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Quando è obbligatorio il badge?

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(@carlos-arija-garcia)
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L’azienda è tenuta ad assegnare ad ogni dipendente il cartellino per timbrare l’orario di entrata e di uscita? Quali vantaggi per datore e lavoratore?

È l’unico strumento che, se utilizzato correttamente (e non per finire sui giornali come i soliti furbetti del cartellino), è n grado di garantire la presenza di un dipendente sul posto di lavoro. E ciò a vantaggio di entrambe le parti: il datore saprà se il suo lavoratore è puntuale la mattina e va via la sera quando deve. Viceversa, il dipendente avrà in mano la prova delle ore che effettivamente passa in azienda e degli eventuali straordinari fatti durante il mese. Il cartellino serve proprio a questo, a rilevare le presenze in azienda a beneficio di tutti. Ma è un optional? È uno strumento facoltativo? Quando è obbligatorio il badge?

Diversi anni fa, il cartellino era stato imposto nel settore dell’edilizia per le imprese con più di dieci dipendenti. Da qualche anno, però, è (o dovrebbe essere) obbligatorio per tutti. È stata una sentenza del 2019 della Corte di giustizia europea [1] a prevedere tale vincolo in tutti gli Stati membri. Vediamo in quali termini.

Come funziona il badge aziendale?

Il badge aziendale, comunemente chiamato anche «cartellino», è una tessera che il datore di lavoro consegna al dipendente subito dopo l’assunzione per registrare le sue entrate e le sue uscite in ufficio o nello stabilimento in modo tale da rilevare la sua presenza e di verificare l’orario in cui arriva e va via.

Ormai sono poche le aziende che ricorrono al vecchio cartellino cartaceo, che si inserisce in un lettore con un sistema in grado in stampare l’orario in entrata e in uscita: la stragrande maggioranza utilizza quello elettronico, cioè il tesserino dalle dimensioni di una carta di credito che si striscia o si appoggia ad un dispositivo e viene letto a distanza da un apposito software. I dati rimangono registrati in un terminale.

I dipendenti devono avere la possibilità di accedere, tramite la pagina personale del portale aziendale, ai dati registrati dal software, per controllare che le rilevazioni siano state fatte in modo corretto.

Il badge elettronico riporta solitamente nome e cognome del dipendente, il ruolo, a volte anche una sua fotografia e il nome dell’azienda. In altri casi c’è un numero identificativo, un codice a barre, un QR code o una banda magnetica che contiene i dati del lavoratore.

Quali sono i vantaggi del badge?

Come detto all’inizio, i vantaggi dell’uso del badge aziendale sono sia per il datore sia per il dipendente: entrambi, infatti, hanno la sicurezza della presenza del lavoratore in azienda. Ma non si tratta solo di questo. La timbratura consente anche di:

  • sapere chi entra e chi esce in azienda;
  • controllare la puntualità e la correttezza del lavoratore;
  • tenere sotto controllo lo straordinario lavorato dal dipendente;
  • rafforzare il senso di responsabilità del lavoratore, costretto grazie al tesserino ad arrivare ad una certa ora in azienda e a non uscire prima del tempo.

È obbligatorio il badge aziendale?

Il primo obbligo di utilizzo del badge è stato introdotto nel settore dell’edilizia, nel 2006. La legge 248 approvata quell’anno ha imposto alle imprese del comparto con più di dieci dipendenti di adottare il tesserino di riconoscimento con la foto, le generalità e il nome del datore di lavoro. L’obiettivo è quello di contrastare il più possibile il lavoro nero e di migliorare la sicurezza nei cantieri edili.

Più recentemente, la Corte di giustizia europea ha ritenuto opportuno regolamentare a livello comunitario l’utilizzo del cartellino, per permettere ai datori di lavoro di avere una misurazione certa e affidabile delle presenze di ciascun dipendente. Per i giudici di Lussemburgo, il badge aziendale è un sistema di rilevamento «oggettivo, affidabile e accessibile» che si basa sull’utilizzo di schede elettroniche personali, chiaramente correlate alle generalità del singolo dipendente. Significa che non può essere ceduto a terzi ma deve essere utilizzato esclusivamente dal proprietario. Va ricordato, a tal proposito, che scambiare il proprio badge con altre persone può configurare reato di sostituzione d’identità [2], quindi oltre ai provvedimenti disciplinari per farsi timbrare da un altro ci possono essere anche i risvolti penali.

La Cgue, nella sua sentenza, ha introdotto l’obbligo del badge prevedendo un sistema di controllo degli accessi in grado di rilevare la presenza e registrare orari di ingresso e di uscita, permessi, ferie e ore di lavoro aggiuntive. Questo sistema, d’altro canto, deve tener conto della Regolamento europeo sulla privacy, il cosiddetto Gdpr, il che vuol dire che i dipendenti devono essere a conoscenza del trattamento dei propri dati e avere garanzia che i dati estrapolati da questi sistemi di accesso vengano conservati e tutelati dall’azienda che ne è responsabile.

La sentenza della Corte europea era nata dal caso sollevato in Spagna da un sindacato che aveva fatto causa a Deutsche Bank sul mancato effettivo controllo degli straordinari dei lavoratori. In sostanza, il «sindicato» spagnolo voleva che l’istituto bancario adottasse un sistema di registrazione dell’orario di lavoro giornaliero al fine di consentire la verifica delle ore normali e straordinarie effettuate dai dipendenti.

La Cgue ha ricordato che la normativa comunitaria fissa delle prescrizioni minime per migliorare le condizioni di vita e lavoro dei lavoratori, tra cui la previsione di limiti massimi di orario di lavoro, permessi, riposi, ecc. Diritti che devono essere garantiti dai singoli Stati. In assenza di un sistema di misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto dai lavoratori – concludono i giudici – non c’è altra via diversa dal badge per stabilire con oggettività e affidabilità il numero di ore di lavoro svolte, la loro ripartizione nel tempo e il numero di ore straordinario.

 
Pubblicato : 26 Luglio 2023 10:30