Pensione: dove si vive meglio?
Emigrare dopo il lavoro in Portogallo, Tunisia, Canarie, Ungheria o in altri Stati esteri: in quale Paese conviene trasferirsi?
Con la pensione minima, in Italia, non si vive bene, anzi in molti casi non si vive affatto: pensiamo alle grandi città, come Roma e Milano, nelle quali gli affitti mensili risultano ben più elevati dell’assegno mensile di chi ha lasciato il lavoro. Per questo, molti pensionati preferiscono trasferirsi all’estero: sono difatti in vigore delle convenzioni contro la doppia imposizione, tra l’Italia e quasi un centinaio di Paesi esteri. In base a queste convenzioni, la pensione può risultare non imponibile in Italia, ma soltanto nello Stato estero e, magari, a condizioni più vantaggiose. Per di più, in molti Paesi il costo della vita è inferiore rispetto all’Italia, e si può vivere senza essere obbligati a grandi sacrifici anche con una pensione da mille euro.
Ma con la pensione dove si vive meglio? Anche se le mete più ambite sono Portogallo, Ungheria, Tunisia e le Canarie, in realtà la destinazione ideale può variare in base a diversi fattori, come ad esempio:
- la tipologia di pensione: quelle erogate dall’ex Inpdap, essendo riconosciute in virtù di un servizio prestato per lo Stato, restano imponibili anche all’estero, esclusi Tunisia, Senegal, Cile e Australia; i sussidi, cioè le prestazioni di assistenza, come l’assegno sociale, non sono poi esportabili all’estero;
- l’importo della pensione in rapporto al costo della vita ed alla tassazione nello Stato estero: con un assegno di mille euro al mese si può vivere in modo soddisfacente in alcuni Paesi ma non in altri Stati;
- la vicinanza all’Italia (per chi desidera tornare, almeno per una visita ai parenti);
- il clima;
- la cultura;
- le barriere linguistiche;
- la sicurezza;
- la possibilità di fruire di un’adeguata assistenza sanitaria e di servizi non dissimili a quelli offerti dall’Italia.
Pensione all’estero: le tasse
Per quanto riguarda l’aspetto fiscale, affinché la pensione italiana sia detassata all’estero devono esserci queste condizioni:
- non essere stati iscritti nell’anagrafe delle persone residenti in Italia per più della metà dell’anno (e cioè per 183 giorni negli anni normali, 184 in quelli bisestili), con contestuale iscrizione all’Aire (anagrafe italiani residenti all’estero);
- non avere avuto il domicilio in Italia per più di metà dell’anno;
- non aver avuto dimora abituale in Italia per più della metà dell’anno.
Se manca anche uno solo di questi requisiti si è considerati residenti fiscalmente in Italia. Solo la Germania e la Svizzera consentono il frazionamento del periodo d’imposta ma bisogna comunque risultare residenti in Italia per meno della metà dell’anno [1].
Si è, inoltre, considerati residenti in Italia, salvo prova contraria, se si è cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in un paradiso fiscale, cioè in uno Stato o territorio avente un regime fiscale privilegiato: i paradisi fiscali sono individuati con apposito decreto del Ministro delle Finanze.
Per fruire della detassazione bisogna poi presentare all’Inps:
- il modulo CI531 – EP-I/1 ingl in originale (è disponibile anche in francese, tedesco e spagnolo);
- l’attestazione di residenza fiscale rilasciata dalla competente autorità fiscale estera (questo documento non può essere autocertificato);
- l’attestazione o autocertificazione di cancellazione dall’anagrafe comunale italiana/iscrizione all’Aire.
Dov’è detassata la pensione Inps?
I Paesi con i quali l’Italia ha concluso accordi contro la doppia imposizione, quindi nei quali la pensione Inps è detassata in Italia qualora si risulti residenti nello Stato estero, sono:
Albania, Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Bangladesh, Belgio, Bielorussia, Brasile, Bulgaria, Canada, Cina, Cipro, Congo, Corea del Sud, Costa d’Avorio, Croazia, Danimarca, Ecuador, Egitto, Emirati Arabi, Estonia, Etiopia, Federazione Russa, Filippine, Finlandia, Francia, Georgia, Ghana, Germania, Giappone, Giordania, Grecia, Hong Kong, India, Indonesia, Irlanda, Islanda, Israele, Ex Jugoslavia (Bosnia Herzegovina, Serbia e Montenegro), Kazakhistan, Kuwait, Lettonia, Libano, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malaysia, Malta, Marocco, Mauritius, Messico, Moldova, Mozambico, Norvegia, Nuova Zelanda, Oman, Paesi Bassi, Pakistan, Polonia, Portogallo, Qatar, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Romania, San Marino, Senegal, Siria, Singapore, Slovenia, Spagna, Sri Lanka, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Tanzania, Thailandia, Trinidad, Tunisia, Turchia, Ucraina, Uganda, Ungheria, Ex Unione Sovietica (Kirghisistan, Tagikistan e Turkmenistan), Uzbekistan, Venezuela, Vietnam e Zambia.
Dov’è detassata la pensione ex Inpdap?
