Pensione: come funziona l’adeguamento alla speranza di vita
Chi stabilisce quando deve slittare in avanti l’età minima per dire addio al lavoro? Quali solo le categorie esentate da questa logica e a quali condizioni?
Più si vive, più si lavora. Chi pensa che se aumenta l’aspettativa di vita ha la possibilità di godersi più a lungo la pensione, dovrà, almeno in parte, ricredersi. Perché la normativa prevede, appunto, che se per la popolazione si allontana il momento in cui comincia il riposo eterno si sposta più in là anche quello del riposo dal lavoro. Insomma, per chi non vede l’ora di andare in pensione, come funziona l’adeguamento alla speranza di vita?
Tutto è iniziato nel 2010, quando tra i requisiti validi per poter dire definitivamente addio all’attività lavorativa è stato inserito l’incremento dell’aspettativa di vita degli italiani. Allora il premier era Silvio Berlusconi, mentre a capo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali c’era Maurizio Sacconi. L’Esecutivo di centrodestra non nascondeva lo scopo di questa mossa: rendere più stabile il già malconcio sistema previdenziale. L’equazione era semplice, proprio quella citata all’inizio: più si vive, più si lavora. Più si continua a pagare i contributi, più soldi entrano nelle casse dell’Inps. E meno ne usciranno se non aumenteranno gli assegni pensionistici da pagare ogni mese.
L’adeguamento alla speranza di vita per andare in pensione
Ma chi stabilisce se si vive di più? Lo può dire solo chi ha in mano i dati ufficiali sull’andamento demografico del Paese, cioè l’Istat, l’Istituto di statistica. In quel 2010, si decise che la speranza di vita sarebbe stata calcolata ogni tre anni. Poi, la riforma del successore di turno di Berlusconi, cioè Mario Monti, firmata insieme al suo ministro del Lavoro Elsa Fornero, il triennio diventò biennio.
Per fare solo un esempio, nel periodo 2016-2018 l’età richiesta per la pensione di vecchiaia venne fissata a 66 anni e 7 mesi per gli uomini e 65 anni e 7 mesi per le donne. Nel 2019, un nuovo adeguamento portò la soglia a 67 anni per tutti, uomini e donne, dipendenti e autonomi.
Non solo: seguono l’adeguamento dell’aspettativa di vita anche i requisiti per la pensione anticipata: se nel periodo 2016-2018 erano 42 anni e sette mesi per gli uomini e un anno in meno per le donne, ne 2019 si è raggiunti quota 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne.
In teoria, e a meno di qualche altra riforma previdenziale, non ci saranno altri adeguamenti Istat fino al 2025 per le pensioni di vecchiaia e fino al 2026 per quelle anticipate.
Le categorie escluse dall’adeguamento Istat
Tutto questo sistema che prevede un innalzamento dell’età pensionistica a seconda dell’adeguamento Istat alla speranza di vita non interessa alcune categorie di lavoratori. Come confermato dall’Inps, sono esclusi:
- i lavoratori dipendenti che svolgono da almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavori gravosi e sono in possesso di un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni;
- i lavoratori addetti a lavorazioni particolarmente faticose e pesanti, e sono in possesso di un’anzianità contributiva pari sempre ad almeno 30 anni.
Nello specifico, si tratta di:
- operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
- conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
- conciatori di pelli e di pellicce;
- conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
- conduttori di mezzi pesanti e camion;
- personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
- addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza;
- insegnanti della scuola dell’infanzia e educatori degli asili nido;
- facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
- personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
- operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti;
- operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca;
- pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative;
- lavoratori del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non già ricompresi nella normativa del decreto legislativo n. 67/2011;
- marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne.
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