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Posso revocare le vendite fatte da un parente prima di morire

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(@angelo-greco)
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Che succede se un padre vende tutto il suo patrimonio e poi sperpera i soldi che ha guadagnato da tali cessioni?

Tuo padre è da poco deceduto. Al momento di dividere l’eredità ti sei accorto che il suo patrimonio, un tempo considerevole, si è ridotto ai minimi termini. Hai così scoperto che, alcuni anni prima di morire, aveva venduto le sue proprietà immobiliari ricavandone una discreta fortuna: fortuna che tuttavia ha sperperato e dilapidato. Ritieni peraltro – pur non avendone prova – che una parte dei contanti sia stata regalata a una donna convivente. Ti chiedi pertanto: cosa posso fare per ripristinare i miei diritti di erede legittimario? Posso revocare le vendite fatte da un parente prima di morire?

Cerchiamo di fare il punto della situazione alla luce delle norme inserite nel Codice civile che regolano la divisione dell’eredità.

La legge consente al coniuge e ai figli (o, in assenza dei figli, ai genitori) la possibilità di revocare le donazioni fatte dal de cuius prima di morire solo a condizione che questi non abbia lasciato loro la cosiddetta “legittima”, ossia la quota indisponibile del suo patrimonio.

La revoca è quindi confinata, sul piano soggettivo, ai soli eredi legittimari e, sul piano oggettivo, alle sole donazioni.

Non è possibile revocare invece le vendite. Quindi una persona, prima di morire, è libera di alienare i propri beni immobili così come di spendere il denaro ricavato da tali cessioni o risparmiato nel tempo e custodito sul conto corrente.

Naturalmente, tale comportamento, laddove determinato da una situazione di incapacità di intendere e volere (ad esempio da una eccessiva prodigalità), potrà essere contrastato, purché si agisca prima della morte del soggetto in questione, con un ricorso in Tribunale per la nomina di un amministratore di sostegno. Invece, dopo il decesso, è possibile solo sporgere una querela per circonvenzione di incapace laddove vi sia stato un terzo che si sia approfittato dell’incapacità del de cuius acquistando l’immobile a un prezzo notevolmente più basso rispetto al suo valore di mercato.

Potrebbe infine essere fornita la prova di una finta vendita, ossia di una simulazione, fatta dal de cuius a favore di un terzo (ad esempio un familiare “prediletto”) se il prezzo di vendita è irrisorio o se il denaro non è mai stato versato.

Diverso è il discorso nel caso in cui l’importo ricavato dalla vendita sia stato oggetto di donazioni. Queste ultime infatti possono essere revocate entro 10 anni dal decesso del donante attraverso la cosiddetta “azione di riduzione”. Si ricade allora nell’ipotesi di cui abbiamo parlato sopra: ad agire potrà cioè essere solo un erede legittimario (coniuge, figli o genitori in assenza di figli).

Naturalmente, è necessaria la prova dell’avvenuta donazione, cosa piuttosto improbabile se essa è avvenuta in contanti. Peraltro, le attribuzioni fatte alla convivente nell’ambito di un rapporto more uxorio si considerano adempimenti del dovere di solidarietà familiare e, come tali, non soggette a revoca (a meno che l’importo non esorbiti i normali doveri tra conviventi).

 
Pubblicato : 3 Agosto 2024 15:45