Prescrizione: Le ultime
La Camera dei Deputati ha dato negli scorsi mesi il via libera in prima lettura, alla riforma della prescrizione targata Nordio. Un disegno di legge parlamentare (Proposta di legge n. 893-A Pittalis e altri) recante “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di prescrizione”. La proposta di legge, risulta dall’unificazione di altre proposte di legge parlamentari e da un emendamento dei relatori Costa e Pellicini, che ha avuto il parere favorevole del Governo. Essa abolisce il nuovo istituto della improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima dei giudizi di impugnazione (art. 344 bis c.p.p.), reintroduce la prescrizione del reato in appello e in cassazione facendo quindi venire meno il blocco dopo il primo grado.
Con un tratto di penna si mandano quindi in soffitta la riforma Cartabia del 2021 (improcedibilità) e la riforma Bonafede del 2019 (blocco della prescrizione dopo il primo grado).
Prima di esaminare criticamente questa proposta di legge e di soffermarci su alcune ‘verità nascoste’, rimaste ai margini di un dibattito mediatico che risente della complessità tecnica del tema e che è pure stato accompagnato da tanti slogan e non poche fake news, diamo conto al lettore di quel che bolle in pentola; un lettore comprensibilmente esausto dopo anni di continue riforme della prescrizione, diventata il più instabile istituto del diritto e del processo penale. Basti pensare che gli studenti iscritti a giurisprudenza negli ultimi otto anni hanno studiato – ciascuno in anni diversi – cinque diverse discipline della prescrizione: la ex Cirielli (fino al 2016), la Orlando (2017-2018), la Bonafede (2019-2020), la Cartabia (2021-2023) e, ora, la 'Nordio-Delmastro.
La proposta, frutto di un accordo di maggioranza e contenuta nel testo base del disegno di legge C. 893-A, approvato dalla Commissione Giustizia il 30 ottobre scorso, è di tornare a un meccanismo sospensivo del corso della prescrizione nei giudizi di impugnazione, che in parte si sovrappone a quello introdotto dalla riforma Orlando del 2017 e in parte riprende una delle proposte alternative formulate dalla Commissione Lattanzi nel 2021.
La sospensione, disciplinata in un nuovo art. 159 bis c.p. (“Sospensione del corso della prescrizione a seguito di sentenza di condanna”), opererebbe (come in Orlando) solo dopo la sentenza di condanna – non anche, quindi, dopo una assoluzione. Quanto alla durata, in appello il corso della prescrizione sarebbe sospeso per massimo due anni (erano 18 mesi in Orlando); in Cassazione – quindi dopo la sentenza di appello che conferma la condanna – per un tempo massimo di un anno (erano 18 mesi in Orlando). Complessivamente, come nella riforma Orlando, dopo una condanna in primo grado il giudice penale avrebbe tre anni di tempo in più, tra secondo e terzo grado, per chiudere il processo evitando la prescrizione. I processi penali potrebbero quindi complessivamente durare fino a tre anni in più: una notazione non banale in tempi in cui il PNRR impone di ridurre entro il 2026 i tempi medi del giudizio del 25%, anche e proprio in appello e nel giudizio di cassazione.
La sospensione decorrerebbe dal termine per il deposito delle motivazioni (art. 544 c.p.p) e si cumulerebbe con eventuali diverse cause sospensive previste dall’art. 159 c.p. (ad es., la sospensione del processo per impedimento delle parti e dei difensori o su richiesta dell’imputato o del difensore, la devoluzione di una questione alla Corte costituzionale, ecc.).
I periodi di sospensione della prescrizione sarebbero però computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere in due concorrenti eventualità:
a) se la corte d’appello o la Corte di cassazione depositano la loro sentenza dopo il termine massimo di sospensione della prescrizione (rispettivamente, di due anni o di un anno) (come nella proposta Lattanzi, che però prevedeva un più breve periodo di sospensione, pari a diciotto mesi in appello);
b) se nel grado di giudizio in cui ha operato la sospensione o in quello successivo, l’imputato è prosciolto o la sentenza di condanna è annullata nella parte relativa all’accertamento della responsabilità ovvero sono accertate le nullità indicate negli articoli 604, commi 1, 4 e 5-bis, del codice di procedura penale, anche ai sensi dell’articolo 623, comma 1, lettere b) e b-bis) (soluzione parzialmente ripresa dalla riforma Orlando, perché il recupero viene esteso anche al proscioglimento nello stesso grado).
La sospensione della prescrizione opererebbe anche – per la terza volta – nell’eventuale giudizio di rinvio davanti alla corte d’appello a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione.
Tra le ulteriori modifiche alla disciplina, quanto al codice penale, la sentenza di condanna tornerebbe a integrare un atto interruttivo della prescrizione (art. 160, co. 1 c.p.), l’art. 161 bis c.p. (cessazione del corso della prescrizione dopo il primo grado) sarebbe abrogato; all’elenco dei reati per i quali il termine di prescrizione viene aumentato della metà (anziché di un quarto), in presenza di atti interruttivi, verrebbero aggiunti alcuni delitti ‘da codice rosso’, tra i quali lo stalking (art. 612 bis c.p.) e le lesioni personali dolose e lo sfregio del volto (artt. 582 e 583 quinquies c.p.) aggravati per essere commessi a danno del coniuge o di persona legata da relazione affettiva o nel contesto di maltrattamenti in famiglia o di violenza sessuale.
Quanto al codice di procedura penale, oltre all’abrogazione dell’art. 344-bis c.p.p. verrebbero cancellati i numerosi richiami all’istituto dell’improcedibilità. Per un verso, si prevede che vengano espunti i riferimenti all’art. 344-bis c.p.p. nell’art. 129-bis, comma 4, nell’art. 157-ter, comma 2, nell’art. 175, comma 8-bis e nell’628-bis, comma 7; per altro verso, si statuisce l’abrogazione delle previsioni volte a disciplinare la decisione sugli effetti civili (art. 578, commi 1-bis e 1-ter) e la decisione sulla confisca e provvedimenti sui beni in sequestro (art. 578-ter) nel caso di improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione. Infine, la proposta di legge abroga l’art. 175-bis disp. att. mentre il costante monitoraggio dei termini previsto dall’art. 165-ter, disp. att., viene mantenuto con riguardo ai «termini di cui all'articolo 159-bis, primo comma, del codice penale.
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