Quando la moglie non ha diritto al mantenimento?
Seppur di norma dovuto tutte le volte in cui vi è una disparità economica tra marito e moglie, l’assegno di mantenimento non scatta automaticamente. Difatti bisogna anche dimostrare che tale situazione è incolpevole.
Cambiano i tempi e, con essi, anche l’interpretazione dei giudici. Una volta era più facile ottenere l’assegno di mantenimento a seguito di una separazione o del divorzio: bastava dimostrare una disparità economica tra i due coniugi. Sicché quello più povero si vedeva riconoscere dal giudice, quasi automaticamente, il diritto agli alimenti. Oggi non è più così. Chi chiede infatti l’assegno mensile deve anche fornire la prova che il divario economico non dipende da un proprio comportamento colpevole.
Tenendo allora conto del fatto che, per quanto riguarda il reddito, sono le donne, il più delle volte, la parte più debole della famiglia, cerchiamo di capire quando la moglie non ha diritto al mantenimento.
In questo articolo scopriremo tutti i casi in cui il tribunale può negare gli alimenti all’ex coniuge, tenendo conto della sua età, della sua attitudine a lavorare, delle sue pregresse esperienze, delle condizioni di salute, dello stipendio su cui può già fare affidamento, della durata del matrimonio. Sono tutti parametri che il giudice deve tenere in considerazione nel momento in cui prende tale decisione. Ma procediamo con ordine.
Quando spetta l’assegno di mantenimento?
Come detto, due sono i presupposti per poter chiedere, ottenere e anche mantenere nel tempo l’assegno di mantenimento:
- l’incapacità di mantenersi da solo e di badare alle proprie necessità;
- l’incolpevolezza di tale condizione, che non deve quindi dipendere da circostanze oggettive o da scelte condivise della coppia.
Cerchiamo di spiegarci meglio.
Quanto al primo punto, non basta avere un reddito più basso dell’ex. È necessario non avere la cosiddetta “autosufficienza economica”. Se infatti, nonostante ciò, si è nella condizione di provvedere a sé stessi e alle proprie esigenze, non si può vantare alcun diritto al mantenimento nei confronti del precedente coniuge.
Si pensi a una donna che, con uno stipendio da insegnante, abbia sposato una persona ben più ricca di lei: benché tra i due vi sia un forte divario economico, la moglie non può chiedere gli alimenti avendo già uno stipendio di tutto rispetto che le consente di condurre una vita dignitosa. È cioè autosufficiente.
Diverso sarebbe il caso di una donna disoccupata che, pur volendo, non riesca a trovare lavoro. In tale ipotesi avrebbe diritto al mantenimento.
Dunque, ciò che conta per ottenere il mantenimento non è un dislivello economico ma l’assenza di autonomia reddituale.
Quanto al secondo punto, è necessario che tale situazione di “povertà” non sia imputabile a una scelta volontaria e autonoma. Così, la donna che non vuole lavorare, benché giovane e formata, non può pretendere il mantenimento. Invece colei che, d’accordo con il marito, decida di dedicarsi alla casa e ai figli, perdendo negli anni ogni legame con il mondo del lavoro, avrà diritto a un assegno di mantenimento parametrato al contributo da lei fornito alla famiglia e quindi alla ricchezza dell’ex.
Quando non spetta l’assegno di mantenimento?
Sulla base delle recenti decisioni adottate dalla giurisprudenza, elenchiamo qui di seguito le ipotesi più frequenti in cui viene escluso il mantenimento:
- quando sussiste una potenzialità reddituale per età e formazione;
- quando non viene data la prova dell’incolpevolezza dell’incapacità economica;
- quando si subisce l’addebito della separazione o del divorzio;
- quando il matrimonio è durato troppo poco per generare aspettative reddituali;
- quando il richiedente ha già un reddito che gli garantisce l’autosufficienza.
Vediamo singolarmente tali situazioni.
Potenzialità reddituale
La donna ancora giovane, formata, con un titolo professionale o con una abilitazione, o che ha esperienze lavorative, è tenuta a spendere la propria formazione per trovare un lavoro. Non può quindi pretendere il mantenimento.
La Cassazione ritiene che, fino a 40 anni, la donna sia ancora in età lavorativa.
Naturalmente, oltre all’età, deve essere valutata anche la condizione fisica: si deve cioè parlare di una persona in piena salute, priva di inabilità al lavoro.
L’assenza di prove dell’incolpevolezza della disoccupazione
Come detto, è chi chiede il mantenimento a dover fornire la prova che il proprio stato di disoccupazione e di incapacità reddituale non dipende da propria inerzia. Il che significa dimostrare di essersi dati da fare nella ricerca di un’occupazione tramite l’invio del curriculum, la partecipazione a bandi e concorsi, l’iscrizione a centri per l’impiego.
Come anticipato, si può anche fornire la prova di essersi dedicati al ménage domestico d’accordo con l’ex coniuge (non quindi per scelta personale).
Addebito
Se la colpa della separazione è addebitabile a uno dei due coniugi, questi – anche se privo di redditi – non ha diritto agli alimenti. La colpa però non è quella che deriva dal non essere più innamorati, non essendo un obbligo di legge amare una persona fino alla morte. Ma piuttosto consiste nella violazionedei doveri del matrimonio: fedeltà, convivenza, rispetto, contribuzione ai bisogni comuni. Pertanto chi viene ritenuto responsabile dal tribunale per la separazione o il divorzio e subisce il cosiddetto “addebito”, non può pretendere alcunché.
Matrimonio breve
Di norma la durata del matrimonio incide, più che sul riconoscimento del mantenimento, sulla sua misura. Tuttavia quando il matrimonio è “lampo” (si pensi a un divorzio intervenuto dopo pochi mesi di convivenza) allora il giudice avrebbe ragione a rigettare la richiesta di mantenimento.
Autosufficienza economica
L’ultimo caso è quello che abbiamo già esemplificato: la donna con un proprio reddito che, sebbene inferiore a quello dell’ex marito, le consente di condurre un tenore di vita dignitoso, non ha diritto ad alcun mantenimento.
La giurisprudenza ritiene dovere di chi abbia già un contratto part-time di presentare al proprio datore di lavoro una richiesta di estensione del contratto a full-time prima di poter pretendere il mantenimento. Deve cioè sfruttare tutte le proprie capacità di lavoro prima di andare a gravare sulle tasche altrui.
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