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Prelievi e pagamenti: quando vanno restituiti dopo la separazione

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(@raffaella-mari)
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Separazione: marito e moglie o conviventi non possono chiedere la restituzione di donazioni e prelievi dal conto corrente comune se le spese sono ragionevoli. 

Quando una coppia di coniugi o di conviventi decide di separarsi che fine fanno le somme che, nel corso dell’unione, uno dei due abbia versato in favore dell’altro o che quest’ultimo ha prelevato dal conto corrente cointestato per finalità personali? Quando vanno restituiti i prelievi e i pagamenti dopo la separazione? 

La giurisprudenza – e da ultimo la sentenza del tribunale di Reggio Emilia n. 560/2023 – hanno fornito importanti chiarimenti in merito. Cerchiamo di comprendere più da vicino come ci si deve comportare in tali casi.

Cosa succede con la separazione?

Quando a separarsi è una coppia di coniugi che ha optato per la separazione dei beni, tutto il patrimonio acquistato – anche con denaro di un solo coniuge – dopo il matrimonio deve essere diviso. Gli ex coniugi sono quindi chiamati a trovare un accordo tra loro. In difetto, sarà il giudice a dividere equamente tutti i beni rientranti nella comunione.

Eventuali risparmi depositati sul conto corrente, anche se intestato a uno solo dei due coniugi e derivanti dalla sua attività lavorativa, andranno divisi a metà.

Tali problemi non si pongono invece per le coppie di conviventi e per quelle sposate in regime di separazione dei beni. In questi due casi, infatti, ciascun partner resta proprietario di ciò che ha comprato con i propri soldi nonché del denaro presente sul proprio conto. Se però vi è un conto corrente cointestato, questo resta in comunione anche dopo la separazione finché la coppia non decide di dividerlo.

Che succede alle donazioni?

Le donazioni sono atti irrevocabili se non per gravi ragioni di ingratitudine o di sopravvenienza di figli. Questo significa che la separazione o il divorzio non sono validi motivi per ottenere la restituzione dei regali fatti durante l’unione, anche se di rilevante valore.

Che succede ai soldi prestati?

Se un partner dà dei soldi a un altro e ne pretende la restituzione, deve dimostrare che tra i due è stato sottoscritto un contratto di mutuo: ossia che la consegna del denaro era a titolo di prestito. Diversamente le somme sono irripetibili qualora rientrino nei normali doveri di assistenza che impegnano i coniugi ed i conviventi. Secondo infatti la giurisprudenza, le prestazioni rese tra gli ex coniugi devono considerarsi adempimento dei doveri di reciproca assistenza spirituale e materiale che competono a ogni membro della famiglia. Essi quindi non vanno rimborsati ai sensi dell’articolo 2034 cod. civ. 

Sul punto va rammentato che, a norma degli articoli 143 e 316 bis co. 1 c.c., durante il matrimonio (ma lo stesso obbligo sussiste in caso di coppie di fatto) ciascun coniuge è tenuto a contribuire alle esigenze della famiglia in rapporto proporzionale alle proprie sostanze. 

La questione peraltro prescinde dalla operatività o meno del regime della comunione legale perché ciò su cui si fonda tale dovere è proprio la legge (l’articolo 143 c.c.): questa richiama il principio di solidarietà che vige sia in regime di separazione dei beni sia in regime di comunione.

Il discorso non vale solo per le attribuzioni di denaro fatte da un partner nei confronti dell’altro ma anche ai prelievi dal conto corrente (altrui o cointestato) per finalità personali.

Quando vanno restituiti i soldi con la separazione?

L’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un coniuge o di un convivente nei confronti dell’altro tuttavia è configurabile quando le prestazioni a vantaggio dell’uno superino, per importo, i normali doveri di contribuzione: ossia quando le somme travalicando i limiti di proporzionalità delle rispettive sostanze. In questa evenienza si verifica infatti un ingiustificato arricchimento di un coniuge con ingiustificata diminuzione patrimoniale dell’altro.

Si pensi al caso del compagno che eroghi alla compagna 30mila euro per avviare un’attività di estetista o per avviare un proprio studio.

Secondo il Tribunale di Reggio Emilia, le somme di denaro impiegate da un coniuge per la ristrutturazione dell’abitazione utilizzata quale casa coniugale non devono essere rimborsate in quanto spese per il bene comune. Il Tribunale ha ritenuto che il denaro personale dell’attore, versato nel conto comune, sia stato speso per rendere più confacente alle esigenze della famiglia l’abitazione utilizzata come casa familiare, di cui non vi è dubbio che parte attrice, durante il lungo matrimonio, abbia goduto. Corrispondeva quindi anche ad un interesse personale del marito quello di eseguire nell’immobile i lavori necessari per garantirne la migliore fruibilità per sé, per i propri figli e per il coniuge.

 
Pubblicato : 4 Ottobre 2023 15:00