Ordine di allontanamento del marito pericoloso e violento
Ordine di protezione contro abusi familiari: cosa fare se il marito picchia la moglie o compie abusi.
Contro il marito pericoloso e violento, la moglie può chiedere al giudice l’emissione di un ordine di allontanamento.
Tecnicamente si parla «ordine di protezione contro gli abusi familiari»: sono provvedimenti emessi dal tribunale penale rivolti a prevenire o a interrompere condotte che possono sfociare in un grave pregiudizio all’integrità fisica o morale del coniuge, del figlio o di altro convivente.
L’ordine di protezione consiste nell’allontanare il soggetto pericoloso dalla dimora familiare in modo che non possa nuocere a nessuno.
È fin troppo evidente che tale disciplina è stata introdotta per tutelare le donne dalle violenze domestiche. Sono infatti più spesso i partner del sesso maschile (mariti e compagni pericolosi e violenti) i destinatari dell’ordine di allontanamento. Vediamo allora come funziona tale meccanismo, chi vi può accedere e quali sono i presupposti.
In cosa consistono gli ordini di protezione?
Gli ordini di protezione si sostanziano nell’ordine impartito al coniuge o al convivente di cessare la condotta pregiudizievole, disponendone, al contempo, l’allontanamento dalla casa familiare.
Gli ordini di protezione sono disciplinati dall’articolo 342-ter del codice penale. In pratica tale norma attribuisce al giudice il potere di ordinare al coniuge o al convivente la cessazione della condotta pregiudizievole e ne dispone l’allontanamento dalla casa familiare.
Se lo ritiene opportuno, il giudice può anche ordinare al reo di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine o al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.
Il giudice può disporre, altresì, l’intervento dei servizi sociali o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni di sostegno e accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati.
Dunque, a differenza delle sanzioni penali che conseguono normalmente a una sentenza di condanna, gli ordini di protezione hanno lo scopo di difendere la vittima, onde impedire, nei limiti del possibile, che condotte pericolose vengano continuate, o ripetute. La finalità dell’ordine di protezione è quindi la prevenzione del danno o del suo aggravarsi.
L’ordine di protezione si deve inserire in una prospettiva di recupero, laddove possibile, della relazione familiare. L’applicazione delle misure è infatti rimessa alla valutazione libera e insindacabile del giudice, il quale sarà l’unico interprete della situazione di conflitto, che giustifica se emettere l’ordine di protezione e il suo contenuto.
Dopo l’allontanamento si ha diritto ad un assegno di mantenimento?
Non poche volte, però, la moglie o la convivente vessata dal marito o dal partner evita di agire contro di lui ed accetta le vessazioni perché non ha le disponibilità economiche per mantenersi da sola qualora questi dovesse essere allontanato. A questa eventualità ha pensato il legislatore stabilendo che il giudice può imporre, al soggetto pericoloso, pur dopo l’allontanamento, il pagamento di un assegno periodico a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti appena elencati, rimangono prive di mezzi adeguati. Per evitare situazioni di morosità e di mancato pagamento, il giudice può anche ordinare che tale somma sia versata alla vittima direttamente dal datore di lavoro del marito o del compagno, detraendola dallo stipendio allo stesso spettante.
Quando può essere emesso l’ordine di allontanamento?
Per ottenere l’ordine di allontanamento del marito o del convivente pericoloso è necessario rivolgersi al tribunale penale per il tramite del proprio avvocato. Non si dà luogo a una causa come sarebbe nel caso di una denuncia o di una querela.
Il magistrato valuta se la condotta è effettivamente grave e dannosa. Essa deve costituire un pericolo grave per il futuro della vittima.
Secondo un lato della giurisprudenza è possibile emettere l’ordine di protezione anche nel caso di un singolo e isolato episodio di violenza; secondo un’altra interpretazione invece sono necessarie reiterate condotte pregiudizievoli e non una soltanto.
Sempre secondo la giurisprudenza, non si può parlare di un pericolo grave nel caso di singoli episodi compiuti a distanze considerevoli tra loro; al contrario deve trattarsi di azioni reiterate, ravvicinate nel tempo e consapevolmente dirette a ledere l’integrità fisica dell’istante o dei suoi conviventi.
Casi in cui il giudice può emettere l’ordine di allontanamento
Il giudice può emettere l’ordine di protezione ove l’abuso causi uno dei seguenti eventi:
- lesione rilevante alla persona;
- rischio concreto e attuale di subire violenze gravi;
- grave danno all’integrità morale di una persona, a condizione che la lesione sia di entità non comune per la ripetitività, o la prolungata durata nel tempo della sofferenza.
