Qual è la pena per diffamazione?
In quali casi offendere la reputazione altrui costituisce reato? Quali sono le sanzioni previste dalla legge per chi pubblica post offensivi?
Offendere una persona è reato se la vittima è assente e, quindi, non è in grado di difendersi. Si tratta del delitto di diffamazione, punito dalla legge con sanzioni diverse a seconda della gravità della condotta. Per l’ordinamento, infatti, una cosa è screditare qualcuno in presenza di poche persone, altro è invece farlo davanti a una moltitudine di individui, ad esempio avvalendosi dei social network oppure della stampa. Qual è la pena per diffamazione? Vediamo cosa dice la legge.
Quando c’è diffamazione?
La diffamazione consiste nell’offendere la reputazione di una persona. Perché si abbia reato occorre però che:
- la vittima sia assente;
- siano presenti almeno altre due persone, oltre al diffamatore.
L’assenza della persona offesa e la presenza di altri soggetti in grado di percepire i commenti denigratori sono quindi elementi fondamentali perché possa configurarsi il reato.
Secondo la giurisprudenza, è assente anche la persona che, pur essendoci fisicamente, non è nelle condizioni di poter ascoltare le offese a lei rivolte.
Si pensi a un gruppo di amici che, approfittando del fatto che uno di loro si è allontanato per pagare il conto, cominci a raccontarne peste e corna.
Che cos’è la reputazione?
La reputazione è la considerazione che la persona offesa ha all’interno del contesto sociale e lavorativo in cui vive. In altre parole, la reputazione è la stima che gli altri hanno di una certa persona.
La reputazione è il “bersaglio” del reato di diffamazione, che consiste per l’appunto nello screditare la vittima infangandone l’immagine.
C’è quindi diffamazione se, pubblicamente, si mettono in discussione le capacità o anche l’onestà di un professionista, come nel caso di chi, insoddisfatto del proprio dentista o avvocato, pubblichi sulla propria bacheca Facebook un commento pesantemente denigratorio.
Ugualmente, c’è diffamazione se, in condominio, si mette in giro la voce che l’inquilina dell’ultimo piano tradisce il marito quando l’uomo non c’è.
Come si può diffamare?
La diffamazione può essere fatta in qualsiasi modo: a voce, per iscritto, con immagini o disegni, con fotografie oppure filmati. Insomma: tutto ciò che sia capace di denigrare può essere considerato diffamazione.
Secondo la Cassazione [1], anche l’uso delle emoticon può costituire il reato di diffamazione, se il loro impiego serve a deridere la vittima mettendone in evidenza alcuni difetti fisici (nel caso di specie, veniva condannato l’utente che, sul proprio profilo social, dileggiava la vittima affetta da evidente miopia).
Un altro modo usato per diffamare è quello di condividere su Facebook o Instagram foto o immagini che ritraggono la vittima in una posa imbarazzante: in ipotesi del genere, non occorre nemmeno accompagnare la foto da commenti espressamente denigratori.
Alla luce di quanto detto, possiamo fare alcuni esempi di chi può essere accusato di diffamazione:
- la persona che, approfittando dell’assenza di chi si è momentaneamente allontanato, cominci a parlarne male con gli altri;
- chi spettegola sulla vita sentimentale della vittima, ad esempio mettendone in dubbio la fedeltà al coniuge;
- chi diffonde maldicenze tramite lettera o email;
- chi disegna la caricatura offensiva di una persona e poi la rende pubblica;
- chi diffonde una foto o un video che ritrae la vittima in una posa ridicola o compromettente.
Com’è punita la diffamazione?
La diffamazione viene punita con sanzioni diverse a seconda del tipo di condotta posta in essere.
La diffamazione semplice è punita con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1032 euro. Per diffamazione semplice si intende quella commessa senza avvalersi di mezzi o circostanze particolarmente lesive della reputazione della vittima [2].
La diffamazione è aggravata quando invece ricorrono circostanze che rendono l’offesa alla reputazione altrui molto grave. Per la precisione:
- se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2065 euro. È l’ipotesi, ad esempio, di chi accusa un’altra persona di essere uno spacciatore. Il reato peraltro scatta anche nel caso in cui l’attribuzione sia vera, ma fatta con intenzione denigratoria;
- se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità (ivi inclusi social network, chat di gruppo e ogni altro strumento telematico), ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro;
- se l’offesa è recata col mezzo della stampa e consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni [3];
- se l’offesa è recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.
Diffamazione: procedibilità a querela
La diffamazione è punita a querela di parte. Ciò significa che, se la vittima del reato non procederà a sporgere denuncia entro tre mesi da quando ha avuto percezione dell’offesa, le autorità non potranno procedere d’ufficio e, quindi, nessun procedimento penale potrà essere avviato.
Per ulteriori approfondimenti, si legga l’articolo dal titolo Prescrizione diffamazione via internet.
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