Quali debiti non si trasferiscono agli eredi?
Cosa devono e cosa non devono pagare i successori del defunto: come individuare i debiti strettamente personali e dunque intrasmissibili.
Quando una persona muore, i suoi eredi sono definiti successori a titolo universale, perché subentrano – interamente o per quote, quando sono più di uno – in tutti i suoi rapporti patrimoniali: quelli attivi ed anche quelli passivi. C’è chi al momento del decesso lascia numerose pendenze insolute: cartelle esattoriali per imposte e tasse non pagate, quote condominiali arretrate, debiti verso fornitori, multe e sanzioni di vario genere.
A fronte di ciò, i pochi beni attivi (magari un conto in banca quasi all’asciutto e una vecchia casa in campagna) possono essere di valore esiguo e non sufficienti a coprire questa mole schiacciante di debiti. Così per chi deve decidere se accettare o meno un’eredità – e, in caso positivo, capire a quali conseguenze va incontro – è indispensabile sapere quali debiti del defunto non si trasferiscono agli eredi.
La notizia confortante, per chi eredita, è che esiste un’ampia categoria di debiti che sono di natura strettamente personale e perciò intrasmissibili ai successori: di conseguenza, i creditori, pubblici e privati, non potranno bussare alla porta degli eredi per pretenderne il pagamento, e resteranno a bocca asciutta. Se ti interessa sapere quali debiti del defunto non si trasferiscono agli eredi, prosegui nella lettura.
Chi risponde dei debiti ereditari?
La responsabilità per i debiti ereditari sorge con l’accettazione dell’eredità ed ha effetto retroattivo alla data di apertura della successione (che, normalmente, coincide con la data di morte del dante causa). L’accettazione dell’eredità può avvenire con un atto esplicito e volontario o anche in modo tacito, come quando un erede si immette nel possesso dei beni del defunto (il suo conto corrente, un appartamento, ecc.) e inizia a disporne.
È importante sottolineare che la responsabilità per i debiti ereditari viene ripartita tra i coeredi, in base alle rispettive quote di eredità: ad esempio, se tre fratelli succedono al loro genitore deceduto, ognuno di essi risponde soltanto di un terzo dei debiti, e non dell’intero ammontare. Soltanto alcuni debiti fiscali – come le imposte sui redditi e l’imposta di successione – fanno eccezione a questa regola, e pertanto l’Agenzia delle Entrate può pretendere il pagamento dell’intero importo da ciascun coerede (per maggiori dettagli leggi l’articolo “Debiti fiscali e solidarietà tributaria degli eredi“).
Quali debiti passano agli eredi?
Abbiamo detto nell’introduzione che il principio generale in materia di successioni è quello della trasmissibilità di tutti i rapporti patrimoniali del defunto ai suoi eredi. Di conseguenza, essi risponderanno dei debiti già esistenti prima del decesso, ma non ancora saldati al momento della morte del dante causa. In particolare, i casi più frequenti riguardano:
- imposte erariali o tributi locali (Irpef, Iva, tassa automobilistica, Imu, Tari, ecc.);
- rate di mutuo o di rimborso prestiti e finanziamenti;
- quote condominiali o canoni di locazione;
- spese per le forniture energetiche e idriche (gas, luce, acqua, ecc.);
- debiti accertati in sentenze di condanna al pagamento di somme;
- debiti derivanti da obbligazioni assunte e contratti stipulati;
- debiti di lavoro verso i propri dipendenti (anche domestici, come colf e badanti).
Quali debiti non si trasmettono agli eredi?
Gli eredi non sono tenuti a pagare i seguenti tipi di debiti, che hanno natura personale, si estinguono con la morte del debitore originario e pertanto non si trasmettono agli eredi:
- sanzioni amministrative pecuniarie, comprese le multe per violazione alle norme di circolazione stradale, perché vige il principio della responsabilità personale del trasgressore;
- sanzioni penali di natura pecuniaria (multe e ammende);
- sanzioni tributarie (rimane fermo l’obbligo di pagamento del tributo base: perciò gli eredi dovranno chiedere all’Ente impositore o all’Agente di riscossione lo scorporo delle sanzioni);
- assegno di mantenimento o divorzile stabilito in favore dell’ex coniuge e dei figli (l’ex coniuge è tutelato con la pensione di reversibilità, e i figli con la quota di eredità loro spettante in quanto legittimari);
- gli alimenti che il defunto versava ai propri familiari in grave stato di bisogno;
- i debiti derivanti da giochi e scommesse;
- i debiti che erano già caduti in prescrizione al momento della morte del dante causa (i termini di prescrizione variano in base al tipo di debito: leggi “Quando il creditore non può più esigere il debito?“):
- le obbligazioni basate su particolari qualità e caratteristiche del defunto, come un contratto per lo svolgimento di prestazioni artistiche, artigiane o professionali.
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