Ecco alcuni casi in cui i giudici hanno ritenuto di poter disporre l’allontanamento del marito o del convivente:
- coniuge che effettua continui pedinamenti e controlli telefonici dell’altro, usa epiteti dispregiativi e gli nega ogni sostegno economico;
- marito che a seguito di un litigio fa cadere la moglie dalle scale provocandole lesioni;
- figlio maggiorenne che si sia reso protagonista di condotte violente e minacciose perpetrate nei confronti dei genitori a cui abbia assistito anche la sorella minorenne, perciò esposta a un potenziale pericolo derivante dalla convivenza con il fratello.
Quanto dura l’ordine di allontanamento?
L’ordine di protezione è provvisorio e ha una durata massima fissata in sei mesi, rinnovabili solo in caso di gravi motivi e per un periodo strettamente necessario.
Per l’emissione dell’ordine di protezione non è necessario che perduri la convivenza.
Cosa fare se non viene rispettato l’ordine di allontanamento?
Ove sorgano contestazioni o difficoltà sull’esecuzione dell’ordine, il giudice potrà emanare i provvedimenti ritenuti più opportuni per l’attuazione, ivi compreso l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.
La mancata ottemperanza all’ordine comporterà poi l’integrazione della fattispecie di reato di «mancata esecuzione dolosa dei provvedimenti del giudice» punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103,00 a euro 1.032,00.
Chi può chiedere gli ordini di protezione
Gli ordini di protezione possono essere richiesti anche quando la condotta pregiudizievole sia stata tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente, o nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente.
Pertanto legittimati a chiedere l’emanazione di un ordine di protezione sono:
- il coniuge,
- il convivente more uxorio,
- il convivente unito civilmente,
- il figlio minorenne,
- più in generale, qualsiasi altra persona che conviva con l’autore della condotta.
In cosa consistono gli ordini di protezione?
Il contenuto degli ordini di protezione è di due tipi. Il primo è necessario e il giudice, una volta valutata la sussistenza della pericolosità del comportamento, è tenuto ad emettere tali ordini:
- l’ordine di interrompere la condotta pregiudizievole;
- l’ordine di allontanamento dalla casa familiare.
Il giudice può poi valutare discrezionalmente l’emissione di ulteriori prescrizioni che potremmo definire facoltative perché possono essere impartite dal giudice «ove occorra» e cioè:
- prescrizione di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante (con particolare riferimento al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, o al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro);
- disposizione di intervento dei servizi sociali del territorio, o di un centro di mediazione familiare, o di associazioni che hanno come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati;
- disposizione del pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare, rimangano prive di mezzi adeguati. Il giudice fissa la modalità e i termini del versamento, e prescrive, se del caso, che la somma sia versata direttamente dal datore di lavoro, il quale può poi detrarla dalla retribuzione spettante all’obbligato.
Come chiedere gli ordini di protezione e allontanamento?
Come anticipato, per ottenere l’ordine di allontanamento è necessario rivolgersi al giudice. La domanda deve avere la forma del ricorso e va depositata presso il Tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’istante; il Tribunale provvede in camera di consiglio in composizione monocratica.
Il giudice decide sul ricorso sentite le parti e, pertanto, nel rispetto del principio del contraddittorio. Ciò, tuttavia, non impone in via astratta, a pena di nullità, l’audizione personale delle stesse o la fissazione di una nuova udienza in caso di mancata comparizione del convenuto, al quale va comunque garantita (es. valida notificazione, termine a comparire adeguato) la possibilità di essere ascoltato e difendersi anche col patrocinio di un avvocato.
Qualora vi sia urgenza, se del caso previa assunzione di informazioni sommarie, il decreto può essere emanato anche senza sentire il responsabile. In tale ipotesi, l’udienza di comparizione deve tenersi entro quindici giorni dalla sua emissione.
Il giudice ha ampi poteri officiosi: egli può procedere, nel modo ritenuto più opportuno, agli atti di istruzione necessari, utilizzando, se del caso, anche la polizia tributaria, per acquisire elementi utili sul tenore di vita delle parti interessate. Possono così essere assunte prove “atipiche”, come, ad esempio, informazioni da parte di chi (es. servizi sociali, uffici pubblici) sia a conoscenza della situazione familiare.
La decisione del giudice con cui vengono disposti gli ordini di protezione viene emessa con decreto motivato, immediatamente esecutivo ed impugnabile a mezzo di reclamo al collegio.
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