmente dando a sua volta qualcosa in cambio.

Fa eccezione il caso della ripetizione dell’indebito, che si verifica quando una somma è stata pagato per sbaglio, senza alcuna ragione.

Si pensi chi effettua un bonifico inserendo un iban sbagliato: in un’ipotesi del genere, chi ha ricevuto il pagamento senza nessun motivo è tenuto alla restituzione integrale di quanto avuto per sbaglio.

Il rimborso previsto dalla garanzia

Come detto in precedenza, il più tipico caso di rimborso è quello che spetta al consumatore che ha acquistato un bene che scopre, poi, essere viziato, cioè guasto.

In queste ipotesi, la legge dice che l’acquirente ha diritto di chiedere:

  • la riparazione o la sostituzione del prodotto difettoso o difforme alle promesse;
  • la riduzione del prezzo o il rimborso integrale, nell’ipotesi in cui non sia possibile procedere alla riparazione o alla sostituzione.

Il consumatore non potrà quindi ottenere immediatamente il rimborso del prezzo, ma dovrà preliminarmente verificare che ci sia la possibilità di riparare o di sostituire il prodotto difettoso.

Solo se la riparazione o la sostituzione non sono possibili o sono eccessivamente onerose per il venditore, allora si potrà procedere con il rimborso integrale del prezzo pagato.

Il rimborso nel caso di recesso

Ogni volta che si acquista un bene a distanza (ad esempio, online) oppure al di fuori dei locali commerciali (per strada, in una fiera, ecc.), il consumatore ha diritto di recedere dal contratto stipulato senza doverne spiegare le ragioni.

Si tratta di un recesso libero, privo di condizioni, per tale ragione chiamato “diritto di ripensamento”. L’unico limite da rispettare è il termine per il suo esercizio: 14 giorni dal giorno in cui è stato concluso il contratto oppure ricevuto il bene (nel caso di acquisto a distanza).

Il consumatore è tenuto alla restituzione dei beni entro 14 giorni dalla data in cui ha comunicato al professionista la sua decisione di esercitare il diritto di ripensamento.

Il consumatore deve sostenere solo il costo diretto della restituzione dei beni, purché il professionista non abbia concordato di sostenerlo o abbia omesso di informare il consumatore che tale costo è a carico del consumatore.

il professionista è tenuto a rimborsare tutti i pagamenti ricevuti dal consumatore, eventualmente comprensivi delle spese di consegna, entro 14 giorni dal momento in cui è stato informato della decisione del consumatore di recedere dal contratto.

Il professionista esegue il rimborso utilizzando lo stesso mezzo di pagamento usato dal consumatore per la transazione iniziale, salvo che il consumatore non abbia convenuto altrimenti e a condizione che questi non debba sostenere alcun costo quale conseguenza del rimborso.

Il professionista non è invece tenuto a rimborsare i costi supplementari, qualora il consumatore abbia scelto espressamente un tipo di consegna diversa dal tipo meno costoso di consegna offerto dal professionista.

Il rimborso nel caso di risoluzione per inadempimento

Se una delle parti del contratto non rispetta gli obblighi sorti dall’accordo, il soggetto non inadempiente può chiedere la risoluzione del contratto, cioè il suo scioglimento.

La conseguenza di questa scelta è il rimborso di quanto pagato senza ricevere nulla in cambio. Ad esempio, se si versa per intero il prezzo per l’acquisto di un’auto ma la concessionaria non rispetta i tempi di consegna, il compratore può legittimamente sciogliere il contratto e chiedere il rimborso integrale di quanto pagato, oltre al risarcimento dei danni.

La risoluzione fa nascere il diritto al rimborso in quanto, venendo meno il contratto, la prestazione eseguita non ha più ragion d’essere.

 
Pubblicato : 7 Luglio 2023 08:45