Risultano meno fortunati i pensionati ex dipendenti pubblici: la quasi totalità degli accordi contro la doppia imposizione, difatti, non prevede la detassazione delle pensioni degli statali all’estero, in quanto derivante da un servizio pubblico e tassata presso lo Stato erogante, l’Italia appunto, salvo il caso in cui il pensionato acquisisca non solo la residenza dello Stato estero, ma anche la cittadinanza.
Sono comunque detassate, qualora si trasferisca la residenza all’estero, senza necessità di acquisire la cittadinanza, le pensioni ex Inpdap presso i seguenti Paesi: Australia, Tunisia, Senegal, Cile.
Pensionato italiano che si trasferisce in Portogallo
Sono molto numerosi i pensionati italiani che si trasferiscono in Portogallo. I vantaggi sono:
- la pensione Inps è tassata solo nel Paese di residenza, quindi in Portogallo, se il pensionato vi trasferisce la residenza [2];
- il regime fiscale è maggiormente favorevole rispetto a quello italiano (chi prende la residenza nello Stato portoghese riceve la pensione lorda, senza subire tassazioni sull’assegno mensile, per ben dieci anni);
- il costo della vita non è elevato (soprattutto al di fuori delle città più popolose);
- il clima è mite.
Attenzione: la pensione e le indennità erogate quali corrispettivo di servizi pubblici (pensioni- Tfs regime ex Inpdap) sono tassate in Italia, a meno che il pensionato italiano residente in Portogallo non acquisisca la cittadinanza portoghese [3].
Le barriere culturali e linguistiche ci sono, ma non risultano insormontabili.
Pensionato italiano che si trasferisce in Ungheria
Sono abbastanza numerosi anche i pensionati italiani che si trasferiscono in Ungheria. I vantaggi sono:
- la pensione Inps è tassata solo in Ungheria, se il pensionato vi trasferisce la residenza;
- il regime fiscale è favorevole: è prevista una flat tax del 15%;
- il costo della vita non è elevato, soprattutto al di fuori delle città più popolose.
Attenzione: la pensione e le indennità erogate quali corrispettivo di servizi pubblici (pensioni- Tfs regime ex Inpdap) sono tassate in Italia, a meno che il pensionato italiano residente in Ungheria non acquisisca la cittadinanza ungherese.
Il clima ungherese è piuttosto rigido, e le barriere, soprattutto linguistiche, non sono semplici da superare.
Pensionato italiano che si trasferisce in Tunisia
Molti pensionati, soprattutto ex dipendenti pubblici, si trasferiscono in Tunisia. I vantaggi sono:
- la pensione Inps è tassata solo nel Paese di residenza, quindi in Tunisia, se il pensionato vi trasferisce la residenza;
- anche la pensione ex Inpdap è tassata solo nel Paese di residenza, quindi in Tunisia, se il pensionato vi trasferisce la residenza;
- solo le indennità erogate quali corrispettivo di servizi pubblici (regime ex INPDAP) sono tassate in Italia, a meno che il pensionato italiano residente in Tunisia non acquisisca la cittadinanza tunisina;
- il regime fiscale risulta maggiormente favorevole (esenzione da imposizione dell’80% della pensione italiana);
- il costo della vita non è elevato (soprattutto al di fuori delle città più popolose);
- il clima è mite;
- la Tunisia è molto vicina all’Italia.
Attenzione: per beneficiare dell’esenzione fiscale all’80% sulla pensione è necessario il riconoscimento dello stato di residente fiscale non abituale da parte delle autorità fiscali tunisine, che dipende dal verificarsi di questi requisiti essenziali:
- l’interessato non deve essere stato tassato come residente fiscale in Tunisia in nessuno dei cinque anni precedenti a quello in cui lo status viene richiesto;
- l’interessato deve possedere la residenza in Tunisia, che può essere acquisita nei casi in cui l’interessato abbia soggiornato in territorio tunisino per più di 183 giorni nell’anno. Nel caso in cui il periodo di permanenza sia inferiore ai 183 giorni, l’interessato deve disporre in territorio tunisino di abitazione in condizioni che permettano di supporre l’intenzione di mantenerla e occuparla come residenza abituale;
- lo statuto di residente fiscale non abituale deve essere richiesto entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello in cui l’attribuzione dello status deve produrre effetto.
È possibile ottenere lo status in qualità di residente non domiciliato in Tunisia, ma il conseguimento dipende dalla valutazione e approvazione previa da parte delle autorità fiscali tunisine. Sino all’ottenimento dello status (le tempistiche sono mediamente pari a sei mesi) non è possibile godere del regime di esenzione parziale dall’imposizione della pensione.
Oltre alle difficoltà legate all’ottenimento dello status, il trasferimento in Tunisia implica il superamento di barriere culturali e linguistiche non indifferenti.
Pensionato italiano che si trasferisce in Spagna o alle Canarie
Sono numerosi anche i pensionati italiani che si trasferiscono in Spagna o, più precisamente, alle Isole Canarie. La scelta, in gran parte dei casi, viene fatta per:
- il clima più mite rispetto a quello italiano;
- il minor costo della vita;
- la quasi completa assenza di barriere culturali e linguistiche.
La pensione Inps è tassata solo nel Paese di residenza, mentre la pensione ex Inpdap è comunque tassata in Italia.
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