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Prete chiede soldi per la messa: è reato?

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(@mariano-acquaviva)
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È legale il tariffario per la celebrazione dei sacramenti in chiesa? In quali casi il sacerdote che pretende denaro per una funzione commette estorsione?

Solitamente, i fedeli che chiedono la celebrazione di una messa di suffragio oppure l’amministrazione dei sacramenti (Comunione, cresima, matrimonio, ecc.) lasciano alla parrocchia un’offerta, a mo’ di “ricompensa” per la funzione. Cosa succede, però, se il sacerdote pretende un contributo economico? Il prete che chiede soldi per la messa commette reato?

Al quesito occorre rispondere tenendo conto di quanto stabilito dal Vaticano nel 2020, allorquando sono state formalmente abolite le tariffe per messe e sacramenti. Cosa significa ciò? Un sacerdote non può chiedere un piccolo contributo per la funzione? Quali sono i rischi legali? Approfondiamo la questione.

Tariffario per messe e sacramenti: è legale?

Come anticipato, il Vaticano ha stabilito che la messa e i sacramenti non possono comportare un prezzo da pagare o una “tassa” da esigere. Al massimo, la parrocchia può accettare una libera offerta.

Il famoso “tariffario” per le funzioni religiose, in passato applicato da molti sacerdoti all’interno delle proprie parrocchie, non può quindi ritenersi una pratica valida, almeno secondo la Chiesa.

Dal punto di vista legale, invece, il prete può chiedere soldi per la messa o per la celebrazione dei sacramenti, come ad esempio per la cresima, per la Comunione o per il matrimonio?

In linea di massima sì, anche se i fedeli non sono tenuti a darglieli.

Se poi il sacerdote dovesse rifiutarsi di amministrare i sacramenti o di celebrare la funzione richiesta, il fatto potrà essere segnalato alla curia diocesana (o vescovile) affinché adotti i necessari provvedimento contro il prete che ha imposto il pagamento come condizione imprescindibile per la funzione religiosa.

Sacerdote chiede soldi per la messa: è reato?

Il sacerdote che chiede soldi per la celebrazione della messa o dei sacramenti non commette reato, nemmeno se rifiuta la funzione religiosa: in quest’ultimo caso, infatti, si configurerebbe più che altro un illecito passibile di sanzione dal punto di vista del diritto canonico, come peraltro ricordato in precedenza.

Le cronache apparse sui giornali, tuttavia, ci riportano casi di sacerdoti denunciati per estorsione per aver chiesto soldi in cambio della celebrazione della messa, dei sacramenti o di un rito funebre.

Perché possa configurarsi questo delitto, tuttavia, occorre che il sacerdote non solo abbia preteso un corrispettivo ma anche che, a fronte del rifiuto, abbia prospettato conseguenze negative al richiedente.

Secondo l’articolo 629 del codice penale, infatti, l’estorsione si configura solamente se si costringe qualcuno a fare qualcosa dietro minaccia o violenza.

La minaccia di cui parla la legge consiste in qualsiasi conseguenza che genera timore in una persona, non necessariamente per la propria incolumità fisica.

Pertanto, astrattamente potrebbe configurarsi il reato di estorsione nel caso in cui il sacerdote costringa qualcuno a farsi pagare la funzione sfruttando le conseguenze negative, anche di natura morale, che deriverebbero dalla mancata celebrazione

Don Carlo, sacerdote di una piccola parrocchia, pretende 100 euro per celebrare un funerale, altrimenti lascerà che la salma venga inumata senza benedizione. I familiari, ferventi cattolici, acconsentono per impedire che il proprio estinto possa essere seppellito senza il rito religioso.

Don Patrizio, il giorno prima delle nozze, rifiuta di celebrare il matrimonio se non riceverà in cambio 500 euro. Gli sposi sono costretti ad accettare perché non possono rinviare la cerimonia per cui sono già stati fatti tutti i preparativi.

Sacerdote che chiede soldi: quando c’è estorsione?

In poche parole, se il prete sfrutta il proprio potere per ricavarne un guadagno, approfittando delle conseguenze negative derivanti dal proprio diniego, potrebbe essere denunciato per estorsione.

Non occorre invece che il denaro chiesto per la funzione sia destinato al sacerdote: c’è reato anche se il vantaggio economico ottenuto dalla condotta illecita vada a favore di qualcun altro, ad esempio delle casse della parrocchia.

Di conseguenza, c’è reato anche se il sacerdote non intasca il denaro ma lo mette a disposizione della chiesa per finanziare le attività della parrocchia.

 
Pubblicato : 28 Ottobre 2023 08:15