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Quando conviene il canone concordato?

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(@paolo-remer)
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Quando e perché l’affitto con la formula “3+2” è in grado di battere quella “4+4” della locazione a canone libero; quali sono i vantaggi per il proprietario e per l’inquilino.

Hai un appartamento da affittare e giustamente cerchi di trarne il massimo profitto. Sai in partenza che dovrai continuare pagare l’Imu sull’immobile di tua proprietà, ma, al di là di questa tassa inevitabile, vorresti trovare la soluzione migliore e ti stai barcamenando tra due opzioni: l’affitto a canone libero, con il prezzo che potrai determinare in base alle condizioni di mercato, e quello che una volta, ai tempi della legge sull’equo canone, si chiamava “calmierato”, perché l’importo era prestabilito dalla legge e da appositi accordi sindacali.

Dal 2016 questa vecchia forma di locazione – che non aveva riscosso molto successo, nonostante la sua obbligatorietà in parecchi casi – è stata sostituita dall’affitto a canone concordato, che offre condizioni interessanti sia per il proprietario locatore sia per l’inquilino. Questa forma di contratto sta riscuotendo un discreto successo: secondo le più recenti rilevazioni delle agenzie immobiliari, la formula “3+2” è applicata in tutta Italia nel 30% dei casi, e nelle grandi città più della metà dei contratti di locazione viene stipulata in questo modo (con picchi del 75% a Roma e a Napoli). Non è un fatto casuale: la convenienza del contratto di locazione a canone concordato c’è ed è oggettivamente misurabile. Vediamo, dunque, quando conviene il canone concordato e perché in molti casi può “battere” il contratto stipulato a canone libero.

Affitto a canone concordato: cos’è e quanto dura 

Il contratto di affitto a canone concordato è previsto per gli immobili ad uso abitativo. Prevede una durata base minima di 3 anni (che è inderogabile al ribasso, ma può essere estesa ad un periodo maggiore), con automatico rinnovo per i successivi 2 anni: da qui la formula3+2“, che si differenzia da quella “4+4” vigente per le locazioni a canone libero (4 anni di durata iniziale più altri 4 di rinnovo automatico).

Come si determina il canone concordato

L’importo del canone si definisce «concordato» perché viene determinato in base ad una contrattazione compiuta con l’assistenza delle associazioni sindacali locali degli inquilini e dei proprietari. Le condizioni concrete variano da città a città, in base alle situazioni abitative ed alle disponibilità immobiliari di ogni zona: ad esempio, l’accordo sindacale vigente per la città di Roma suddivide il territorio comunale non solo nelle consuete fasce (centro, semicentro e periferia) ma anche in molte «microzone» individuate come «aree omogenee», e in ognuna di esse bisogna mantenere l’importo del canone entro determinate «fasce di oscillazione»; il medesimo sistema viene adottato in molte altre città.

I parametri presi in considerazione per stabilire il canone concordato di ogni unità abitativa sono numerosi, e contemplano diversi coefficienti moltiplicatori, in aumento o in diminuzione, dell’importo base, costituito dal valore dell’immobile al metro quadrato di superficie – per tenere conto dello stato di manutenzione dell’immobile, della presenza di servizi ulteriori (ascensore, impianti di condizionamento, dispositivi per il superamento delle barriere architettoniche, giardino condominiale, ecc.), di arredamenti interni e della disponibilità o meno di pertinenze (come il box auto). Così all’esito di questi calcoli si ottiene l’importo del canone di affitto concordato, che verrà riportato nel contratto.

Contratto a canone concordato: quali vantaggi?

Quasi sempre l’importo del canone concordato determinato con questo meccanismo risulterà inferiore al prezzo che sarebbe possibile spuntare stipulando un contratto di affitto tradizionale, a canone libero. Per rendere più appetibile la formula, il legislatore ha previsto alcuni vantaggi in favore di chi stipula un contratto di locazione a canone concordato: gli aspetti positivi riguardano sia il locatore sia il conduttore, quindi ci sono dei benefici sia per il proprietario che per l’inquilino. Vediamo in dettaglio quali sono.

Vantaggi per il proprietario

Il proprietario locatore che stipula un contratto di affitto a canone concordato gode dei seguenti vantaggi:

  • esenzione dall’imposta di registro all’atto della registrazione (che rimane un adempimento dovuto, ma diventa esentasse: non si paga neanche il bollo);
  • tassazione dei canoni di affitto con il sistema della “cedolare secca” ad aliquota agevolata del 10% (anziché del 21%);
  • in alternativa, se si opta per la tassazione Irpef ordinaria, c’è uno sconto del 30% sulla base imponibile;
  • riduzione dell’Imu in misura pari al 25% (alcuni Comuni riconoscono percentuali maggiori).

Vantaggi per l’inquilino

L’inquilino di un contratto in regime concordato beneficia, innanzitutto, di un canone di affitto inferiore rispetto a quello che avrebbe dovuto pagare in condizioni  di libero mercato, ma oltre a ciò usufruisce anche di maggiori detrazioni Irpef: precisamente, se il suo reddito complessivo annuo non supera i 15.493,71 euro annui, ha diritto a una detrazione pari a 495,80 euro, che potrà portare in diminuzione dell’imposta da pagare; se il reddito è superiore a tale cifra, ma inferiore a 30.987,41 euro, gli spetta comunque una detrazione di 247,90 euro.

Canone concordato: il test di convenienza

Tirando le fila di quanto abbiamo detto, è evidente che la convenienza fiscale per il proprietario che affitta a canone concordato cresce con l’ammontare del suo reddito complessivo, perché l’Irpef da pagare sui proventi annui della locazione sarà del 10% anziché seguire il regime ordinario degli scaglioni Irpef, con aliquote crescenti che possono arrivare al 43% per i redditi elevati. Bisogna tenere presente che anche nei contratti a canone libero è possibile optare per la cedolare secca, ma soltanto con l’aliquota ordinaria del 21%.

Tenendo conto di questo divario di almeno 11 punti percentuali di Irpef in meno da pagare, e degli ulteriori risparmi derivanti dalla riduzione di un quarto dell’Imu e dell’esenzione dall’imposta di registro (che è pari al 2% del valore del canone annuo, con un minimo di 67 euro, più 32 euro di bolli), è possibile fare un semplice test di convenienza dell’affitto a canone concordato, confrontando il totale delle spese risparmiate con il maggior canone che si sarebbe potuto percepire stipulando il contratto di locazione a canone libero in base ai prezzi di mercato.

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Pubblicato : 25 Febbraio 2023 14:00