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Quando il coniuge non eredita?

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(@angelo-greco)
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Come e quando diseredare il marito o la moglie: tecniche per non lasciare alcun bene al coniuge. 

Non si può diseredare la moglie o il marito. Non almeno in condizioni di una normale vita di coppia, seppur caratterizzata da contrasti e litigi. Bisognerebbe divorziare per fare in modo che il coniuge non erediti nulla. La semplice separazione dunque non basta. La legge prevede però delle eccezioni di cui ci occuperemo qui di seguito. Vedremo cioè quando il coniuge non eredita e come fare affinché ciò si verifichi. Ma procediamo con ordine. 

Cosa spetta al coniuge?

Il coniuge è un erede legittimario: la legge cioè gli riconosce sempre una quota del patrimonio del defunto. Tale quota, in assenza di testamento, andrà divisa con i figli (in particolare, in presenza di un solo figlio, il coniuge riceve metà del matrimonio; invece, in presenza di due o più figli, al coniuge va un terzo del patrimonio). Se invece non ci sono figli, e sempre in assenza di testamento, il coniuge è erede universale. 

Anche se il defunto ha fatto testamento, non può lasciare al coniuge una quota di patrimonio inferiore rispetto a quella prevista inderogabilmente dalla legge (la cosiddetta «legittima» o anche «quota indisponibile»). Se lo facesse, il coniuge avrebbe 10 anni dalla sua morte per impugnare il testamento e, se ciò non dovesse bastare, per revocare le donazioni fatte dal defunto quando ancora era in vita che hanno ridotto il relativo patrimonio.  

Inoltre al coniuge spetta anche il diritto di continuare a vivere nella casa familiare ove la coppia dimorava prima del decesso. Tale diritto – meglio noto come «diritto di abitazione» – comporta anche la facoltà di usare la relativa mobilia presente nell’immobile. A fronte di ciò, gli altri eredi eventualmente comproprietari della casa non possono chiedere il pagamento di un canone o un risarcimento. 

Il diritto di abitazione cessa con la morte del coniuge superstite o con il suo trasferimento.

Come diseredare il coniuge?

Per diseredare il coniuge non basta separarsi. È necessario ottenere il divorzio. Con una recente riforma è possibile chiedere al tribunale il divorzio con la stessa domanda di separazione. Intervenuto il divorzio, in verità, non è necessario un atto formale di diseredazione. Difatti il coniuge perde in automatico la sua qualità di erede legittimario; sicché, se non viene citato nel testamento, non avrà diritto a nulla. Dunque, per diseredare il marito o la moglie da cui si è già divorziati basta non farne alcuna menzione nel testamento.

Tuttavia è possibile diseredare il coniuge anche prima in due occasioni. Le vedremo qui di seguito.

La separazione con addebito

La prima ipotesi ricorre nel caso di separazione con addebito. In particolare, quando il giudice accerta che la separazione è avvenuta per colpa di uno dei coniugi per aver violato i doveri coniugali, questi perde la sua qualità di erede legittimario. Si pensi al marito che va via di casa senza giustificato motivo o alla moglie responsabile di adulterio. 

Le ipotesi di addebito possono anche essere altre: succede, ad esempio, quando il coniuge viene meno al dovere di assistere fisicamente e moralmente l’altro, quando non adempie agli obblighi coniugali (ivi compreso il dovere di avere rapporti sessuali), quando dilapida il patrimonio familiare con il gioco o le scommesse. 

Insomma, per evitare che al coniuge vada la propria eredità è necessario intraprendere una separazione e, con essa, chiedere al giudice che pronunci l’addebito a carico del marito o della moglie che ha causato la crisi coniugale.

La dichiarazione di indegnità a succedere

Il secondo caso in cui è possibile diseredare il coniuge ricorre quando questi viene dichiarato, dopo la morte del testatore, indegno a succedere. L’indegnità a succedere scatta nel caso di commissione di reati particolarmente gravi come l’omicidio (consumato o anche solo tentato), la calunnia per reati particolarmente gravi (si pensi alla moglie che accusa il marito di molestie che poi sono risultate infondate). 

In questo caso, quindi, a differenza di quello precedente, ad agire contro il coniuge non può essere quest’ultimo – essendo già defunto – bensì gli altri eredi che concorrono con lui nella divisione del patrimonio. 

Il testatore potrà comunque menzionare il comportamento indegno del coniuge nel proprio testamento al fine di renderne edotti gli altri eredi e consentire a questi di procedere in via giudiziale per l’accertamento del comportamento incriminato. 

Stratagemmi per non lasciare nulla al coniuge

Spesso si usano alcuni stratagemmi per svuotare il patrimonio prima della propria morte e non lasciare nulla al coniuge. Alcuni sono soliti fare delle donazioni ai figli o ad altri familiari. Tuttavia, come detto, questo comportamento è assai rischioso e non trova tutela nella legge. Difatti il coniuge che è rimasto senza la propria quota di legittima può, entro 10 anni dall’apertura della successione, impugnare le donazioni e far sì che la divisione del patrimonio avvenga secondo le regole dettate dalla legge.

Altre persone simulano vendite che, in realtà, nascondono donazioni. Anche in questo caso però l’atto è revocabile dal coniuge entro 10 anni. 

C’è chi invece procede a una serie di vendite effettive del proprio patrimonio, incassando il relativo corrispettivo e poi spendendolo. Contro tale comportamento, invece, non ci sono molte tutele. Difatti non è revocabile la volontà di alienare i propri beni a terzi (salvo appunto, come detto sopra, non si tratti di una simulazione). Quindi il coniuge che veda l’altro vendere i propri beni e poi “sprecare” i soldi incassati a titolo di prezzo non può fare nulla per impedire che ciò avvenga.

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Pubblicato : 9 Febbraio 2023 11:45