Quali tasse da pagare sul contratto di affitto?
La parte da dedicare al Fisco quando si dà in locazione un bene. Le percentuali nel regime ordinario e con a cedolare secca.
Il Fisco pretende una parte sull’accordo di locazione stipulato tra proprietario e inquilino. Entrambi, infatti, ciascuno per la sua parte, devono versare allo Stato delle imposte già solo per il fatto di concludere il contratto. E quali sono le tasse da pagare sul contratto d’affitto?
Occorre distinguere, innanzitutto, tra il locatore soggetto Iva (ad esempio, se si tratta di una società) o non soggetto Iva (se il proprietario dell’immobile è un privato). Non bisogna, poi, dimenticare che, dal punto di vista fiscale, ci sono delle agevolazioni per entrambe le parti. Vediamo.
Contratto d’affitto: l’imposta di registro
L’affitto di un immobile sconta l’imposta di registro in misura fissa o proporzionale a seconda che il locatore sia o meno soggetto Iva.
Nel primo caso, si parla di chi esercita come attività abituale la locazione di beni mobili o dell’imprenditore che concede in affitto un bene della propria impresa. L’operazione è soggetta a Iva e l’imposta è dovuta solo in caso d’uso, salvo che il contratto sia stato redatto per scrittura privata autenticata o per atto pubblico. In tal caso, infatti, va effettuata la registrazione nel termine fisso.
In entrambi i casi, l’imposta è applicata in misura fissa pari a 200 euro, una sola volta per l’intera durata del contratto, qualunque sia l’importo del canone.
Se, invece, il proprietario dell’immobile è un privato o anche professionista che affitta un bene in via occasionale, l’imposta di registro è dovuta, una sola volta e per tutta la durata del contratto in misura proporzionale con l’aliquota del 3%. Viene applicata al momento della registrazione, sull’ammontare complessivo dei canoni previsti.
La registrazione va effettuata nel termine di 30 giorni dalla data di stipulazione dell’atto.
Quando il contratto è stipulato per scrittura privata non autenticata e l’imposta derivante dall’applicazione dell’aliquota del 3% è inferiore a 200 euro, è applicata comunque l’imposta fissa pari a 200 euro.
Al momento della registrazione del contratto occorrerà pagare anche l’imposta di bollo da 16 euro ogni 100 righe oppure ogni quattro facciate per ciascuna copia.
Contratto di affitto: imposte dirette e Iva
Se il proprietario dell’immobile oggetto del contratto di affitto è un soggetto che produce reddito d’impresa, i canoni di locazione ne entrano a far parte e si considerano conseguiti alla data di maturazione dei corrispettivi, indipendentemente dalla data di effettiva percezione.
Se i beni oggetto di locazione sono di proprietà dell’impresa e, pertanto, risultano iscritti nello stato patrimoniale, annualmente sarà deducibile una quota di ammortamento calcolata applicando al costo del bene stesso il coefficiente di ammortamento proprio del settore produttivo dell’impresa. L’ammortamento sui singoli beni, infatti, continua ad essere calcolato dall’impresa locante, per la quale tali beni restano strumentali.
La concessione di beni in locazione costituisce una prestazione di servizi rilevante ai fini Iva e, quindi, è soggetta all’imposta secondo le ordinarie regole previste in materia.
Se il proprietario è un privato, ai fini delle imposte dirette i redditi derivanti dal contratto di affitto sono imponibili sulla base dell’ammontare percepito nel periodo d’imposta. Essi rientrano nella categoria dei redditi diversi. Non vi è, invece, alcuna rilevanza ai fini IVA.
Per quanto riguarda, invece, l’inquilino titolare di reddito d’impresa o di lavoratore autonomo, i canoni di affitto sono deducibili a titolo di costo nel limite in cui il bene locato sia inerente all’esercizio dell’impresa (o all’esercizio di arti o professioni). In caso di uso promiscuo, la deduzione spetta in generale nel limite del 50%.
Non vi sono, invece, implicazioni fiscali nel caso in cui il conduttore sia soggetto privato.
Contratto di affitto: la cedolare secca
Esiste per il contratto di affitto un regime alternativo a quello ordinario ed è quello con cedolare secca. Non prevede l’obbligo di dichiarare le entrate provenienti dai canoni ai fini Irpef e si è esenti dal pagamento dell’imposta di registro, da quella di bollo e dalle addizionali.
Esistono due percentuali di cedolare secca:
- del 21% per i contratti a canone libero;
- del 10% per i contratti di affitto a canone concordato.
Chi non aderisce al regime fiscale della cedolare secca e resta in quello ordinario, dovrà, invece, pagare e tasse sull’affitto in base al proprio scaglione Irpef.
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