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Quando le donne hanno ottenuto il diritto al lavoro?

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(@valentina-azzini)
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Tanti secoli, tanti interventi normativi, ma esiste una effettiva parità tra uomo e donna?

La donna in ogni epoca ha sempre subito discriminazioni, sotto tutti i punti di vista: giuridico, economico e civile. Tradizionalmente dedita alla cura della casa e della famiglia, la donna inizia ad avere un ruolo degno di considerazione come lavoratrice solo tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900. L’industrializzazione e l’urbanesimo possono considerarsi l’input per l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro e per una nuova considerazione del ruolo femminile, al di fuori della famiglia e della casa. Le due guerre mondiali hanno poi consentito una maggior partecipazione sociale della donna, in assenza delle figure maschili impegnate a combattere. Ma quando le donne hanno ottenuto il diritto al lavoro? Possiamo dire che solo dall’entrata in vigore della Costituzione viene finalmente sancita la parità di genere, in tutti gli ambiti, compreso quello lavorativo, pur con il permanere di questioni ancora irrisolte, inerenti in particolare alle possibilità di carriera e di l’accesso alle cariche pubbliche. Vediamo però nel dettaglio qual è stata l’evoluzione normativa della tutela del lavoro femminile e come la donna oggi viene tutelata nel mondo del lavoro.

Sono indubbiamente stati fatti progressi enormi volti a garantire diritti e pari opportunità alle donne a livello lavorativo, sociale, politico ed economico, anche se non sempre tali diritti e pari opportunità trovano pieno effettivo riconoscimento.
Il primo testo che ha riconosciuto a livello mondiale il ruolo femminile è la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvavate dalle Nazioni Unite nel 1948: in particolare, l’art. 1 sancisce che tutti gli esseri umani nascono liberi e con gli stessi diritti e dignità, mentre l’art. 2 dispone che i diritti devono essere garantiti indipendentemente dall’etnia, dal genere, dalla religione e dalle idee politiche.
A livello europeo, invece, è la Carta Fondamentale dei diritti dell’Unione Europea a sancire la pari dignità tra uomo e donna, in ogni ambito. Il Parlamento europeo, in particolare, ha evidenziato la necessità di una maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, di un maggior sostegno all’imprenditoria femminile, di una giusta divisione delle incombenze domestiche tra uomo e donna, nonché l’annosa necessità di eliminare il divario retributivo tra uomini e donne.

La tutela della donna nel diritto italiano

La Costituzione

Il diritto italiano tutela il ruolo della donna innanzitutto nella Costituzione, la quale all’art. 3 sancisce innanzitutto il principio di pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla legge indipendentemente dal sesso, razza, religione, idee politiche e condizioni personali.

Il successivo art. 29 riconosce poi nella famiglia il nucleo fondante della società, all’interno del usale i coniugi hanno i medesimi diritti e doveri.

In ambito lavorativo, invece, l’art. 37 della Costituzione riconosce gli stessi diritti e la stessa retribuzione in ambito lavorativo tra uomo e donna e garantisce alle donne la predisposizione di misure volte a conciliare la vita lavorativa con le incombenze famigliari e il proprio ruolo di madre. I “medesimi diritti” di cui la donna deve godere in ambito lavorativo coinvolgono tutto il rapporto di lavoro, dalla sua fase genetica (il colloquio), fino alla sua cessazione (licenziamento o dimissioni).

La tutela della lavoratrice madre

La donna non solo deve essere tutelata in quanto lavoratrice, ma soprattutto in quanto lavoratrice madre. Per questo motivo il nostro ordinamento dispone di una serie di tutele volte a garantire la donna in questo delicato e importantissimo momento della propria vita e ruolo fondamentale.

La lavoratrice madre merita dunque particolare tutela sin dal momento in cui si trova in gravidanza, non potendo essere adibita a mansioni particolarmente gravose (e comunque incompatibili con il suo stato interessante), potendo godere di permessi retribuiti per assentarsi dal lavoro al fine di effettuare visite, esami ed accertamenti medici, non potendo svolgere lavoro notturno e dovendosi esentare dal prestare attività lavorativa per un periodo minimo di cinque mesi, tra la fine della gravidanza e il periodo successivo al parto (c.d. congedo di maternità), non potendo essere licenziata dal momento in cui rimane incinta fino al compimento dell’anno di vita del bambino.

La lavoratrice madre ha diritto inoltre a permessi per allattamento e, in viaria misura, in caso di malattia del bambino.

La donna in politica

Il primo passo verso la parità tra uomini e donna e anche a livello politico è stato compiuto nel 1945 grazie al suffragio universale, ossia il diritto riconosciuto a tutti i cittadini maggiorenni di poter esercitare il diritto al voto e di poter partecipare attivamente alle elezioni politiche.

A livello costituzionale, l’art. 51 della garantisce a tutti i cittadini la possibilità di ricoprire cariche elettive. Tuttavia, ad oggi, la percentuale di donne nelle istituzioni è ancora lontana dall’essere pari a quella degli uomini. Si pensi anche al fatto che, ad esempio, nessuna donna in Italia ha mai ricoperto la carica di Capo dello Stato e solo recentemente, per la prima volta nella storia, abbiamo una donna Presidente del Consiglio. Chissà che questo, al di là delle idee politiche di ognuno di noi, non possa essere considerato un primo passo per una modernizzazione in chiave femminile del nostro Paese.

 
Pubblicato : 22 Ottobre 2023 13:30